UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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Coraggiosa presa di posizione di un cristiano laico di Mantova, Giuliano Mondini, membro del Consiglio Pastorale Diocesano, sulla mancata risposta da parte del Vescovo alla petizione di 1300 firme per la messa latina antica. L'intervento è stato pubblicato in una lettera al direttore del quotidiano cittadino "La Voce di Mantova" del 1° febbraio. 

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Nessuna risposta alla richiesta di avere una messa in latino a Mantova

L'inspiegabile silenzio della Curia

 

Egregio Direttore,

mi permetta d'esprimerLe la mia stima di Suo affezionato lettore e la mia sincera gratitudine per la puntuale ed ampia informazione offerta dalla "Voce" sulla vicenda della messa in latino, la quale mi sta particolarmente a cuore, essendo anch'io uno dei 1300 firmatari della petizione del giugno scorso.

Desidero pure esprimere il mio riconoscente apprezzamento al Sig. Mansueto Bassi per la sollecitudine e la giusta tenacia con le quali segue il tribolato iter burocratico nel rispetto della gerarchia ecclesiastica mantovana. Al vescovo Egidio Caporello esprimo invece pubblicamente la mia rispettosa ma ferma disistima per il suo ostinato silenzio, a mio parere irriguardoso, nei confronti delle ripetute e garbate richieste fattegli in merito alla vicenda. Se tra laici viene normalmente realizzato nella quotidianità il detto che "chiedere è lecito e rispondere è cortesia", molto di più esso dovrebbe essere onorato prontamente da chi fa della propria vita una missione di fede e di altruismo verso il prossimo.

Sono cristiano credente e praticante, cosciente dei miei limiti e dei miei peccati, quindi non pretendo la perfezione negli altri, ma il comportamento del vescovo Caporello in questa vicenda mi è di grande scandalo, di profondo turbamento religioso e mi induce a stigmatizzare sempre più spesso il suo operato ed a rinchiudermi nella mia fede "personale ed intima". In tale vicenda mi aspetterei un Buon Pastore, secondo il dettalo evangelico, che sostenesse ed incoraggiasse i suoi fedeli nelle varie manifestazioni di fede e di preghiera, secondo i carismi e la sensibilità di ciascuno, e quindi fosse sensibile nei concedere anche tale forma liturgica. Riconosco "l'antichità" del rito richiesto, ma perché non permetterlo, a quelle persone che desiderano praticarlo, visto che esso non è mai stato abolito, non ha nulla di dissacrante e non cela intenzioni profanatrici? Già molti vescovi negli anni passati l'hanno permesso, ma il nostro invece tace, offrendo di sé, in tale occasione, un esempio non certo di Buon Pastore ma, penso io, di mercenario delle pecore, come è detto nella parabola evangelica.

Non voglio certo insegnargli a fare il vescovo, ma penso sia mio diritto esprimergli il mio rammarico e la mia profonda amarezza per tale suo comportamento. Alcune settimane fa, in occasione dell'annuncio ai fedeli dell'ordinazione episcopale di Mons. Anselmo Guido Pecorari, il vescovo ha scritto sulla "Cittadella" che questo avvenimento è stato un dono del Papa in occasione del giubileo della nostra diocesi. Giusto, che belle parole! E lui, il nostro vescovo, che regalo fa ai suoi fedeli? Questo ingiustificato ed angosciante silenzio, che dura da sette mesi? Esso pesa sulla mia coscienza perché mi sento in qualche modo coinvolto nella vicenda, seppur molto marginalmente, essendo membro del Consiglio Pastorale Diocesano (sono uno dei due rappresentanti del Vicariato di S. Pio X) ed ho ritenuto mio dovere manifestare silenziosamente ma concretamente al vescovo il mio disappunto disertando le riunioni. La mia coscienza mi vieta di recarmi a quegli incontri e di dover discutere di argomenti, seppur importanti, sapendo che da parecchio tempo una legittima ed educata richiesta dì 1300 fedeli mantovani viene calpestata e relegata nel silenzio. Perché il vescovo tace? Cosa rivela tale silenzio? Persistente indecisione di fronte ai problemi? Durezza di cuore? Necessità di mantenere equilibri "politici" ecclesiastici? Desiderio di accattivarsi particolari "correnti" vaticane? Concludo rivolgendo una fraterna esortazione ai vescovo Caporello con le parole della catilinaria, di gloriosa memoria scolastica. logicamente adattata al bisogno: "Usque tandem, Caporelle, abutere patientia nostra?" Ma già, dimenticavo che al vescovo non piace il latino e allora traduco: "Fino a quando. Caporello, abuserai della nostra pazienza?"

Giuliano Mondini
(Soave di Porto Mantovano)

 

da "La Voce di Mantova", 1° febbraio 2004

 

 

 

 

 

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Inserito il 6 febbraio 2004

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