UNA VOCE VENETIA

Messe latine antiche nelle Venezie 
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Domenica 6 luglio 2003: messa alla Santissima (Pordenone) – 4a dom. dopo Pent.: Lc 5,1-11:

"D'ora in poi sarai pescatore
di uomini" – "Sulla tua parola
getterò le reti"

Predica per il 50° di messa

 

1a) Nel cinquantesimo anniversario della mia ordinazione sacerdotale e della prima s. messa, che hanno avuto luogo a Roma, durante il pontificato di Pio XII, nei giorni 5 e 6 luglio 1953, non posso non parlare del sacerdozio, ministero di Cristo, Sommo e Eterno Sacerdote, ministero che è sempre più grande di noi, perchè esso supera infinitamente le persone umane, poveri e inadeguati strumenti dell'opera salvifica del Redentore, tanto che bisogna applicare a noi le parole di san Paolo:"investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata" "abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (2Cor 4,1.7). Lo faccio sull'esempio del Papa san Pio X, che celebrò la grandezza del sacerdozio nel cinquantesimo della sua ordinazione sacerdotale con l'esortazione Haerent animo del 4 agosto 1908; di questo Papa ricorrono quest'anno cento anni dalla sua elezione al Sommo Pontificato.

b) È stato detto molto opportunamente che la carriera del sacerdote finisce il giorno della sua ordinazione sacerdotale. Difatti non si può immaginare nulla di più grande su questa terra. Come non credo perché sono sacerdote, ma sono sacerdote perché credo, così il sacerdote per primo deve credere nel sacerdozio, e quanto sto per dire deve servire per aumentare la fede nel sacerdozio in voi che mi state ascoltando, perché sappiate trarre dalla presenza e dall'opera dei sacerdoti i più grandi frutti spirituali.

c) Quella al sacerdozio è la più grande vocazione, quella di essere "amministratore dei misteri di Dio" (1Cor 4,1).

Il sacerdozio è la più grande dignità, secondo le parole di Gesù: "Colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo…, come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,27-28). Non per nulla il sacerdozio gerarchico si chiama ministeriale e ha il suo centro nel sacrificio eucaristico, nel quale si rinnova sull'altare quello di Gesù sulla croce.

Quello sacerdotale è il più grande potere, perché proprio di Cristo (Mt 28,18), che diede tale potere agli uomini (Mt 9,7), quello di consacrare (Lc 22,19) e quello di perdonare i peccati (Gv 20,23) ossia di avere il potere sul Corpo eucaristico e sul Corpo mistico di Cristo.

Il sacerdote è il più benedetto da Dio secondo le parole di Gesù: "Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna" (Mc 10,29-30).

Il sacerdozio è la professione, o meglio missione, la più appassionante ed avventurosa, quella di essere pescatore di uomini (Mt 4,19; Mc 1,17), impossibile senza la grazia di Dio (Lc 5,5) che solo produce la pesca miracolosa (cfr. Gv 21,6), come abbiamo sentito anche nel brano evangelico odierno.

Il sacerdote è il più grande benefattore dell'umanità, secondo quanto scrive s. Paolo: "poveri, ma facciamo ricchi molti" (2Cor 6,10).

Il sacerdozio è anche la missione più tremenda, secondo le parole di Gesù: "Se qualcuno non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città. … Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10,14-15.40).

Il sacerdozio è paternità spirituale e il più bell'appellativo per me è quello di Padre, secondo le parole di san Paolo: "Potreste avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo" (1Cor 4,15).

2) È ovvio che questo giorno è per me e per voi con me un giorno di ringraziamento. Ripercorrendo la mia vita, vi si trovano anche delle indicazioni su quanto favorisce le vocazioni al sacerdozio.

Ringrazio Dio per il dono dei genitori cristiani cattolici che mi hanno fatto battezzare otto giorni dopo la nascita, nel giorno dell'Epifania, e educato nella fede, portandomi precocemente in chiesa, dove la mia vocazione al sacerdozio sbocciò e fiorì al contatto con la santa messa e Gesù eucaristico. La vocazione sacerdotale nasce e cresce ai piedi dell'altare, che riproducevo a casa fin dall'età di cinque anni. In seguito era mia passione leggere le vite dei santi. Devo dire che ho voluto sempre diventare sacerdote ed essere solo sacerdote. In particolare mia madre, molto pia, che avrebbe dovuto morire dopo la mia nascita, ma guarì, mi fece amare Gesù e durante il soggiorno a Roma, dove giunse con mio padre in pellegrinaggio per l'anno santo straordinario del 1933, pronosticò che vi avrei studiato, come realmente avvenne, mentre lei se ne andò in cielo dieci anni prima della mia ordinazione sacerdotale, di modo che quest'anno ne ricordo anche il 60° di morte, dopo la quale mi sono affidato maggiormente alla Madonna che è stata sempre doppiamente mia Madre. A sua volta mio padre venne imprigionato dal regime comunista cecoslovacco proprio nei giorni della mia ordinazione sacerdotale e della prima messa e morì sei anni dopo senza che ci fossimo mai più rivisti dopo la mia partenza dalla patria nel 1948. E con lui, mio fratello e mia sorella, ora entrambi defunti, vennero cacciati da casa.

Ringrazio Dio che, dopo aver lottato per la fede nelle scuole statali, sono stato mandato, ultimo prima che si chiudessero del tutto i confini della Cecoslovacchia, agli studi superiori a Roma, dall'arcivescovo di Praga, poi Cardinale, Giuseppe Beran, di santa memoria, e di aver potuto studiare a Roma, sotto la guida di professori ortodossi, alcuni dei quali divennero anche Cardinali, segno del loro alto profilo.

Ringrazio Dio per aver potuto servirlo ed onorarlo da giovane con la mia attività organistica, poi da sacerdote con l'insegnamento di teologia, il più confacente al sacerdozio, che ho preferito ad altre proposte di attività, insegnamento prolungatosi per 25 anni, con l'attività pastorale non mai interrotta, con un successivo e attuale servizio della santità del matrimonio nella Chiesa.

Ringrazio Dio per la grande grazia di aver potuto celebrare tante sante messe; se è vero che vale la pena di diventare sacerdote anche per poter celebrare una sola santa messa, quale grazia aver potuto dirne 19.353! In particolare ringrazio Dio per il recente dono della possibilità di celebrare la santa messa nel rito tridentino, nel quale sono stato ordinato e nel quale ho celebrato per circa sedici anni.

Ringrazio Dio per l'Angelo Custode e per tutti i santi miei protettori, in particolare per sant'Ivo, sacerdote, san Giuseppe, sant'Ulderico, patroni del mio battesimo, san Giovanni Nepomuceno, patrono della mia cresima, san Francesco di Sales, san Leopoldo, san Pio da Pietrelcina, protettori del mio sacerdozio.

Ringrazio Dio per tutte le persone che la Sua provvidenza paterna mi ha messo sul mio cammino per aiutarmi, anche con sacrifici, per fede e devozione verso il sacerdozio, procurandosene il merito davanti a Dio.

Ringrazio per tutte le croci e le prove, con cui Gesù Cristo mi ha stretto a sé, alla sua sequela ed imitazione.

Ringrazio Dio infine di perdonarmi sempre, di modo che oso ripetere con s. Paolo: "Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al ministero. …Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io" (1Tm 1,12,15). Ma, come ho fatto stampare sulle immaginette della mia prima messa, "Per me il vivere è Cristo" (Fil 1,21) e "Tutto posso in colui che mi dà la forza" (Fil 4,13), alle quali aggiungo quelle del mio venticinquesimo: "Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita che vivo nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20). A Lui lode e gloria nei secoli! Amen.

don Ivo Cisar

 

 

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Inserito il 16 luglio 2003

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