UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

 

4 GENNAIO

 

Terminiamo oggi gli otto giorni [1] consacrati a onorare la memoria dei beati fanciulli di Betlemme. Siano rese grazie a Dio che ce li ha dati quali intercessori e modelli! Il loro nome non comparirà più nel Ciclo, fino al ritorno delle solennità della Nascita dell'Emmanuele: tributiamo dunque ad essi oggi un ultimo omaggio.

La santa Chiesa che, nel giorno della loro festa, ha rivestito nei suoi paramenti sacri un colore di lutto, in considerazione dei dolori di Rachele, riprende, in questo giorno dell'Ottava, la porpora dei Martiri, con la quale vuole onorare coloro che hanno il vanto di esserne quasi le primizie. Ma la Chiesa non cessa per questo di commuoversi sulla desolazione delle madri che hanno visto uccidere fra le loro braccia i bimbi che allattavano. A Mattutino, essa legge il seguente drammatico brano d'un antico Sermone attribuito un tempo a sant'Agostino.

"Il Signore è appena nato, che comincia un gran duolo, non in cielo ma sulla terra. Le madri si lamentano, gli Angeli trionfano, i bambini sono portati via. È nato un Dio: occorrono vittime innocenti a Colui che viene a condannare la malizia del mondo. Bisogna immolare degli agnelli, poiché è venuto l'Agnello che toglie il peccato e che deve essere crocifisso. Ma le pecore, le loro madri, mandano grandi grida, perché perdono i loro agnelli prima ancora che essi possano far sentire il proprio belato. Crudele martirio! La spada è usata senza motivo; solo la gelosia è infuriata, e Colui che è nato non usa violenza a nessuno.

Ma consideriamo le madri che si lamentano sui loro agnelli. In Rama è risonata una voce, con pianti e lamenti perché si toglie loro un deposito che non hanno soltanto ricevuto, ma generato. La natura, che era contraria al loro martirio, di fronte al tiranno testimoniava abbastanza la sua potenza. La madre si tirava e si strappava i capelli dal capo perché ne aveva perduto l'ornamento nei propri figli. Quanti sforzi per nascondere quel bambino! E il bambino stesso si tradiva. Non avendo ancora imparato a temere, non sapeva trattenere la voce. La madre e il carnefice lottavano insieme: questi strappava il bambino, quella lo tratteneva. La madre gridava al carnefice: 'Perché separi da me quello che da me è nato? Il mio seno l'ha generato: avrà dunque succhiato invano il mio latte? Io portavo con tante attenzioni quello che la tua mano crudele strappa con tanta violenza! Appena le mie viscere l'hanno prodotto tu lo schiacci contro la terra'.

Un'altra madre gridava perché il soldato si rifiutava di immolarla insieme con il figlio: 'Perché mi lasci priva del mio bambino? Se un delitto è stato commesso, io ne sono colpevole: fa' morire anche me, libera una povera mamma'. Un'altra diceva: 'Che cercate? Voi ce l'avete con uno solo, e ne uccidete tanti, senza poter con questo raggiungere l'unico che cercate'. Un'altra ancora: 'Vieni, o Salvatore del mondo: fino a quando ti lascerai cercare? Tu non temi alcuno: che il soldato ti veda, e lasci la vita ai nostri figli'. Cosi si fondevano i lamenti delle madri; e il sacrificio dei piccoli innocenti saliva fino al cielo".

Tra i bambini cosi crudelmente immolati dall'età di due anni in giù, alcuni dovettero appartenere ai pastori di Betlemme che erano venuti, chiamati dall'Angelo, per riconoscere e adorare il Neonato nella mangiatoia. I primi adoratori del Verbo incarnato dopo Maria e Giuseppe, offrirono così il sacrificio di ciò che avevano di più caro al Signore che li aveva scelti. Sapevano a quale Bambino i loro bambini stessi erano sacrificati, ed erano santamente fieri della nuova distinzione che veniva a raggiungerli in mezzo al loro popolo.

Tuttavia Erode, come tutti i politici che fanno la guerra a Cristo e alla sua Chiesa, fu deluso nei suoi progetti. Il suo editto di carneficina abbracciava Betlemme e tutti i dintorni; coinvolgeva tutti i bambini di quella contrada, dalla nascita fino all'età di due anni; e malgrado questa feroce precauzione, il Bambino tanto ricercato sfuggiva alla spada e fuggiva in Egitto. Il colpo era dunque fallito come sempre; e inoltre, a dispetto del tiranno, la Chiesa del cielo non avrebbe tardato a ricevere nell'esultanza nuovi protettori per quella della terra.

Il neonato Re dei Giudei che la gelosia di Erode perseguitava, non era dunque che un Bambino, senza armate e senza soldati; e tuttavia Erode tremava davanti a lui. Un segreto istinto gli rivelava, come a tutti i tiranni della Chiesa, che quella apparente debolezza nascondeva una invincibile forza; ma si ingannava, come tutti i suoi successori, cercando di lottare con la spada contro la potenza dello Spirito. Il Bambino di Betlemme non è ancor giunto al termine della sua apparente debolezza: fugge davanti al tiranno; più tardi, quando sarà un uomo, resterà sotto i colpi dei suoi nemici: lo si affiggerà alla croce infame, fra i due ladroni; ma proprio in quel giorno un governatore romano proclamerà in un'iscrizione stilata di suo pugno: Questi è il Re dei Giudei. Pilato darà a Cristo, in maniera ufficiale, il titolo che fa impallidire Erode; e malgrado le istanze dei nemici del Salvatore, esclamerà: Quello che ho scritto ho scritto. Gesù sul legno della croce, unirà al proprio trionfo uno dei compagni del suo supplizio: oggi, nelle sua culla, chiama dei bambini a condividere la sua gloria.

Noi vi lasciamo oggi, o fiori dei Martiri, ma la vostra protezione resta su di noi. In tutto il corso di quest'anno della sacra Liturgia, voi veglierete su di noi, parlerete per noi all'Agnello di cui siete i fedeli amici. Noi poniamo sotto la vostra custodia i frutti che le anime nostre hanno prodotti in questi giorni di grazia. Siamo diventati bambini con Gesù; ricominceremo con lui la nostra vita: pregate, affinché cresciamo come lui in età e in sapienza, davanti a Dio e davanti agli uomini. Con la vostra intercessione assicurateci la perseveranza; e conservate quindi in noi la semplicità cristiana che è la virtù dei figli di Cristo. Voi siete innocenti, e noi siamo colpevoli; amateci tuttavia di un amore fraterno. Voi foste sacrificati all'alba della Legge di Grazia; noi siamo i figli di questi ultimi tempi nei quali il mondo indurito ha lasciato raffreddare la Carità. Tendete verso di noi le vostre palme vittoriose, sorridete alle nostre battaglie, fate che presto il nostro pentimento ottenga la corona che vi fu concessa con divina munificenza.

Fanciulli Martiri, ricordate le giovani generazioni che sorgono ora sulla terra. Nella gloria alla quale siete giunti prima dell'età matura, non dimenticherete i bambini. Questi teneri rampolli della razza umana dormono anch'essi nella loro innocenza. La grazia del Battesimo è intatta in essi, e le loro anime pure riflettono come uno specchio la santità del Dio che abita in essi con la sua grazia. Purtroppo tanti pericoli attendono questi neonati; molti fra essi saranno contaminati; le loro sacre vesti senza macchia perderanno forse subito quel candore di cui risplendono. La corruzione del cuore e della mente li infetterà; e chi potrà sottrarli a tanti spaventosi influssi? La voce delle madri risuona ancora in Rama; Rachele cristiana piange i suoi figli immolati, e nulla può consolarla per la perdita delle loro anime. Innocenti vittime di Cristo, pregate per i bambini. Fate che abbiano tempi migliori, e che possano un giorno entrare nella vita senza dover temere di incontrarvi la morte fin dai loro primi passi.

 


[1] Vedi nota posta al 2 gennaio.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 198-201

 

 

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