Messe latine antiche nelle Venezie
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Enciclopedia Cattolica

voce   Turibolo

 

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TURIBOLO. - Dal lat. thus, thuris "incenso", è un recipiente di metallo per bruciare profumi, il cui uso religioso è attestato, in Occidente come in Oriente, da rinvenimenti archeologici e da figurazioni glittiche, pittoriche, relative anche alle più antiche civiltà (Egizi, Etruschi, Celti, ecc.). Si chiama anche thymiaterium, incensorium, fumigatorium.

Nella liturgia cattolica il suo impiego è documentabile fin dalla 2ª metà del sec. IV (v. INCENSO), però solo al sec. XI si può far risalire il generalizzarsi della tipica struttura che il t. conservò fino ai nostri giorni, pur adattandosi, negli accessori formali e nei dettagli della decorazione, alle variazioni di gusto e stile, determinate dal mutare delle stagioni artistiche.

La forma liturgica attuale è quella di un recipiente a forma di coppa con base o piede, d'argento o altro metallo idoneo a contenere un piccolo braciere, su cui si depongono i granelli di incenso. Sopra ha un coperchio con aperture sufficienti a far circolare l'aria e ad emettere il fumo profumato. La sospensione e la manovra dell'ondulazione rituale sono rese possibili da un sistema di quattro catenelle : tre laterali servono a congiungere la coppa con un'impugnatura e a trattenere, mediante appositi scorritori, il coperchio; la quarta, centrale, è collegata con un largo anello che emerge dall'impugnatura e serve a sollevare il coperchio per l'immissione dell'incenso. Gli antichi t. erano aperti, più da portare o appendere o tenere in piedi, che non da agitare; nella liturgia ambrosiana sono tuttora aperti, come in quella orientale. L'apparecchiatura è completata da un piccolo recipiente, che serve ad accogliere la riserva d'incenso, detto "busta", "pixis", e "scrinium", "capsula", e dal sec. XIII "navicella" dalla sua forma specifica. Per mettere l'incenso si usa (dal sec. XI) un cucchiaino.

I t. primitivi, in uso presso i Greci e i Romani e accolti dalla Chiesa antica, avevano forma di semplici scatole o coppe, sostenute a mano, appoggiate a tripodi, o sorrette da catenelle (come si vede, ad es., nel musaico

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di S. Apollinare e in una miniatura del Sacramentario di Gellone, sec. VIII). Forme semplici, seppure talvolta geometricamente più articolate, presentano anche i manufatti dell'alto medioevo, adorni con decorazioni geometriche e incisione a sbalzo, compatibilmente con il metallo usato, che è prevalentemente il bronzo.

Nel periodo romanico si fa più frequente l'uso di materie nobili (oro, argento) e di decorazioni complesse, anche al cesello. Si diffonde il tipo a quattro catenelle, che poi prevarrà nel gotico. A quest'ultimo periodo appartengono i più preziosi esemplari artistici che si conservino nei tesori delle basiliche e nelle raccolte italiane (Anagni, Cattedrale; Mozzanello, Parrocchiale; Francavilla a Mare, S. Franco; Mercatello, S. Francesco; Mileto, Cattedrale; Padova, S. Antonio; Siena, Duomo). L'estro degli orafi gotici si sbizzarrì nell'architettare guglie, pinnacoli, loggette, che simulano tabernacoli, torri, fronti di chiese e palazzi. I manufatti del sec. XVI testimoniano invece l'accostamento alle forme tardo-rinascimentali, come il t. di S. Giovanni Peresti a Stilo, o l'altro, che può essere considerato il capolavoro del tipo a tabernacolo, della cattedrale di Borgo S. Donnino: la sua finissima esecuzione lo ha fatto assegnare alla bottega del Cellini. Fra gli innumerevoli esemplari dell'argenteria barocca si elevano, per sicurezza di gusto e grazia di ornati, i t. della chiesa arcipretale di S. Pietro a Magisano e della cattedrale di Rossano, entrambi del sec. XVII; e quelli di S. Maria Maggiore a Taverna; di S. Maria Maddalena a Norano Calabro, delle parrocchiali di Monchio e Bivongi, di S. Petronio a Bologna, tutti del sec. XVIII. Pregevoli, nel sec. XIX, i t. delle cattedrali di Caulonia e Gerace. I migliori esemplari del nostro secolo appartengono all'arte delle mis­sioni.

Strettamente connessa al t. è la navicella, vaso a forma di piccola nave di metallo, raramente di legno o di cristallo, che contiene l'incenso. Fra le navicelle artistiche sono da ricordare, ad es., quella del Tesoro del Santo a Padova, che reca nell'interno dello sportello una fine inci

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sione con la pietà, di autore veneto del sec. XV, quella della cattedrale di Bologna del sec. XVIII e quelle del Tesoro di S. Marco a Venezia.

 

Bibl.: Moroni, XXXIII, pp. 152-56; D. M. Dalton, Byzantine art and archaeology, Oxford 1911, pp. 534-76; H. Leclercq, Encensoir, in DACL, V (1922), coll. 21-33; J. Braun, Das christl. Altargerät in seinem Sein und in seiner Entwicklung, Monaco 1932, pp. 598-642; anon., Incensiere, in Enc. It., XVIII, pp. 693-64.

Riccardo Averini

 

da Enciclopedia Cattolica, XII, Città del Vaticano, 1954, coll. 639-641

 


TURIBOLO - Diacono con t. Particolare
del musaico raffigurante Giustiniano in
atto di offrire una patena d'oro per il
sacrificio (sec. VI) - Ravenna, basilica di
S. Vitale.


TURIBOLO - Apostolo con t. Particolare della Morte della Vergine
di Hans Multscher (1459) - Vipiteno, Museo civico.

   


TURIBOLO D'ARGENTO (fine del sec. XIV - Mileto, Cattedrale.


TURIBOLO D'ARGENTO del sec. XV - Rossano, Cattedrale.

   


TURIBOLO in bronzo del sec. XII con l'iscrizione
"Haec tu qaeso videns, Gozbertus sit, pete vivens" - TREVIRI, Cattedrale.


TURIBOLO in argento (sec. XVII) Fidenza (Borgo S. Donnino), Cattedrale.

   


TURIBOLO E NAVICELLA in argento dorato e cesellato (sec. XVIII) - Bologna, Basilica di S. Petronio.

 

 

 

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