Messe latine antiche nelle Venezie
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Un decreto di Benedetto XVI potrebbe riaccendere la tradizione

L'antica messa in latino:
resistono dieci "baluardi"

Celebrazioni settimanali a Milano e Mantova

 

MILANO - "Nel corso della sua storia la Chiesa non ha mai proibito forme ortodosse di liturgia, ciò sarebbe estraneo allo spirito stesso della Chiesa". Parole di Joseph Ratzinger da prefetto dell' ex Sant' Uffizio. E ora che è diventato il successore di Pietro cresce in molti fedeli, non solo tra i seguaci di Lefebvre, l' attesa di un suo intervento per "sdoganare" la messa tridentina - in latino, per intenderci, e il sacerdote con le spalle ai fedeli - messa in soffitta dal Concilio Vaticano II. Ma già da tempo diverse comunità cattoliche premono sui vescovi - unici autorizzati a concedere dispense - perché sotto le navate tornino a riecheggiare le antiche formule. Dall' "introibo" all' "ite missa est". Risultati finora però assai modesti.

A Milano, città pilota, una ventina di anni fa è stato il cardinale Martini a benedire la nuova messa, cioè la vecchia. Da allora ogni domenica alle 10 si riprende la celebrazione eucaristica, rito ambrosiano, in San Rocco al Gentilino, zona Ticinese. Poi due anni fa si è mossa Mantova: le mille firme raccolte dall' associazione "Una voce", fondata appunto per "la salvaguardia della liturgia latino-gregoriana", ha spinto monsignor Caporello a prestare la chiesa della Madonna del Terremoto, un gioiellino. Tutti i sabati alle 17.30. "Purtroppo - spiega Mansueto Bassi, di "Una voce" - lo spazio è limitatissimo, più di 25-30 persone non entrano, come essere in castigo. Speriamo nel Papa, che a giorni visiterà Verona, sede della nostra associazione".

Nostalgici, tradizionalisti? Bassi, che esibisce una messaggio di compiacimento proprio di Benedetto XVI ("Con grande gioia apprendo la notizia della celebrazione della Santa Messa in Rito tridentino a Mantova...", ma qualcuno dubita dell' autenticità), rifiuta le etichette: "Siamo solo gli interpreti di una crescente richiesta di spiritualità". E quelli della "Voce" puntano il dito contro certe autorità ecclesiastiche, vedi Bergamo, "sorde", secondo loro, a tali appelli.

Molto più diffuse invece le celebrazioni in latino, "lingua universale", nel rispetto però dei dettati conciliari. In questo caso non occorrono autorizzazioni dall' alto. Sempre a Milano, ogni domenica alle 11 i messali sull' altar maggiore in Duomo e in Sant' Ambrogio sono quelli latini ("Ma le letture e l' omelia restano in italiano", precisa don Biagio, un ritorno a metà). Idem al Duomo di Brescia e a Lodi (venerdì, 8.30) mentre nella Bassa bresciana l' ultimo giovedì del mese (18.30) tocca a don Valentino con il suo coro gregoriano far risuonare la lingua dei nostri progenitori. Su richiesta pure a Pavia e a Vigevano ogni tanto si celebra in latino come avverrà anche il prossimo 21 nella cappella del "Gallio", un importante istituto religioso di Como. Una scelta, dice la direzione,, rivolta ai ragazzi che studiano latino e greco e possono così meglio accostarsi al patrimonio millenario della Chiesa".

Ma papa Benedetto intende davvero "recuperare" la messa tridentina? La curia milanese non prende posizione. "Al momento non c' è niente - taglia corto il portavoce don Gianni Zappa -, solo parole al vento che fanno confusione. L' unica cosa seria è aspettare l' intervento del Papa, se ci sarà". In occasioni particolari pure don Franco, parroco di Basiglio (Milano) riprende il rito latino: "Lo facciamo per ricordare Tommaso Moro, un grande santo", spiega. Ma sottolinea il corretto significato "biblico" del termine "tradizione": tenere viva la memoria del passato per guardare meglio l'oggi. "E oggi i segni dei tempi sono la violenza, i problemi della globalizzazione, la fatica di accettare i diversi. Non è questione di latino o non latino".

Andrea Biglia

 

da "Corriere della Sera", 13 ottobre 2006

 

 

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