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"NIENTE BANDIERE NELLE CHIESE"

I Vescovi italiani: no ai cappelli ideologici sulla pace

di Andrea Tornielli

La bandiera arcobaleno nelle chiese? "Mi sembra perlomeno inutile". Parola di monsignor Giuseppe Betori, segretario della Conferenza episcopale italiana . È un parere significativo quello espresso dal vescovo durante la conferenza stampa conclusiva del consiglio permanente della Cei sull'uso della bandiera pacifista che in queste settimane è presente non soltanto sui campanili ma persino sugli altari, come documentano diverse segnalazioni fotografiche raccolte nel sito Internet www.unavoce-ve.it. Nel duomo di Montagnana (in provincia di Padova), il vessillo campeggia sull'altare, mentre a Mantova è intervenuto il vescovo chiedendo a un sacerdote di non esporla durante la celebrazione della Messa.

"Per una chiesa - ha detto il segretario della Cei - la bandiera rappresenta un simbolo sovrabbondante. Sono duemila anni che l'uomo che sta sulla croce ci dice 'pace'. Anzi, una delle definizioni più profonde del Nazareno è proprio: 'Cristo è la nostra pace'. Dunque mi sembrerebbe di togliere qualcosa alla croce, come se non dicesse già abbastanza". Il vescovo ha quindi aggiunto: "In una chiesa io direi dunque di no. Mi sembra per lo meno inutile. Che bisogno c'è, più di quanto già Cristo rappresenti?".

Betori precisa che il vessillo, avendo "un carattere culturale" mal si addice all'universalità dei valori evangelici. Il segretario della Conferenza episcopale ha continuato spiegando che "fuori è senz'altro un simbolo bello e significativo, per i movimenti cattolici e per quelli di non credenti". Nessuna "scomunica" dell'arcobaleno pacifista, insomma. Soltanto l'invito a non usarlo a sproposito nei luoghi di culto.

Durante la conferenza stampa Betori ha sottolineato che "la crescita dei sentimenti di pace e dell'aspirazione alla pace è un fatto senz'altro positivo, però è chiaro - ha aggiunto - che in queste condizioni le ipoteche ideologiche sono sempre una minaccia incombente, specialmente se finiscono per spingere ad atteggiamenti di odio e a un linguaggio violento".

Proprio per evitare queste derive la Cei insiste sul "discernimento e l'educazione» alla pace secondo i quattro pilastri descritti dall'enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII: verità, giustizia, amore e libertà. "Nessuna ideologia può appropriarsi della pace" scrivono i vescovi.

Il comunicato, che accenna anche ad altri temi, come la scuola, il lavoro, la famiglia, il welfare e il riassetto del sistema radiotelevisivo, contiene anche un appello per "il ripristino e una più precisa definizione dell'ordine internazionale" dopo l'inizio della guerra in Irak che "mai sarebbe dovuta cominciare" e che i presuli sperano "si concluda al più presto" con una pace fondata su "giustizia e rispetto dei diritti umani".

Ieri, intanto, Giovanni Paolo II, in un messaggio inviato all'Ordine dei Minimi che organizza in Calabria la "Marcia della penitenza", ha sottolineato che la manifestazione "si svolge quest'anno in un periodo segnato da non poche preoccupazioni e sofferenze, anche a motivo della guerra in corso". La marcia è dunque "un'occasione per invitare a riflettere e a implorare per l'umanità il fondamentale dono della pace".

Sempre ieri, intervenendo davanti alla Commissione sul disarmo al Palazzo di Vetro, l'arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente del Vaticano all'Onu, ha pronunciato il discorso più categorico e duro contro la dottrina della guerra preventiva.

La Santa Sede condanna la prospettiva secondo la quale l'uso della forza è considerato "lo strumento più efficace e diretto" per risolvere i conflitti. Ciò non fa altro che "indebolire la cooperazione internazionale in materia di disarmo, invece che rafforzarla". Monsignor Migliore, a nome del Vaticano, ha così ribadito alla comunità internazionale l'assoluta necessità di "sostenere gli strumenti per raggiungere il disarmo nucleare così come le misure di confidence-building (scambi di informazioni e verifiche incrociate, ndr) nel settore delle armi convenzionali".

Le tecniche di mediazione negoziali e di verifica, ha affermato il prelato, sono attualmente in fase di avanzamento. Il sistema di controllo delle armi che sembra essere stato efficace e ha portato a risultati significativi negli ultimi decenni, ha solo bisogno di essere rafforzato per risolvere in modo migliore le nuove sfide e venire incontro a nuove minacce.

 

da "Il Giornale", 2 aprile 2003 

 

 

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