UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

 

12 NOVEMBRE

SAN MARTINO, PAPA E MARTIRE

 

Onore dovuto ai martiri.

"Tutti sanno che Dio vuole che i popoli celebrino le glorie dei martiri, per glorificarli come si meritano e avere sotto gli occhi, con la grazia di Gesù Cristo, l'esempio delle loro virtù. Vedendo l'onore reso ai martiri quaggiù, noi comprendiamo quanto sia grande la loro gloria nei cieli e, ricordandone gli esempi, ci sentiamo spinti ad avere lo stesso coraggio, la stessa devozione, la stessa fede e, con l'aiuto di Gesù Cristo, combattiamo e vinciamo il nemico e, riportata la vittoria, possiamo essere in trionfo con i santi nel regno dei cieli.

 

L'insegnamento dei martiri.

Chi oserebbe pretendere di essere associato agli stessi meriti senza aver nutrita la stessa fede, conservata la stessa fermezza e imitato il loro coraggio nella sofferenza; senza aver cercato o trovato la loro gloria uniformando la propria vita alla loro? Non tutti potranno raggiungere con il martirio lo stesso grado di gloria ma tuttavia ciascuno si mostri degno di tanto onore con le buone opere. Dio, pieno di bontà, è sempre pronto a concedere il martirio ai suoi servi, che lo desiderano, o, senza il martirio a concedere ad essi la ricompensa che da ai suoi martiri" (San Giov. Crisostomo, Sui Martiri, l. IlI, c. i).

 

San Martino I.

Ieri celebravamo la festa dell'apostolo delle Gallie, che "amava tanto Cristo Re e non temeva le potenze del mondo" e benedicevamo la sua "anima, che la spada del persecutore non poté separare dal corpo, ma non fu tuttavia priva della palma del martire" (Antifona del Magnificat dei II Vespri). La Chiesa aveva finalmente la tranquillità e, se nelle campagne il paganesimo resisteva e i pagani si mostravano ostili, per difendere gli dei minacciati dagli apostoli del cristianesimo, il tempo delle persecuzioni era ormai finito.

La parola di san Paolo però è sempre vera: "Chi vuoi vivere piamente per il Cristo deve prepararsi a subire la persecuzione" (2Tm 3,12). La Chiesa ebbe sempre, ha ed avrà sempre i suoi martiri, perché Satana non ammette la sua sconfitta ed arma i suoi partigiani contro quelli che demoliscono il suo malvagio impero. "Martino primo, dice il Baronio, fu più fortunato di tutti i suoi predecessori, perché eletto dopo Costantino, ma giudicato degno di soffrire più di loro per il nome di Cristo, ebbe la buona ventura di trovare Decio e Diocleziano in un principe battezzato" (Annali, anno 651).

 

L'imperatore Costanzo II.

Il paganesimo non è l'unico pericolo che la Chiesa debba temere: l'eresia è forse un pericolo più grave, perché più sottile e più subdola. Agli imperatori pagani, che pretendevano imporre ai sudditi l'adorazione di false divinità, erano succeduti imperatori che pretendevano imporre alla Chiesa delle decisioni dogmatiche. Alla metà del secolo VII Costanzo II sosteneva l'eresia monotelita, che negava le due nature, umane e divina, in Cristo, insegnando che in Cristo vi era un sola volontà, come vi è una sola persona.

Papa Martino primo, in un consesso di 500 vescovi, proclamò la verità cattolica trasmessa dagli apostoli, affermò con solenne definizione che in Cristo vi è una volontà umana, ma totalmente sottomessa alla volontà divina e che il Figlio di Maria Vergine è nostro fratello, per la integrità della natura umana, il più completo, il più perfetto, il più bello dei nostri fratelli, nostro Dio e Salvatore.

 

VITA. - Martino primo succedette a Papa Teodoro il 14 maggio 649. Toscano di origine, aveva esercitato le funzioni di apocrisario a Costantinopoli. La sede patriarcale era tenuta da Paolo, un intruso che professava il monotelismo, dottrina che pretendeva che in Cristo non vi fossero due volontà, ma una sola. Il 5 ottobre il Papa riunì un Concilio al Laterano e davanti a 500 vescovi condannò l'eresia monotelita. L'imperatore Costanze II non accettò le decisioni del Concilio, fece catturare il Papa che fu condotto a Costantinopoli, imprigionato, condannato a morte e trattato nel modo più crudele. Il Patriarca scismatico, temendo forse il giudizio di Dio, chiese all'imperatore che la sentenza non fosse eseguita e la pena fu commutata in detenzione a vita. Portato a Cherso in Crimea, vi morì, il 16 settembre del 655, in squallida miseria e dopo aver sopportato molte sofferenze. Il suo corpo fu deposto nella chiesa della città e poi portato a Roma dove riposa ora nella chiesa di S. Martino ai Monti.

 

Integrità della fede.

Con la Liturgia greca, o Pontefice santo, ti salutiamo come "la guida più illustre della dottrina ortodossa, l'infallibile e santo sostenitore dei dogmi divini, il vindice della verità contro l'errore. Ti riconosciamo come la colonna della fede ortodossa e il maestro della teologia; ti benediciamo per aver con la tua persona ornato il trono di Pietro e per aver conservato la Chiesa salda sulla roccia divina di Pietro e per aver conseguito la gloria eterna".

Tu che tanto hai sofferto nell'Oriente, ora separato da Roma da uno scisma funesto, degnati pregare per i nostri fratelli che ancora oggi affermano solennemente questo Primato del Pontefice romano, onde mettano la loro fede, la loro condotta in relazione a queste parole della loro antica liturgia.

 

Fiducia nella prova.

Nella gloria del cielo in cui sei, prega per tutti coloro che soffrono persecuzioni per la giustizia e la verità. Molti oggi, come te, provano l'esilio, le prigioni e i più duri tormenti. A quelli che particolarmente soffrono nel sapersi per sempre perduti per i loro parenti, come se già avessero lasciato questo mondo, ottieni grazie di rassegnazione e di pace, ricordando loro le parole che tu scrivesti: "Il Signore avrà cura del mio povero corpo come crederà. Perché mi debbo inquietare? Il Signore è vicino e io confido nella sua misericordia... ".

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1270-1273

 

 

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