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Messe latine antiche nelle Venezie 
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La speranza di Accattoli

Luigi Accattoli, sul Corriere del 23 ottobre, commentando le proposizioni presentate dal Sinodo al Papa, sostiene che il Sinodo avrebbe chiuso la questione della liberalizzazione della messa antica, frustrando le aspettative di questi ultimi mesi. Per questo Accattoli canta vittoria, e probabilmente esprime il sentire di quei circoli ecclesiastici che non hanno nessun interesse che qualcosa cambi. In realtà il Sinodo non ha detto nulla a proposito del vecchio rito, la questione non è stata trattata nel corso dei lavori se non in maniera assai limitata. Il Sinodo ha solo funzione consultiva, mentre l'atto che si attende  è comunque un atto del Papa ed Egli può ancora compierlo. Il Sinodo ha taciuto, ma tacere non significa di per sé essere contro. Del resto il Sinodo si è espresso contro gli abusi della riforma liturgica e ne ha indicato dei rimedi. Dare la libertà alla messa tridentina riconoscendola come un rito ammesso nella Chiesa va nello stesso senso: non è corretto prospettarlo come "controriforma", in questa prospettiva esso si pone accanto al rito riformato, non in alternativa. Ma Accattoli legge le proposte contro gli abusi liturgici come una mera formalità, qualcosa che resterà solo parole scritte sulla carta e non verrà mai attuato. Sarà veramente così? Benedetto XVI lascerà tutto com'è, non farà niente di concreto?  Per Accattoli deve essere così, il Papa non deve disturbare, il pontificato appena cominciato è come fosse già finito. Non è questa la speranza di Accattoli e di coloro il cui pensiero egli esprime?

Una Voce Venetia

 

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Rassegna stampa

Il Sinodo non cambia la messa
"La riforma del Concilio è viva"

Rese pubbliche le 50 proposizioni finali: stop ai tradizionalisti.
Ribaditi i no su sacramenti ai risposati e matrimonio ai preti

 

CITTÀ DEL VATICANO - L'affermazione più importante del Sinodo dei vescovi, che chiude oggi, è contenuta nella seconda delle 50 proposizioni votate ieri: "L'Assemblea sinodale ha ricordato con gratitudine il benefico influsso che la riforma liturgica attuata a partire dal Vaticano II ha avuto per la vita della Chiesa. Essa ha messo in evidenza la bellezza dell'azione eucaristica che splende nel rito liturgico".

Non ci sarà dunque - con papa Benedetto XVI - una controriforma liturgica, come chiedono i "tradizionalisti" alla Lefebvre e come si poteva immaginare sulla base di qualche affermazione del cardinale Ratzinger, che aveva lodato il latino e difeso il vecchio rito, sollevando obiezioni agli altari girati verso il popolo e alla croce posta da un lato.

Già lo stesso cardinale Ratzinger aveva precisato più volte che non chiedeva "una nuova riforma", perché "il continuo cambiamento non giova". Eletto papa si era poi visto che faceva sua la "liturgia papale" del predecessore.

Arriva ora il pronunciamento sinodale, che sgombra il campo da ipotesi nostalgiche. Perché si poteva immaginare che gli ambienti episcopali dubbiosi sulla riforma ora avessero la possibilità di farsi sentire: e infatti in Sinodo ci sono stati una ventina di interventi sugli "abusi liturgici", sulla comunione in bocca invece che sulla mano, sui tabernacoli da riporre al centro e sugli altari e il resto, ma di tali lamentazioni ben poco è entrato nelle "proposizioni". Vuol dire che la grande maggioranza dei vescovi non intende tornare indietro e incoraggia il Papa a tenere fede alla riforma di Paolo VI, correggendone gli "abusi" applicativi, ma senza pentimenti sostanziali.

La preposizione n. 2, già citata, afferma ancora: "Abusi si sono verificati nel passato, non mancano neppure oggi anche se sono alquanto diminuiti. Tuttavia simili episodi non possono oscurare la bontà e la validità della riforma, che contiene ricchezze ancora non pienamente esplorate".

Una proposizione (la n. 6) invita a "mantenere e promuovere" l'"adorazione eucaristica", che i riformatori avevano trascurato. Un'altra (n. 28) chiede che il tabernacolo abbia una collocazione "nobile, di riguardo, ben visibile"; una terza (n. 36) propone che negli incontri internazionali si celebri in latino e si usi il gregoriano e i nuovi sacerdoti vengano preparati all'uno e all'altro.

Ma non c'è nessun passaggio che tenda la mano ai tradizionalisti. Si è avuta anzi notizia, proprio in questi giorni del Sinodo (ne ha parlato ieri Il Giornale), che il cardinale Francis Arinze, prefetto della Congregazione per il culto, avrebbe mandato al Papa un "parere" contrario alla "liberalizzazione" del vecchio rito, che è chiesta dai lefebvriani,

Come già era chiaro dalle indiscrezioni dei giorni scorsi, il Sinodo non propone alcuna innovazione dottrinale o pratica, se si esclude la sollecitazione a una via più larga per il riconoscimento delle nullità matrimoniali: "Sia fatto ogni sforzo per assicurare il carattere pastorale dei tribunali", tenendo conto del "contesto di profonda trasformazione antropologica del nostro tempo (proposizione n. 40).

Non sono state date indicazioni nuove né per l'ordinazione di uomini sposati né per la possibilità di celebrare assieme ai "fratelli separati" (intercomunione) né per la comunione ai divorziati risposati. Il "messaggio" pubblicato ieri dedica loro un passaggio accorato, che fa riferimento al loro "dolore" e alla loro "frustrazione", avvertendoli che "non sono esclusi dalla vita della Chiesa".

Secondo tradizione il messaggio inizia con "cari fratelli e sorelle", disattendendo la proposta avanzata da un vescovo africano l'altro ieri, di mettere le donne prima degli uomini.

Un Sinodo senza proposte nuove, ma con due novità procedurali: l'ora di discussione libera e la pubblicazione delle "proposizioni finali", che dopo gli altri Sinodi restavano "riservate". perché "consegnate al Papa". Due novità decise personalmente da Benedetto XVI.

Luigi Accattoli

 

da "Corriere della Sera", 23 ottobre 2005
www.corriere.it

 

 

 

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