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Messe latine antiche nelle Venezie

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Mons. Perl, celebrare la messa secondo il Messale Romano del 1962 non è rendere un servizio alla Chiesa?

 

 

La lettera della Pontificia commissione Ecclesia Dei, che riproduciamo qui sotto, di data 18 novembre 1993, Prot. N. 109/92, e sottoscritta dal segretario della commissione mons. Camille Perl, era rivolta a un fedele italiano legato alla liturgia latina antica, il quale aveva posto alla Ecclesia Dei alcuni quesiti specifici. La lettera contiene affermazioni che sorprendono, e sollevano vari interrogativi che il cristiano è senza dubbio legittimato a porre all'autorità della Chiesa, a mente del canone 212 del Codice di diritto canonico:

 

Mons. Perl è ed è sempre stato convinto - questo testo è di quasi dieci anni fa - che il permesso di celebrare l'antica messa prima o poi (quando?) verrà meno, e quindi l'antica liturgia verrà formalmente proibita?

 

Mons. Perl pensa e ha sempre pensato che celebrare la messa antica non sarebbe "rendere un servizio a tutta la Chiesa", come lo sarebbe invece - in alternativa - "una celebrazione della liturgia riformata in maniera classica, cioè con canto gregoriano, usando l’altare maggiore e paramenti classici"?

 

Queste opinioni, espresse dal segretario della Commissione Ecclesia Dei in una lettera protocollata (109/92), possono forse coincidere con il pensiero del responsabile della commissione, o dello stesso Santo Padre che, proprio in questi giorni, ha accolto con grande magnanimità nella Chiesa mons. Rangel e i sacerdoti di Campos, concedendogli solennemente di dire la messa secondo il messale del 1962, oppure sono solo idee personali di mons. Perl?

 

Se pensiamo che il cattolico abbia il dovere, ma anche il diritto di confidare nella parola del Papa, la Commissione Ecclesia Dei non dovrebbe forse essere servita diversamente, in modo da conseguire gli scopi per cui è stata istituita?

 

A parte la questione circa la persona di mons. Perl, a noi sembra che lettere di questo genere determinino sentimenti di sfiducia e di dubbio in coloro che beneficiano dell'indulto pontificio del 1984, confermato nel 1988.

 

 

 

 

Lettera del Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei del 18 novembre 1993, Prot. N. 109/92

 

Egregio Signore,

 

La Sua lettera del 19 ottobre u. s. contiene due domande diverse, alle quali si risponde come segue: 1) nella Messa celebrata secondo il Messale del 1962 si usa normalmente il calendario proprio di questo messale. Però essendo l’Indulto una concessione che non è destinata a durare sempre, (il rito romano infatti, non può avere per sempre due forme!), tutto ciò che potrebbe contribuire ad avvicinare le due forme del rito romano, è da favorire. Quindi è possibile pure l’uso del nuovo Calendario riformato da Paolo VI. L’unità dei cattolici di rito romano si conserva meglio se venissero celebrate (sic) le stesse feste negli stessi giorni.

 

2) Per quanto riguarda la "tomba" (che è in realtà un catafalco vuoto) il suo uso era sempre retto da consuetudini locali. Si può cantare "l’absolutio ad tumbam" anche davanti l’altare, come preghiera di intercessione per i defunti.

 

Il Suo amore per la santa Liturgia è molto lodevole. Le Sue lettere arrivate qui sin dal 1988 danno però prova di una certa preoccupazione per i minimi dettagli dell’ordinamento liturgico. Non potrebbe esserci il pericolo di una concentrazione eccessiva su questo a danno del vero senso della liturgia e della partecipazione interna?

 

È da rendersi conto che la celebrazione della messa secondo il Messale del 1962 è l’eccezione, la regola invece, la riforma liturgica introdotta dalla Chiesa 25 anni fa, e seguita dal 99% della Chiesa. Ci si domanda, se tanti sforzi per riattivare la vecchia liturgia con tutti i dettagli - ormai spesso materialmente irrealizzabili - non fossero più utili a rendere possibile una celebrazione della liturgia riformata in maniera classica, cioè con canto gregoriano, usando l’altare maggiore e paramenti classici. Così si renderebbe un servizio a tutta la Chiesa, non soltanto ad un gruppo ristretto. Se questo si attuasse, in molte diocesi, non provocherebbe tanta resistenza da parte dei vescovi responsabili per la liturgia nella loro diocesi, e si eviterebbe il pericolo di un isolamento dei fedeli tradizionalisti.

 

Propongo queste considerazioni alla Sua attenzione, invitandoLa ad una maggiore riflessione, forse potremmo continuare questo dialogo un giorno qui a Roma.

 

Invocando su di Lei la benedizione divina, La saluto cordialmente

 

Mons. Camillo Perl

Segretario

 

 

 

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Inserito il 24 gennaio 2002

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