Messe latine antiche nelle Venezie
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Segreti curiali

Ci è stato detto che questo pezzo non firmato, apparso sul Giornale di Vicenza del 10 gennaio 2005, è stato redatto da un sacerdote della diocesi, che collabora abitualmente con il quotidiano. Il fatto non meraviglia, anzi contribuisce forse a spiegare alcune cose. L'udienza del Vescovo è avvenuta il 5 gennaio, da parte di Una Voce non è stata data nessuna notizia per vari giorni, e poi solo che vi era stata l'udienza (www.unavoce-ve.it/01-05-6.htm). Questo per rispettare una esplicita richiesta di discrezione fatta dal Vescovo. Come mai Il Giornale di Vicenza - che non ha contattato mai i rappresentanti dei firmatari - il giorno 10 scriveva già, pur asserendo di ignorarli, particolari che erano stati toccati nel corso dell'udienza? Addirittura, se si confronta la chiusa dell'articolo con la lettera di risposta - negativa - di mons. Nosiglia, datata 1° marzo 2005, si ha l'impressione che l'articolista già conoscesse quale sarebbe stata la risposta. La decisione, quindi, era già presa in gennaio, forse dall'udienza stessa, o già da prima. Forse i muri della curia a Vicenza hanno le orecchie? Non indaghiamo. Certo qualcuno potrebbe pensare che è inutile chiedere discrezione, quando discrezione non c'è... Comunque nell'articolo ci sono anche gravi inesattezze. Far credere che il c.d. indulto fosse applicabile solo ai seguaci di mons. Lefebvre "pentiti" è una vecchia balla messa in giro a suo tempo dal card. Noè negli ambienti dei peggiori nemici della messa presso la Curia romana, è contro la realtà dei fatti, il testo dei documenti, ed è stata smentita da chiare dichiarazioni di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI da cardinale e del card. Castrillón Hoyos. L'affermazione "L'indulto risale al 1984 ma non ebbe seguito perché Lefebvre continuò per la sua strada e quattro anni dopo, nel 1988, venne scomunicato" è assolutamente falsa, nel 1988 le disposizioni del 1984 furono confermate dal Motu proprio Ecclesia Dei, che ne chiedeva anzi la ampia e generosa applicazione da parte dei vescovi. Anche la messa latina antica con il messale ed. 1962, quindi, è in piena sintonia con le disposizioni della Chiesa, al pari della "messa nuova" in lingua latina. Sarebbe interessante andare a vedere come viene celebrata questa "messa in latino" alla chiesa di S. Vincenzo, verificare "la piena sintonia con le disposizioni della Chiesa", riscontrare quanta parte di essa è veramente in latino. Ma la tarda età e il rispetto per il "coltissimo"celebrante consiglia che forse è meglio non vedere... A proposito di coltissimi, san Pio V ha emanato il suo messale non nel 1568, ma il 14 luglio 1570.

Fabio Marino

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Rassegna stampa

L'iniziativa. Sono state raccolte settecento firme per ripristinare il rito antico secondo il messale di San Pio V, ma la curia ha preso tempo

Messa in latino, un incontro "segreto"
in vescovado

Nulla per il momento trapela sull'esito della riunione tra i promotori e il vescovo Cesare Nosiglia

 

Che sia tanta la voglia di una messa in latino non si può dire visto che le firme raccolte sono 700. Ma che ci sia è innegabile, visto che mercoledì è stata oggetto di un incontro tra il vescovo mons. Cesare Nosiglia e una delegazione di quattro rappresentanti guidati da Massimo Bisson.

Ma non della messa celebrata in latino secondo il messale e il rito riformato da papa Paolo VI in base alle indicazioni del Concilio Vaticano II ma della messa in latino celebrata in assoluta fedeltà al messale "vecchio", quello emanato dal papa San Pio V nel 1568. La "messa nuova" in lingua latina è di casa anche a Vicenza: ne viene celebrata una ogni domenica e ogni festa nella chiesa cittadina di San Vincenzo e ad officiarla è il coltissimo mons. Giulio Cattin, che certamente non può essere definito un nostalgico o un conservatore. Tutto questo in piena sintonia con le disposizioni della Chiesa.

Ma Massimo Bisson e i tre accompagnatori hanno chiesto al vescovo di essere autorizzati ad avere la "messa vecchia" in latino secondo il messale di San Pio V, il libro liturgico fondamentale che venne emanato in seguito alle delibere del Concilio di Trento. Nulla di quello che è stato detto fra vescovo e delegati desiderosi della "messa vecchia" è trapelato: un riserbo particolare è stato osservato da parte dello stesso mons. Nosiglia e degli ambienti della curia. Comunque alcune considerazioni possono essere fatte. Prima di tutto che si è trattato di un incontro di marca pastorale con i protagonisti in atteggiamento di reciproco rispetto: il Pastore ha ascoltato un gruppo di fedeli che gli hanno illustrato la richiesta. Nessuna scissione o minaccia di separazione o appendice dell'"eresia" dello scisma di mons. Lefebvre. Bisson e delegati certamente avranno fatto riferimento a quell'indulto vaticano con il quale, per far rientrare la disobbedienza di mons. Lefebvre, l'attuale pontefice Giovanni Paolo II concedeva la celebrazione della messa secondo i canoni del messale di san Pio V. L'indulto risale al 1984 ma non ebbe seguito perché Lefebvre continuò per la sua strada e quattro anni dopo, nel 1988, venne scomunicato.

È facile immaginare una risposta prudente, articolata e provvisoria da parte di mons. Nosiglia che conosce certamente l'indulto che abbiamo citato, e la differenza fra la messa in latino e la "messa vecchia" cioè secondo i canoni post tridentini. E avrà fatto presente quella che è soltanto una regola aurea dal punto di vista pastorale, e cioè la preservazione del bene generale della Chiesa. Un valore che guarda all'intero popolo di Dio che ha la precedenza assoluta sul bene particolare che risponde ai desideri di un gruppo di fedeli.

 

da "Il Giornale di Vicenza", 10 gennaio 2005

 

 

 

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Messa latina antica a Vicenza

 

 

 

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