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IL VESCOVO E IL RITO ANTICO

Caporello: "Mai una messa per ragioni politiche"

di Egidio Caporello

 

Spero che tutti i cristiani - e i promotori dell'iniziativa annunciata - si fermino davanti all'Eucaristia. Innanzitutto, dobbiamo sempre misurare le nostre intenzioni sulle originarie e permanenti intenzioni di Gesù. È lui che ha portato allo spasimo tutta la Sua vita, pregando cosi: "Padre, non prego solo per questi (= vicini a me!), ma anche tutti siano una sola cosa; ... siano anch'essi in noi una sola cosa perché il mondo creda che Tu mi hai mandato; ... perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che Tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me!" (Gv 17,20-23). Si può citare anche il testo latino (e anche il greco), per certi versi insuperabile e probabilmente in parte tuttora familiare: "Non pro eis autem rogo tantum, se et pro eis qui credituri sunt per verbum eorum in me, ut omnes unum sint: ... ut et ipsi in nobis unum sint: ... ut sint consummati in unum (dice proprio "consumati!", cioè perfetti nell'unità), et cognoscat mundus quia tu me misisti, et dilexisti eos sicut et me dilexisti!".

Tra l'altro, questo è sostanzialmente il testo latino ufficiale del "Messale Romano Tridentino". Primariamente, non è dunque questione né di lingua liturgica, né di quale messale scegliere, né in quale luogo e su quale altare "dire Messa", né... se il Vescovo, parla o tace o sembra tacere. Si potrebbe celebrare in tutte le lingue - antiche o moderne - e con tutti i messali riconosciuti dalla Autorità ecclesiastica, il che peraltro è decisivo per la comunione, la corresponsabilità e la missione della Chiesa. Si può anche chiedere con correttezza e ottenere il permesso o l'indulto a celebrare secondo norme non più rispondenti a particolari esigenze di spiritualità cristiana purché chiare, e di corresponsabilità ecclesiale certamente auspicabile e anzi doverosa.

Ciò che non si deve fare, è celebrare contraddicendo le intenzioni di Cristo e la comunione di Lui, che con l'Eucaristia comunica alla Chiesa lo stesso spasimo di tutta la Sua vita, trascinandola a perdonare, a rasserenare e ad allietare il mondo.

Mai, cioè, si può pretendere di celebrare semplicemente per le proprie ragioni personali (per quanto rispettabili) o per propagande culturali, sociali o, peggio, politiche; o - ed è molto delicato - correndo il rischio di strumentalizzare intenzioni di per sé buone ed eventi drammatici o memorie dolorose. Mai, inoltre, si deve pretendere di celebrare contro chicchessia o contro popoli, contro culture e contro religioni che fondamentalmente fossero diverse dalla nostra.

Nel cuore dell'Eucaristia la Chiesa accoglie la presenza misteriosa ma reale di Cristo Signore, e custodisce gelosamente i gesti, le parole e le intenzioni di Lui. Dalla comunione eucaristica con Lui dipendono l'autenticità e la sincerità non solo delle nostre celebrazioni ma dell'essere e dell'agire dei cristiani. Il Suo "Corpo è offerto " non alla nostra leggerezza, ma "in sacrificio" per noi. E il "Calice del Suo Sangue" è versato non per dividere ma per "nuova ed eterna alleanza"; ed è "versato per noi e per tutti in remissione dei peccati" (non certo per commetterne altri!). Il Suo comandamento è non solo quello di celebrare ma quello di vivere e testimoniare il mistero come novità buona per tutti: "pro vobis et pro multis effundetur in remissionem peccatorum! Hoc facite in meam commemorationem", per riprendere ancora il latino. Questo testo sacro che, prima del Concilio Vaticano II, il sacerdote sussurrava tra sé, ora viene proclamato apertamente per tutti anche in lingue correnti davanti a Dio Padre, nell'orizzonte di questo nostro mondo complesso ma da amare, e con il dovuto assenso della Assemblea dei fedeli; la quale ama rispondere così: "Tu ci hai redenti con la Tua Croce e la Tua Risurrezione: salvaci, o Salvatore del mondo".

I sacerdoti - comunque consapevoli della loro responsabilità - sono i primi discepoli di questo gesto eucaristico di Cristo nella Chiesa per il mondo. Per questo, primariamente - e non solo per ragioni di disciplina ecclesiastica - evitano confusioni, o fraintendimenti; e si dedicano invece con tanta serietà e paziente ma fiduciosa perseveranza a fare della Eucaristia la principale ragione della loro vita e il centro, il culmine, la forma della vita della loro comunità. È decisivo sostenerli, anche collaborando al massimo per non appesantire le loro fatiche e per non frammentare ma per edificare comunità, anche con l'autenticità, il decoro e la bellezza delle nostre celebrazioni.

+ Egidio Caporello  
vescovo di Mantova

 

da "Gazzetta di Mantova", 7 febbraio 2004

 

 

 

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sulla messa del 7 febbraio 
2004 a Mantova

 

 

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