Messe latine antiche nelle Venezie
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Enciclopedia Cattolica

voce   Asperges  me

 

"ASPERGES ME". - Formola con cui si fanno le aspersioni rituali di acqua benedetta (v. Aspersione). Non è facile decidere se l'uso della formola coincidesse sempre con quello dell'acqua. Nel sec. IX si usava certamente per l'aspersione sugli infermi (Teodulfo di Orléans [m. nel 815], Capitulare alterum, 105, 220; Sinodo di Nantes can. 4, in Mansi, XI, 658, falsamente attribuito al 658). Probabilmente si usava anche nell'aspersione domenicale del popolo (nella quale forse ognuno si aspergeva senza essere asperso da altri), che Incmaro di Reims (Capitula Synod., I, 5: PL 125, 774) prescrive nell'852, mentre sembra che in principio l'aspersione dei luoghi e delle cose fosse fatta al canto dei salmi (S. Baluze, Capit. Regum Francor., I, Parigi 1677, p. 903) o forse solo con la recita di collette. È conosciuto con certezza l'uso dell'A. al sec. XI nell'aspersione domenicale dalle Consuetudines cassinesi dell'abate Oderisio (E. Martène, De ant. Eccl. ritibus, ed. di Anversa 1738, lib. IV, p. 134).

Nel tempo pasquale in suo luogo si canta Vidi aquam, composizione ispirata ad Ez. 47, 1, con evidente allusione al Battesimo di cui la Pasqua celebra il ricordo. Nella processione pasquale vespertina dei neofiti, infatti, si cantava a Roma questa stessa antifona (Ordo Roman., I, cap. 13: PL 78, 966). Il senso battesimale, che nel medioevo subentrò al primitivo senso lustrale cd esorcistico del rito e della formola di aspersione, nonché il tradizionale uso di non cantare il salmo 50 durante il periodo pasquale, diedero forse motivo, più che la reminiscenza storica romana, all'introduzione del Vidi aquam nello stesso periodo liturgico.

 

Bibl.: A. Franz, Die kirchlich. Benedictionen im Mittelalter, I, Friburgo in Br. 1909, p. 86 sgg.

Salvatore Marsili

 

da Enciclopedia Cattolica, II, Città del Vaticano, 1949, coll. 154-155

 

 

 

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