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Messe latine antiche nelle Venezie 
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"Ora ci manca solo una chiesa"

In cento alla messa antica. Tradizionalisti soddisfatti

 

"Fatta la messa, ci manca soltanto una chiesa". È soddisfatto Maurizio Ruggiero, del comitato "Principe Eugenio", che al termine della messa al di là del muro, ospitata nel Salone degli Uberti, rivendica: "non bleffavamo, abbiamo dimostrato di poter fare ovunque e in qualsiasi momento una celebrazione dignitosa. Adesso tocca a monsignor Caporello". Ad assistere d rito secondo il messale di San Pio V - durato 45 minuti, come una messa moderna - erano in 100. Durante l'omelia il sacerdote, la cui identità è rimasta un mistero ben custodito, ha ricordato i caduti di Nassiryia.

Si è chiuso così - in un sabato umido e nel cuore di piazza Sordello, a un passo dalla curia - il cerchio attorno a monsignor Caporello: i tradizionalisti hanno avuto la propria messa, nonostante il vescovo non abbia risposto alla loro richiesta. Il Salone degli Uberti è un trionfo di incenso e paramenti, e l'altare è addossato alla parete "perché il sacerdote è rivolto versus Deum come i fedeli" spiega Ruggiero, che ne approfitta per dedicare un pensiero a un predecessore di Caporello, san Pio X, vescovo di Mantova e quindi Papa, "fulgido esempio di opposizione al modernismo e al progressismo". Loro, i fedeli, arrivano alla spicciolata e alla fine le sedie non basteranno ad accoglierli tutti e 100. Incedono sulle scale di Cà degli Uberti a testa alta: giovani e anziani, signore in pelliccia e ragazzi in giacca a vento, professionisti e pensionati. Tutti animati dal desiderio, affermato come un diritto, di "prender messa" secondo il rito antico, in latino e con il gregoriano. "Non vedevo l'ora che si ricominciasse a dir messa secondo tradizione" dice fuori dai denti il dottor Bartolozzi - "a Mantova dal 1939" - che esibisce un breviario in cirillico. "Era ora che si ricominciasse - gli fa eco lo scultore Aldo Falchi, di Virgilio e non così, quasi clandestinamente, ma in una chiesa. Questo ostracismo verso il rito antico, che è alla base della nostra civiltà, è assurdo". Se la prende con il vesco­vo, Emilio Pacchetti, pensionato di Porto: "Ha idee di sinistra e boicotta la vera religione che è quella tradizionalista. Sono anni che non vado più a messa perché non credo in questa Chiesa, con questo Papa venuto dall'est, che ha diffamato coloro che fino al 1948 hanno difeso i valori cattolici". "Sono qui in segno di rispetto per i caduti di Nassiryia" rivendica con orgoglio e accento americano una mantovana che da anni vive a Chicago, dove fa la poliziotta. Il figlio è di stanza a Baghdad e, nonostante acconsenta a farsi fotografare, preferisce non rivelare il suo nome. "Non capisco questa polemica verso i soldati italiani e americani che vanno in Iraq per realizzare qualcosa di buono, non come dei Rambo. In secondo luogo - aggiunge - sono qui per difendere la tradizione cristiana. Non è razzismo, ogni paese ha i suoi valori a cui tutti devono adeguarsi". E ai caduti di Nassirya il sacerdote dedica la predica (in italiano) durante la quale ricorda la figura di San Romualdo - fondatore dell'ordine camaldolese, "irrequieto nella ricerca della pace" - contesta da friulano il valore del 25 aprile perché «non tutta l'Italia era ancora liberata", e scandisce: "Non ci interessano i confini, siamo qui per pregare per i nostri caduti e per coloro che ne sono stati la causa, affinché la Madonna, madre comune, li converta a credere nel Vangelo".

 

da "Gazzetta di Mantova", 8 febbraio 2004

 

 

 

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sulla messa del 7 febbraio 
2004 a Mantova

 

 

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