Messe latine antiche nelle Venezie
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Enciclopedia Cattolica

voce  Patena

 

PATENA. - Dal greco patane = piatto. È un piatto rotondo di metallo, usato già anticamente nella Messa, come complemento indispensabile del calice e fatto dello stesso metallo. Nella parte superiore è oggi priva di ornamento, ha il diametro di 15-20 cm., ed è leggermente concava nel mezzo, secondo la larghezza degli orli del calice.

Nella Messa si pone l'Ostia sulla p. fino all'Offertorio (su di essa è fatta l'offerta), e, dopo il Pater noster, l'Ostia consacrata spezzata vi si ricolloca fino alla S. Comunione; nel frattempo, nella Messa solenne, la p. è tenuta nascosta con un velo dal suddiacono (anticamente dall'accolito) detto patenarius; nelle Messe lette si mette invece sotto il corporale.

La p. deve essere consacrata dal vescovo ed avere la parte interna dorata. La consacrazione non si perde, qualora si debba rinnovare la doratura (CIC, can. 1305). Diventata con la consacrazione oggetto sacro, in immediato contatto con il Corpo di Gesù, la p. non può essere toccata che dai chierici o da chi l'ha in custodia (can. 1306). Simbolicamente la p. viene considerata come una nuova pietra del sepolcro, su cui giacque il corpo del Signore (cfr. Rabano Mauro, De instit. cleric., I, 33: PL 107, 324).

Bibl.: J. Braun, Das christl. Altargerät in seinem Sein und in seiner Entwicklung, Monaco 1932, pp. 197-242; L. Eisenhofer, Lehrbuch der kathol. Liturgie, I, Friburgo in Br. 1932, pp. 396-401; M. Righetti, Man. di stor. liturgica, I, Milano 1950, pp. 468-71; H. Leclercq, s. v. in DACL, XIII, coll. 2392-2414.

Pietro Siffrin

 

ARTE. - Nell'antichità e nel medioevo la p. ebbe notevoli dimensioni e peso, perché doveva servire a raccogliervi sopra il pane offerto dai fedeli per la consacrazione (p. ministerialis), che veniva poi diviso in parte per la Comunione dei fedeli. Papi e imperatori andarono a gara nel farle confezionare, adoperandovi grande quantità di oro e ricchezza di gemme. Esemplari eccezionali possono vedersi a Città di Castello, nei piatti argentei ageminati del Tesoro di Canoscio (secc. V-VI), al Louvre (in serpentino con zaffiri, smeraldi e perle, donati da un imperatore carolingio all'abbazia di St-Denis), nella collezione Wiss a Washington, nella collezione Stoclet a Bruxelles, nel Tesoro di S. Marco a Venezia. In epoca gotica (sec. XIV) le p. vengono ornate da rilievi o da smalti translucidi, come la p. della Pinacoteca nazionale di Perugia con smalto racchiuso in un contorno ad archetti, rappresentante la scena della Crocifissione e altri sei tondi a smalto sul bordo con fatti della Passione alternati a motivi incisi, opera di Cataluzio da Todi che influenzò quella di Ciccarello di Francesco con la rappresentazione dell'Annunciazione e l'iscrizione attorno (Sulmona, cattedrale di S. Panfilo) e l'altra con smalti rappresentanti la Crocifissione, a Ravello (Duomo). Ebbero anche decorazioni incise, rappresentanti al centro la mano benedicente, che si vede aggiunta, nel sec. XII, nella p. di epoca ottoniana, nella chiesa della Collegiata dell'Assunta a Cividale, con iscrizione sul bordo, paragonata a quello, detta di s. Bernardo, nel duomo di Braunschweig e nella p. del calice, ritenuto di s. Francesco, nella basilica di Assisi, opera di Cuccio del Mannaia. Notevole, anche la p. del calice di Wiltener (Austria), del 1180 ca. In epoca posteriore le decorazioni si vanno facendo sempre più rare; le proporzioni diminuiscono e il rapporto tra l'orlo rialzato e il centro si stabilizza, adattandosi alle proporzioni dei calici, la cui base perde il contorno polilobato o mistilineo, diventando nel '500 e nel '600 quasi sempre circolare.

 

Bibl.: V. Pasini. Il Tesoro di S. Marco in Venezia, Venezia 1886; Venturi, II, p. 213, fig. 177; IV, p. 905; A. Santangelo, La Cattedr. di Cividale, Roma 1930, p. 39; E. Zocca, La catted. di Assisi, Roma 1935. p. 79; A. Morassi, Antica oreficeria ital., Milano 1936, pp. 32-42.

Maria Accascina

 

da Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano, 1952, coll. 939-940

 


PATENA - Calice e p. d'argento dorato, detto di S. Rosenda. Il calice è del sec. XIII,
la p. del sec. XV, provenienti da Celanova Orense, Palazzo episcopale.

 

 

 

 

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