UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

 

MERCOLEDÌ DI SETTUAGESIMA

 

La condanna.

I colpevoli compaiono dinanzi al sovrano Signore che hanno oltraggiato. Ma lungi dal dichiarare il proprio errore, s'incolpano a vicenda. Ciò nonostante, la giustizia divina farà il suo corso, e la sua sentenza si farà sentire fino alla più lontana posterità. Il delitto era stato commesso da due esseri arricchiti d'ogni dono di natura e di grazia. In loro l'inclinazione verso il male, l'ignoranza e la dissipazione che ottenebrano l'intelligenza dell'uomo decaduto, prima non esisteva; un eccesso d'ingratitudine li aveva dunque inabissati nel male. Essi avrebbero potuto salvarsi subito con la fuga: invece esitarono. Poi a poco a poco scemò nella loro coscienza l'atrocità della colpa; cominciarono a presumere di sé, nel loro interesse; finalmente, sostituendo l'amor proprio a quello dovuto a Dio, dichiararono la propria indipendenza.

Ma il Signore ebbe compassione, a causa della loro discendenza. Nello stesso istante che gli angeli furono creati furono soggetti alla prova che sarebbe stata la condizione della loro eterna felicità; ciascuno di loro ebbe modo di scegliere, o la fedeltà o la ribellione. Una fatale maledizione peserà eternamente su quelli che si schiereranno contro Dio, mentre la divina misericordia è stata prodiga nel risplendere sull'intera umanità, rappresentata nei due progenitori e da loro trascinata nell'abisso della riprovazione.

Una triplice sentenza esce dalla bocca di Dio; ma la più terribile è rivolta al serpente, già da Lui maledetto. Difatti lo stesso perdono che promette all'umanità, quel giorno, sarà annunciato in forma di anatèma contro lo spirito perverso, che osò mettersi contro lo stesso Dio nell'opera sua.

 

La promessa.

"Porrò inimicizia fra te e la donna, e lei ti schiaccerà la testa".

Questa è la vendetta di Dio sul suo nemico. Il trofeo di cui questi era sì fiero torna a sua infamia e ne proclama la disfatta. Nella sua astuzia, non aveva preso di mira prima l'uomo: aveva preferito misurarsi con un essere credulo e debole com'è la donna, ripromettendosi, ahimé! a ragione, che una compiacenza troppo tenera avrebbe poi indotto anche l'uomo a tradire Dio.

Ma ecco che proprio nel cuore della donna il Signore suscita un odio implacabile contro l'universale nemico. Invano il serpente alzerà la sua superba testa per ottenere l'adorazione degli uomini; verrà il giorno che il calcagno d'una Donna gli schiaccerà la testa che non volle chinarsi davanti a Dio. Questa figlia d'Eva, che tutti i popoli chiameranno beata, sarà raffigurata lungo i secoli da altre donne, tutte famose per la vittoria sul serpente: Debora, Giuditta, Ester. La seguiranno fino alla fine dei tempi una teoria di vergini e di spose cristiane che, proprio nella loro debolezza, si mostreranno le più ammirevoli ausiliatrici di Dio: "Il marito non credente sarà santificato per mezzo della donna credente" (1Cor 7,14).

Così Dio annienterà la superbia del serpente. Quanto ad Adamo ed Eva, prima di condannarli alla sentenza meritata, volle far risplendere la sua clemenza verso la posterità, e far rifulgere nei loro cuori un raggio di speranza.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 434-436

 

 

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