Rassegna stampa
Religione
"La bevanda di salvezza
e la messa in latino"
Complimenti a Sandro Sandoli "Messa in latino, 673 ci mettono la firma". Giornale alla mano, mi sono ricreduta sulla finora indubitata somiglianza fra l'oggettività giornalistica e l'araba fenice; ed un po' d'umorismo fine ed imparziale fa sempre bene, specie in un bigio venerdì mattina.
Ora consenta ad una dei 673 firmatari di spezzare una lancia in favore dell'80 per cento e passa di vicentini che non vanno a Messa la domenica. Io che ci vado, sento e vedo il celebrante che offre il calice con dentro il vino, "bevanda di salvezza". Salvezza spirituale per chi voglia intenderla così, però, per la verità, il Nuovo Rito non lo dice, limitandosi ad una generica salvezza.
Quando mia madre mi faceva trangugiare il tè di camomilla, era perché mi faceva bene, e quindi una bevanda di salvezza; e che un buon bicchiere di vino giovi allo stomaco, è verità biblica, perché lo dice san Paolo; e non parliamo del grappino al collo dei cani di san Bernardo, certo salvifico anche quello.
Per i credenti la "bevanda di salvezza" della messa è il Corpo e Sangue di Cristo, che morendo sulla croce ci fa partecipi della sua divinità. Se ci crediamo, perché non dirlo? Prima del 1970 lo si affermava esplicitamente all'offertorio di ogni Messa; dal 1970 in poi c'e il "potus spiritualis" del Nuovo Rito, che l'italiano rende "bevanda di salvezza" e l'inglese (tanto per fare un esempio) "spiritual drink", cioè "bevanda spirituale". Forse l'80 per cento dei vicentini che non si fanno vedere in chiesa sono persone intelligenti, che prendono il Nuovo Rito alla lettera e preferiscono altre bevande con dentro un po' di spirito e volte ad un altro genere di salvezza.
Luciana Cuppo
da "Il Giornale di Vicenza", 17 dicembre 2004
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