Messe latine antiche nelle Venezie
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Canti troppo
sacri, il prete
caccia il coro

A SAN PAOLO. La formazione partecipava da 30 anni all’animazione liturgica delle celebrazioni più importanti, ma negli ultimi anni i problemi. Il parroco: "Ho chiesto di fare generi più popolari per la messa"

 

Vicenza. L'ultima messa a cui hanno cantato è stata quella del 21 febbraio, la prima di Quaresima. Poi basta. Niente triduo, niente Pasqua di Resurrezione. Niente più Gloria di Charles Gounod. Niente più Laudamus te, benedicimus te, adoramus te, quattro voci in do maggiore. Niente più Mozart. Niente più Adoramus te Criste Stabat Mater. Niente più prove nella chiesa di San Paolo, via Carducci, cuore del quartiere Italia, dove risiedono pure la società di San Paolo con una decina di religiosi e le Pie Discepole del Divin Maestro che aiutano nell'animazione liturgica. "Non siamo più stati messi nelle condizioni di cantare", dice il direttore Luigi Ceola, che abita a Isola Vicentina e guida il coro parrocchiale da 15 anni. "Invitati a cambiare repertorio - spiega - a scegliere canti più popolari, che coinvolgessero tutta l'assemblea". "Cacciati in pratica", dicono i coristi.

Il coro parrocchiale di San Paolo, voci adulte maschili e femminili, canta da 30 anni nelle celebrazioni più importanti della chiesa, un gruppetto di mezza età, animati anche dalla voglia di stare insieme. Hanno sempre cantato, una volta al mese e sempre nelle feste più importanti, come Natale, l'ultima cena, il venerdì santo, Pasqua. Musica sacra, impegnativa, latino. Più da ascoltare che non da seguire con le parole. Era sempre stato così: prima con mons. Antonio Corrà oggi parroco a Cologna Veneta, poi con don Flavio Lista, che ora è parroco a Isola. Quattro anni fa è arrivato don Luca Trentin, classe 1961, per cinque anni era stato in missione in Brasile.

Un prete con le sue idee, uno "tosto", uno di quelli che insieme ad altri sacerdoti della Diocesi non si era certo tirato indietro nell'esprimere la sua posizione contro il Dal Molin, tanto per dirne una. In parrocchia c'è chi non esita a chiamarlo il prete dei "No".

Anche in fatto di musica. Sono seguiti recenti confronti, conditi da carteggi, anche lettere anonime, assemblee. Il parroco, supportato dal consiglio pastorale, racconta di aver sollecitato il responsabile del coro a comprendere il valore del coinvolgimento della comunità anche attraverso i canti, chiedendogli di frequentare i corsi diocesani di formazione per i cori, uno dei quali l'anno scorso tenuto proprio a San Paolo, facendo presente l'utilità di accordarsi su canti validi da imparare e cantare poi in tutte le messe. "Ha rifiutato l'invito - dice - dicendo che sapeva già di cosa parlavano".

Il direttore chiede se c'è proprio bisogno di modificare il repertorio del coro, considerando che non è presente a tutte le messe, con il rischio così di abbandonare un patrimonio consolidato, "che dovrà essere sostituito e quindi dimenticato", ricominciando da zero. Un corista, A.B. dice di soffrire per la situazione. Scrive che all'inizio il coro "è stato in qualche modo accettato dal 'giovane' parroco, poi sopportato e ultimamente non più desiderato perché gli non piace il canto sacro tradizionale". Conclusione: il coro ha lasciato l'attività a San Paolo, non farà più le prove in chiesa. E non si sa il suo destino.

"Per ora rimango in contatto con il gruppo", dice il direttore. Domenica cantano alla messa delle 11 nel Duomo di Gallio. Altra diocesi. Più avanti si vedrà. Don Luca Trentin racconta di aver fatto diversi passi perché il coro continuasse a cantare. Ma sul punto di partenza era stato chiaro: l'obiettivo era di condurre ad una maggiore partecipazione alla messa dei fedeli. "Il coro però - afferma il parroco - ha preferito mantenere la propria identità, non ritrovandosi in quanto gli veniva chiesto, ha fatto altre scelte". Di fatto "ha continuato a cantare fino a prima di Pasqua, quindi per 4 anni anni con la mia presenza, le sollecitazioni ad un cambiamento d'impostazione coerente con le indicazioni liturgiche non li trovava d'accordo, in particolare il direttore. Richiamati a prendere una posizione, hanno optato per continuare come hanno sempre fatto, ma altrove". "L'animazione delle messe per ora continua come prima - risponde il parroco - tenendo comunque conto che il coro cantava solo alcune volte, in attesa di capire il loro orientamento. Una modalità più precisa verrà presa all'inizio del prossimo anno pastorale".

Luigi Ceola difende l'attività del coro "composto da parrocchiani cresciuti frequentando la chiesa e con l'idea che fosse indispensabile la presenza di un certo tipo di canto per solennizzare le feste". E ancora: "Per chi pensa che i testi in latino siano un problema, faccio notare che il repertorio proposto a livello diocesano per il prossimo convegno sui cori parrocchiali prevede la gran parte di canti con testo latino oltre che qualche melodia gregoriana". Poi allarga il ragionamento: "Il problema non è il repertorio del coro, è l'estrema passività dell'assemblea, non solo sul canto". E chiude: "Cambiare il repertorio, significa azzerare quello che c'è. Se ciò accadesse in tutte le chiese sarebbe un vero e proprio delitto contro la musica sacra vera. Sarebbe come togliere i quadri di Giotto o di Michelangelo dai muri delle basiliche". R.B.

 

da "Il Giornale di Vicenza", 11 maggio 2010
ilgiornaledivicenza.it

 

 

 

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