UNA VOCE VENETIA

Messe latine antiche nelle Venezie

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Liturgia, ignoranza, barbarie

di Dante Pastorelli

 

Apprendo da "La Nazione" che il presidente dell'Opera primaziale Pisana ha annunciato, giorni addietro, che è in atto un "intervento di portata storica e di eccezionale rilevanza artistica, grazie al quale (notate la modestia!) questo inizio di millennio sarà ricordato nei secoli a venire".

Trattasi della realizzazione di un nuovo ambone e di un nuovo altare nella cattedrale, perché, a parere dell'illustre personaggio di cui sopra, l'antico presbiterio impedirebbe ai fedeli una conveniente partecipazione alla "nuova" liturgia. Per adeguarsi alla quale, dunque, è lecito deturpare, sfregiare in modo irrimediabile l'armonia architettonica originaria, stravolgere la superba concezione e la precisa destinazione di un edificio insigne che l'intero mondo ci invidia ed è meta di milioni di visitatori estasiati. Il tutto con la benedizione del vescovo locale.

Siamo davanti a uno degli innumerevoli esempi del disastroso effetto, in campo artistico, delle nefaste riforme postconciliari che continuano a incoraggiare i nuovi barbari in tonaca, nera o rossa, e in abito blu, a devastare in tutta Italia un patrimonio d'inestimabile valore, massima risorsa finanziaria del nostro Paese, per giunta; un patrimonio che la genialità creatrice di eccelsi maestri, la pietà dei fedeli, l'illuminata munificenza dei "signori" e dei ricchi mecenati ci han trasmesso per due millenni affinché lo custodissimo gelosamente a perenne testimonianza di amore, di fede, di civiltà.

Al centro di questa civiltà fu sempre la Chiesa che ci ha consegnato il mondo classico da lei sottratto alle invasioni germaniche, e che, fattasi protettrice di artisti, eresse dovunque monumenti immortali.

Ma col nuovo corso "conciliare" la Chiesa (intesa come "uomini di Chiesa"), rinnegando la sua storia, si è abbandonata a una follia distruttrice senza precedenti a memoria d'uomo.

La cattedrale di Pisa, che non è un tempio qualsiasi, fu realizzata in un lungo arco di tempo. Iniziata nel 1064, la sua costruzione non era compiuta quando avvenne la consacrazione a opera di papa Gelasio II nel 1118. L'impianto generale, che evoca la spazialità delle grandi basiliche romane è del Buschetto, il Rainanldo, poi, con l'aiuto dello scrittore Guglielmo, completò "la fabbrica" impostando la nuova facciata e aggiungendovi altri sontuosi e complessi elementi, taluni d'influenza islamica, articolandola sapientemente in una visione "moderna" dell'architettura.

Gli storici dell'arte sono unanimi nel definirla come il più significante e normativo edificio romanico in Toscana. "Normativo" perché dettò la "norma", il canone a cui poi si attennero molti altri architetti. A questa "norma" si adeguarono il Battistero e la Torre campanaria (pendente), attribuendo alla Piazza dei Miracoli lo stupendo assetto ancora intatto nel suo fascino. Va rimarcato che S. Martino, S. Michele, S. Frediano in Lucca e il duomo di Pistoia, ad esempio, non sarebbero nati senza la cattedrale pisana.

Ed ecco che sinistri "riformatori", laici ed ecclesiastici, fanno scempio d'un capolavoro d'incomparabile bellezza con un intervento di "lifting" (epocale!), di cui nessuno avvertiva la necessità (e su cui pesa in partenza la spada di Damocle del "rigetto" da parte di Dio e degli uomini), nel momento in cui, paradossale concomitanza che è già una condanna, il card. Ratzinger, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, pubblica il volume Introduzione allo spirito della liturgia per i tipi dell'editrice S. Paolo.

Facendo sue le conclusioni di studiosi veramente seri, prove inconfutabili (e mai confutate) alla mano, Ratzinger dimostra che lo strombazzato ritorno alle usanze d'una Chiesa primitiva che esiste solo nella mente obnubilata dei progressisti, è privo d'ogni fondamento teologico, liturgico, storico, architettonico. Insomma, dice chiaramente il cardinale, la riforma poggia solo sull'ignoranza. Mai la santa messa fu celebrata da un ministro volgente le spalle alla croce e al tabernacolo: sempre il sacerdote "guidò" il popolo all'azione eucaristica con lo sguardo alla croce posta in alto, sull'altare. Mai l'altare fu una "mensa", che presuppone un convito (la cena protestante: si legga l'enciclica Mediator Dei di Pio XII) ma sempre un'ara sulla quale si offre un sacrificio: il sacrificio per eccellenza, quello di Cristo immolatosi per la salvezza dell'umanità. Alla luce di questa così autorevole resipiscenza, che ormai è comune ai cardinali e ai vescovi intellettualmente più onesti, alla luce dell'invito a tornare a utilizzare gli antichi altari a muro, lì dove ancora esistono previa eliminazione degli orripilanti tavolini di legno o pietra, si staglia in un alone più fosco e grottesco l'insensatezza dell'oltraggio all'arte religiosa, all'arte tout-court, e alla religione stessa, che si sta perpetrando impunemente nella cattedrale di Pisa.

 

da "Una Voce Notiziario" (Via Giulia 167, 00186 Roma) n° 3 NS, 2001, pp. 6-7

 

 

 

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Inserito il 21 dicembre 2002

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