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Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

 

19 NOVEMBRE

SANTA ELISABETTA D'UNGHERIA,
Duchessa di Turingia

 

Le famiglie dei santi.

Sebbene tutti gli eletti brillino in cielo di splendore proprio, Dio si compiace raggrupparli per famiglie, come avviene in natura per gli astri del cielo. Presiede a questo raggruppamento di costellazioni nel cielo dei santi la grazia, ma Dio pare talvolta volerci ricordare che natura e grazia lo hanno autore comune, e, invitandole ad onorarlo insieme nei suoi santi fa della santità un patrimonio augusto che, di generazione in generazione, si trasmette nei membri di una stessa famiglia della terra.

La stirpe regale di Ungheria occupa un posto di grandezza singolare fra queste stirpi benedette e il gioco delle alleanze consentì di portare a tutte le famiglie regali di Europa il prestigio di una santità conquistata da molti suoi figli.

Particolarmente illustre ed amabile è santa Elisabetta. Dopo Stefano, gli Emeric, i Ladislao, essa ci appare come armonia di grazia e di natura che rapisce, insieme con la figlia Gertrude di Turingia, la zia Edvige di Slesia, le cugine e nipoti e pronipoti Agnese di Boemia, Margherita di Ungheria, Cunegonda di Polonia ed Elisabetta del Portogallo.

 

Modello di virtù.

"È la gloria del suo popolo, scriveva Pio XI, la donna forte, par a quella che l'autore dei Proverbi colma di lodi e della quale si devono richiamare le splendide virtù" (Lettera di Pio XI Felix faustumque eventum del 10 maggio 1931). Dio ci presenta santa Elisabetta come un esempio perfetto di carità verso i piccoli e verso i poveri, di umiltà e di unione con Dio.

Già nell'infanzia trovava la sua delizia nel provvedere ai bisogni degli sventurati e, giunta all'età nella quale le era possibile disporre della sua fortuna, la pose a disposizione dei malati, che di persona si recava a curare nell'ospedale che aveva fondato, delle vedove e degli orfani, che visitava nei loro poveri tuguri.

Umilissima, fu la prima in Germania ad entrare nel Terz'Ordine di san Francesco e volle vivere povera, nell'esempio del serafico Padre, consentendo di essere spogliata di tutti i suoi beni, e continuò a vivere in un'umile capanna, quando i beni gli furono restituiti, per rassomigliare maggiormente a Gesù Cristo, fattosi povero per gli uomini.

Nella molteplicità delle sue opere di misericordia, e in mezzo alle molte prove, custodì l'anima sua intimamente unita a Dio per mezzo di una preghiera fervente. Meglio che a qualsiasi altro, la Liturgia può applicare a lei l'Antifona dell'Ufficio delle donne Sante: "Disprezzai i troni del mondo, per amore del mio Signore Gesù Cristo. Vedo Lui, amo Lui, ho scelto Lui e in Lui ho posto la mia fiducia".

 

VITA. - Figlia di Andrea II, re d'Ungheria, Elisabetta nacque nel 1207. A quattro anni andò alla corte di Turingia, ove sposò nel 1221 il langravio Luigi. Fu un matrimonio fortunato, perché il principe comprese benissimo la giovane sposa e la lasciò libera di praticare le sue devozioni e penitenze, aprendo volentieri la borsa alla sua inesauribile carità. Sposa e madre esemplare, soleva alzarsi la notte, per restare lunghe ore in orazione.

Cominciarono le prove con la partenza del duca Luigi per la Crociata. Ebbe presto notizia della sua morte (1327) e poi il fratello del langravio, Enrico Raspan, fece man bassa degli stati del defunto.

Cacciata dalla sua casa con quattro bambini, dei quali il più piccolo aveva appena qualche mese, senza risorsa alcuna, in pieno inverno dovette cercare un alloggio che il cognato proibiva agli abitanti di darle. Conobbe in quel tempo la miseria più nera e fu felice di ottenere per ricovero una stalla.

Gli fu poi restituita la sua fortuna, ma preferì restare fra i suoi poveri e in mezzo ad essi, in una casetta di paglia e fango. Morì, il 17 novembre 1231, in età di 24 anni. Quattro anni dopo, Gregorio IX la canonizzava e il suo culto si è esteso a tutta la Chiesa.

 

Preghiera.

Salendo al cielo, quale insegnamento lasci alla terra, o santa Elisabetta! Chiediamo, con la Chiesa, per noi e per i nostri fratelli di fede, che le tue preghiere possano ottenere da Dio misericordioso che i nostri cuori si aprano alla luce degli insegnamenti della tua vita e disprezzino la felicità del mondo, per apprezzare solo le consolazioni celesti. Il Vangelo, in tuo onore, oggi ci ricorda: Il regno dei cieli è simile ad un tesoro nascosto, a una perla inestimabile, che l'uomo saggio e avveduto acquista, vendendo tutto quello che possiede, per assicurarsi il tesoro o la perla. Buon affare, che tu hai apprezzato, assicura l'Epistola, e che attorno a te costituì la fortuna di tutti; dei tuoi sudditi felici, per i quali fu aiuto al corpo e sollievo all'anima: del tuo sposo, che per merito tuo sedette fra i principi che seppero cambiare una corona peritura con la corona eterna; di tutti i tuoi infine, perché per essi sei la gloria più bella e molti di essi ti seguirono così da vicino sul cammino delle rinunce che portano al ciclo. Intercedi per il tuo sventurato paese, che oggi subisce una persecuzione atroce. Dà a tutti i sacerdoti e ai fedeli la grazia di seguire l'esempio e di raccogliere i frutti del sacrificio del suo primo pastore e di restare fedeli alla fede cattolica, apostolica, romana. La tua preghiera abbia la potenza di ottenere dal cuore di Dio che i giorni della prova siano abbreviati e che l'Ungheria, liberata da tutti i suoi nemici, riveda i giorni belli della sua storia passata e inoltre che "la Germania, essa pure tanto provata, impari che solo dalla carità di Cristo si deve attendere la salvezza delle nazioni" (Lettera di Pio XI Felix faustumque eventum del 10 maggio 1931).

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1293-1295

 

 

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