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Messe latine antiche nelle Venezie 
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Caos liturgico?

Lettera al direttore di Avvenire

 

Caro Direttore,

ma il Concilio Vaticano II ha veramente determinato questa selva di sperimentazioni nella liturgia? Una piccola idea me la sono fatta leggendo le costituzioni liturgiche conciliari. Dove è finita la raccomandazione dei padri che la lingua latina debba continuare ad avere il primo posto nelle celebrazioni? È vero che un ritorno "sconsiderato" al latino non è auspicabile nella Messa di ogni giorno, ma io questo aborrire e scongiurare la lingua che la Chiesa ha parlato per duemila anni non lo comprendo: perché un tale disprezzo per le proprie radici?

Dove è finita la prescrizione secondo cui nessuno, anche se prete, può modificare la liturgia? Io personalmente, e tanti altri, siamo mortificati e addolorati nel vedere che dei sacerdoti considerano la liturgia come campo di ostentazione della propria fantasia pastorale e no; participatio actuosa intesa come scimmiottare di alcuni fedeli e non come intima partecipazione e comprensione.

Dove è finita la raccomandazione che il canto gregoriano debba essere al primo posto? Il gregoriano è morto per lasciare spazio a canzonette pop; persino il Tantum Ergo non deve essere più cantato in latino (meglio allora "Andrò a vederla un dì" e "Mira al tuo popolo", di certe canzonette).

La Messa è forse riunione di filantropi in timido ricordo di un uomo chiamato Gesù, o è perpetuazione della passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo nella sua reale presenza nel pane e nel vino consacrati? E molti sacerdoti, provo dolore a dirlo, sembra si siano scordati il dovuto rispetto a Gesù eucaristico, e di conseguenza si comportano anche molti fedeli (ad esempio col ricevere la Comunione in mano senza fare attenzione ai frammenti, magari in buona fede, e con atti peggiori, anche in mala fede). Perché non c'è più attenzione all'uso delle vesti liturgiche (l'amitto che fine ha fatto)? Mi sembra che il Concilio abbia solo stabilito che si possa non portare il manipolo.

Non si tratta di essere lefebvriani o di appellarsi semplicemente a formalismi ma, come ha più volte affermato il cardinale Ratzinger, dietro ad un modo di concepire la liturgia c'è anche un modo di concepire la Chiesa, che è fondata sull'Eucaristia e ne trae nutrimento.

Allora non bisogna stupirsi se dalle mie parti la gente ha sete di Dio e, vedendo sacerdoti più attenti alle iniziative parrocchiali che non alla preghiera e all'Eucaristia, si rivolge al primo guru di passaggio, o esorcista fai-da-te o a presunti veggenti.

Sono interrogativi scottanti e ne vanno di mezzo le ragioni stesse della nostra fede. Quanto vorrei che qualcuno si ponesse in coscienza il problema.

Cosimo Zigrino

 

da "Avvenire", 13 dicembre 2001

 

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Inserito il 14 dicembre 2001

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