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Messe latine antiche nelle Venezie 
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LITURGIA LA RIVINCITA DEL PASSATO

Celebrano secondo 
l'antico rito. Hanno molti 
fedeli e nuove vocazioni. 
Così i seguaci dell'ala 
tradizionalista della 
Chiesa tornano a essere 
graditi in Vaticano 

di ALESSANDRA BORGHESE

Questione di identità. Parla il vescovo riabilitato dal Papa

Messa in latino: 
ora non fa più paura

 

Fino a pochi anni fa negli ambienti vaticani liberali e modernisti (allora la maggior parte della curia romana) erano più tollerati i musulmani dei cattolici tradizionalisti. Da qualche tempo il vento sta soffiando in un'altra direzione. E il prossimo 24 maggio nella basilica di Santa Maria Maggiore, a Roma, il cardinale Darío Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione del clero, celebrerà una funzione con il rito in latino.

Ma chi sono i tradizionalisti cattolici? Con la lettera apostolica Ecclesia Dei del 2 luglio 1988 Giovanni Paolo II creò una commissione (presieduta oggi dal cardinale Hoyos) con il compito di "far rispettare l'animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un'ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla sede apostolica, per l'uso del messale romano secondo l'edizione tipica del 1962". In realtà però le direttive del Papa non furono così seguite dai vescovi, alcuni arrivarono addirittura a negare la celebrazione latina nelle proprie diocesi. Ci fu chi sostenne che Ecclesia Dei fosse un'istituzione provvisoria e che si sarebbe spenta dopo poco tempo. Ma i fatti hanno provato il contrario, tanto che i movimenti tradizionalisti sono sempre più forti, godono di molte vocazioni e numerosi fedeli. Fuori da Ecclesia Dei e non in piena comunione con Roma ci sono altri tradizionalisti, come i seguaci di Marcel Lefebvre, una spina nel cuore per Giovanni Paolo II. L'atto scismatico risale al 1988, quando monsignor Lefebvre decise di procedere all'ordinazione di quattro vescovi senza l'autorizzazione del Papa. Atto che costò la scomunica a lui e ai suoi seguaci.

Che cosa pensano invece i tradizionalisti ancora in seno alla Chiesa della liturgia attuale? Perché vogliono dare le spalle al popolo? Perché tanto attaccamento al latino, che soltanto pochi possono comprendere? Don Filippo Mora, rettore del seminario dell'Istituto di Cristo Re Sommo sacerdote, unico istituto tradizionalista con sede generalizia in Italia, sostiene: "Senza polemiche, vorremmo avere il nostro spazio privilegiando il senso del sacro, del sacrificio e la tradizione di un rito concentrato sul tabernacolo, l'altare e la croce: espressione della Chiesa cattolica plurisecolare".

Indubbiamente l'ultima enciclica sull'eucaristia di Giovanni Paolo II ha ridato vigore e rigore al sacramento principe della Chiesa cattolica. Ed è stata molto apprezzata anche dagli ambienti tradizionalisti, che in essa hanno letto un richiamo all'ordine nella denuncia di un impoverimento generale delle celebrazioni. Così la messa del 24 maggio, più che un atto riconciliatore, è il desiderio di riacquistare la fiducia, dando il giusto spazio vitale a quei fratelli per troppo tempo messi in disparte. Lo stesso cardinale Castrillón Hoyos assicura di "garantire ai fedeli attaccati alla liturgia tradizionale il rispetto delle loro giuste aspirazioni". In Vaticano sanno bene che non basterà una messa solenne per liberalizzare i tradizionalisti, ma certamente servirà per smussare l'esagerata diffidenza che domina tra i vescovi.

 

da "Panorama", 22 maggio 2003

 

 

 

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