Messe latine antiche nelle Venezie
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Enciclopedia Cattolica

voce   Piviale

 

PIVIALE (Pluviale, cappa, mantus). - Manto liturgico di forma semicircolare, lungo fin quasi ai piedi, aperto davanti e fermato sul petto da un fermaglio. Nella parte posteriore è ornata dal cosiddetto "scudo".

Non trae origine dall'antica lacerna, e neppure dall'antica paenula, essendo esse da lungo tempo fuori dell'uso civile quando il p. venne adoperato nel culto liturgico. Sembra derivi piuttosto dalla cappa corale chiericale o monastica dei secc. VIII e IX, distinta dalla pianeta a campana della stessa forma perché aperta davanti (o almeno con aperture per passarvi le mani) e munita di cappuccio, che si portava in coro e alle processioni, di panno nell'uso quotidiano, di seta nelle feste. Nel sec. IX non si trova ancora annoverato tra le vesti liturgiche (Amalario designa ancora la pianeta come veste liturgica comune a tutto il clero). Dal sec. X i cantori cominciavano ad usare la cappa festiva invece della pianeta, seguivano i sacerdoti nelle funzioni fuori della S. Messa, specialmente all'incensazione nelle Lodi e nei Vespri (donde il nome tedesco Rauchmantel = manto dell' incensazione; Vespermantel = manto del Vespro). Alla fine del sec. XI la cappa finisce per diventare una veste liturgica in tutte le funzioni fuori della S. Messa, restando la pianeta esclusivamente propria della S. Messa; c vien portata non soltanto dai sacerdoti o vescovi, ma da tutto il clero, dai cantori e dai ministri inferiori. In Italia si preferisce il nome di p. perché ha la forma di un manto che protegge dalla pioggia e dalle intemperie, mentre fuori d'Italia si chiama cappa, in Spagna anche mantus. Vien fatta, di regola, di seta e segue le regole dei colori liturgici.

Bibl.: E. Bishop, The origin of the cupe as a church vestment in Dublin Review, genn. 1897, p. 1 sgg.; J. Braun, Die liturg. Gewandung im Occid. und im Orient, Friburgo in Br. 1907, pp. 306­358; id., Die liturg. Paramente, ivi 1912 (trad. it., I paramenti sacri, Torino 1914. pp. 110-16); E. Bishop, Liturgica historica, Oxford 1918. pp. 260-75; C. Callewaert, De pluviali, in Collat. Brugenses, 26 (1926), pp. 166-71; id., Sacris erudiri, Steenbrugge 1940, pp. 227-30; M. Righetti, Man. di st. liturg., I, II ed.,. Milano 1950, pp. 510-11.

Pietro Siffrin

ARTE. - Quanto alla forma, in origine il p. non si distingueva dalla pianeta a campana se non per essere provvisto di cappuccio; non sempre era aperto davanti, mentre dal sec. XI in poi prevalse definitivamente la cappa aperta e la sua forma non mutò fino ad oggi.

Varie trasformazioni subirono invece le guarnizioni e il cappuccio; le prime, da molto semplici e strette si andarono via via allargando e ornando di ricami, specialmente a figure; il secondo, dal sec. XI in poi, perse la sue funzioni di copricapo e nella seconda metà del sec. XII divenne un puro ornamento, diminuì le sue dimensioni si ridusse ad un cappuccio in miniatura. Rimangono esempi di questo tipo di transizione nel duomo di Halbestadt (sec. XII) e in S. Paolo in Carinzia (sec. XIII). Già nei sec. XIII il minuscolo. cappuccio si è tramutato in un pezzo di stoffa piccolo e triangolare, che ricorda ancora il cappuccio solo per la sua forma. Con i secc. XIV e XV il triangolo si trasforma lentamente in uno scudo (clipeus) di proporzioni sempre più ampie e nella seconda metà del Quattrocento prende la forma di un arco ogivale; poi di un mezzo cerchio; nel barocco diventa ovale, giungendo in ampiezza fin oltre al mezzo del vestito. Molta importanza hanno nel medioevo i fermagli dei p.; gli inventari danno un'idea della loro ricchezza e meglio ancora qualche bellissimo esempio rimasto. Più numerosi quelli ornati di figure (duomo di Aachen, Museo d'arti e mestieri a Berlino); più rari quelli ornati di pietre preziose e di perle (S. Pietro a Salisburgo, duomo di Aosta). Lungo l'orlo del p. si trova talvolta una frangia, un gallone o anche dei campanelli in guisa di ciondoli (duomo di Aachen).

L'uso del p. dovette crescere con i secoli, secondo quanto documentano gli inventari; nei secc. XIV, XV, XVI si trovano elencati sempre più numerosi, preziosi p. fatti di splendide stoffe (cf. l'inventano del duomo di Praga del 1387 e quello della cattedrale di Lincoln del 1536). Del medioevo si conservano p. interamente ricamati a figure, inscritte in campi rotondi o quadrilateri, disposti in serie parallele al lato retto del p. o in zone concentriche. La maggior parte di questo tipo, di cui si hanno esemplari magnifici anche in Italia, proviene dall'Inghilterra, particolarmente rinomata per questo genere di lavoro ad ago, che prese nei secc. XIII e XIV la denominazione di opus Anglicanum. Fra i più antichi di questi p. istoriati (sec. XIII) si ricordano quello di S. Paolo in Carinzia con le Storie dei ss. Biagio e Vincenzo, quello del Museo Vittoria e Alberto di Londra; in Italia quelli di Ascoli Piceno, di Anagni e del Museo civico di Bologna. Ricami di tipo ciprense palermitano, in oro su diaspro rosso, con pappagalli affrontati sono nel p. di Bonifacio VIII ad Anagni in quello di S. Corona a Vicenza. Del sec. XIV sono gli stupendi esemplari del duomo di Pienza, di S. Giovanni in Laterano, di Toledo, Comminges, Salisburgo. Eccezionali nel sec. XV i tre p. dell'Ordine del Toson d'oro nel Museo di Corte di Vienna, tanto più che dopo il sec. XIII è assai più comune il tipo di p. con ricami soltanto nello scudo e nella guarnizione. Esempi notevoli di questo tipo sono in S. Maria in Danzica, nella cattedrale di Xanten, nel Museo di Berna. In tempi posteriori l'intero p. è ornato di ricami a motivi ornamentali e soltanto lo scudo e la guarnizione sono ricamati con figure; bell'esempio il p. in teletta d'oro nella chiesa di Gandino, il p. detto di Urbano V a Montefiascone e altro nel Tesoro della cattedrale di Aosta. Internamente ornati di motivi floreali sono i p. della chiesa di S. Donato a Siena e della pieve di S. Lorenzo a Montefiesole. Esempi di sontuosa colorazione a giardino sono i p. di scuola veneziana del principio del sec. XVI di S. Tomà a Venezia e della collezione Larcade a St-Germain en Laye; sempre opera veneziana il p. in velluto broccato con Annunciazione e otto figure di santi nel Museo nazionale di Firenze e quello del duomo di Recanati. Notevolissimo quello del duomo di Genova, i cui disegni si riferiscono a Pierin del Vaga. Motivi fantastici ispirati all'arte orientale sono nel p. settecentesco del duomo di Ancona, e capolavoro dei tessuti di ganzo è il p. del sec. XVIII della basilica di Gandino, analogo ad un parato della basilica di Alzano Maggiore e ad un altro della chiesa dell'ospedale maggiore di Bergamo.

Bibl.: J. Dreger, Europäische Weberei und Stickerei, Vienna 1904; I. Evrera, Un tesoro di stoffe ricamate, in Rassegna d'arte, 1912, pp. 171-74; A. Christie, A reconstructed embroidered copie of Anagni, in Burlington magazine, 48 (1926), pp. 65-77; E. Podreider, Storie dei tessuti d'arte in Italia, Bergamo 1928; J. Kendrick, English embroidery, Londra 1933.

Luisa Mortari

 

da Enciclopedia Cattolica, IX, Città del Vaticano, 1952, coll. 1591-1594

 


PIVIALE - P. di s. Alboino di Bressanone (sec. X-XI)

(

   


PIVIALE - P. Nr. A. 28 con monogramma C. VI (Carlo VI, 1711-40) - Vienna,
Geisl. Schatzkammer.

 

 

 

 

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