UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper
Guéranger

 

 

10 AGOSTO

SAN LORENZO, DIACONO E MARTIRE

 

La gloria di san Lorenzo.

La Chiesa romana, dice sant'Agostino, ci raccomanda questo giorno, veramente trionfale, in cui san Lorenzo schiacciò il mondo fremebondo. Roma intera è testimone di quella gloriosa e immensa moltitudine di virtù, varia come i fiori, di cui è cinta la corona di Lorenzo.

"Come voi già sapete, egli apparteneva, in questa chiesa, all'ordine dei diaconi. È là che egli amministrò il sangue prezioso di Cristo, è là che versò il proprio sangue per il nome di Cristo. Amò Cristo nella sua vita e lo imitò con la sua morte" (Discorso 304, n. 1).

Il santo Dottore ha riassunto in queste brevi parole l'essenziale della vita di san Lorenzo. A Roma, lui stesso aveva assistito per parecchie volte all'anniversario del santo Martire, celebrato sempre con splendore (Discorso 303, n. 1). Infatti, come i santi Apostoli, san Lorenzo aveva il privilegio di una Vigilia solenne, in ricordo di quella notte gloriosa in cui subì il martirio.

Durante l'Alto Medioevo, si celebrava, il 10 agosto, una messa sulla tomba e un'altra più solenne, nella basilica di S. Lorenzo fuori le Mura, costruita da Costantino. In detta basilica figurava già una iscrizione che può essere considerata come la più antica testimonianza storica su san Lorenzo:

 

Sferze, ugne, fiamme, tormenti, catene,
Solo la fede di Lorenzo ha potuto vincerle.
Damaso supplicante colma questi altari di doni
Ammirando i meriti del glorioso martire
[1].

 

Malgrado la sua brevità, questa iscrizione acquista un interesse particolare data la sua antichità: fu redatta da san Damaso un secolo circa dopo la morte di san Lorenzo. Ben presto una leggenda circondò questa morte straordinaria: sant'Ambrogio ne cita già alcuni episodi. Quanto a sant'Agostino, è sempre con alcune precauzioni oratorie che riferisce ai suoi fedeli le circostanze della vita o del martirio di san Lorenzo.

 

Il Diacono.

Al tempo di Papa Sisto II (m. 258), san Lorenzo era uno dei sette diaconi romani. A Roma, il numero dei diaconi restò per lungo tempo limitato a sette, uno per ogni regione ecclesiastica. Oltre al ministero dell'altare e dell'assistenza al Papa, i diaconi romani avevano la cura dell'amministrazione dei beni temporali della Chiesa romana. Tale funzione faceva di essi dei personaggi importanti e accadeva sovente che il Papa venisse scelto fra i diaconi, piuttosto che tra i sacerdoti.

 

Il Martire.

Poiché apparteneva alla gerarchia della Chiesa, san Lorenzo cadeva sotto il colpo del rescritto di Valeriano, datato nel 258. Questo atto ordinava l'esecuzione capitale di ogni vescovo, sacerdote o diacono su semplice costatazione della loro identità. San Sisto era stato colpito dalla persecuzione: nel corso di una cerimonia liturgica nel cimitero di Callisto era stato arrestato e decapitato. Più o meno nello stesso tempo erano stati uccisi sei diaconi.

San Lorenzo restò quindi solo. Ma anche lui non doveva tardare molto per rendere a Cristo la testimonianza del sangue.

I persecutori in questo caso avevano un motivo d'interesse: san Lorenzo infatti restava il solo depositario dei beni della Chiesa romana. Secondo sant'Ambrogio, fu intimato a san Lorenzo di consegnare i tesori della Chiesa. Dopo tre giorni di indugio, il diacono presentò al giudice, in oro e argento, i poveri soccorsi per le sue cure caritatevoli. E sant'Agostino concludeva: "Le grandi ricchezze dei cristiani sono i bisogni degli indigenti".

Basterebbe questo episodio per spiegare che san Lorenzo fu torturato tre giorni dopo san Sisto? Egli infatti fu consegnato ai carnefici nella notte dal 9 al 10 agosto. Con "grande ardore spirituale e un fermo coraggio" [2], san Lorenzo subì il terribile supplizio del fuoco. È vero che "il raffinamento della crudeltà consistente nel bruciare il paziente a fuoco lento su una graticola era contrario alla tradizione romana" [3]. Ma non c'è tradizione che tiene quando la passione delle ricchezze ha traviato la coscienza d'un giudice e non si saprebbe, in nome di un principio generale, rigettare un fatto particolarmente spiegabile con le circostanze riportate più in alto. Il supplizio del fuoco fu d'altronde adoperato a Lione nel 177. Noi abbiamo infine, per quanto riguarda san Lorenzo, la testimonianza di san Damaso riportata più sopra. Senza dubbio, si è minimizzata l'importanza di questo epigramma vedendovi "l'enumerazione delle torture classiche". Tuttavia, un'altra iscrizione di san Lorenzo in Damaso, che si voleva scartare perché "impossibile a datare", sarebbe, secondo un archeologo romano contemporaneo, antichissima e con molta probabilità dello stesso Papa Damaso [4].

È con la fede, dice il testo, che Lorenzo ha sormontato il tormento delle fiamme in mezzo alle quali passa la strada che conduce al cielo.

Sant'Agostino attribuisce la vittoria di san Lorenzo alla sua eminente carità: "Messo sulla graticola, egli fu bruciato in tutte le membra, fu tormentato dalle pene atrocissime delle fiamme, superando tuttavia tutte le sofferenze del corpo con la forza della carità".

D'altra parte, il santo Dottore ci lascia intravedere, in termini ammirabili, quelli che dovettero essere gli ultimi istanti del martirio: "La vita del tempo si spegne, ma la vita eterna ne prende il posto. Quale grande dignità e quale sicurezza nel partire gioioso di quaggiù, per raggiungere la gloria in mezzo ai tormenti e alle torture; di chiudere per un istante quegli occhi con i quali vedevamo gli uomini e il mondo e riaprirli subito dopo per vedere Dio... " (Discorso 303, n. 2).

 

Preghiera a san Lorenzo.

"Tre volte felice il Romano che ti onora nel luogo in cui riposano le tue ossa! Egli si prosterna nel tuo santuario; bocconi a terra, l'innaffia di lacrime e vi versa i suoi voti. O san Lorenzo è là che noi andiamo a cercare il ricordo delle tue sofferenze, perché tu hai due palazzi in cui dimori: quello del corpo sulla terra, quello dell'anima nel cielo. Il cielo, ineffabile città che ti fa membro del suo popolo, che, nelle file del suo eterno senato, pone sulla tua fronte la corona civica! Con le tue gemme risplendenti appari come l'uomo che la Roma celeste elesse a perpetuo console! Le tue funzioni, il tuo credito, la tua potenza si rivelano agli entusiasmi dei cittadini romani esauditi nelle suppliche che ti hanno presentato. Qualsiasi richiesta viene ascoltata; tutti pregano in libertà, formulano i loro voti; nessuno riporta con sé il suo dolore.

Sii sempre pronto a soccorrere i figli della città regina: che essi abbiano un fermo appoggio nel tuo amore di padre; che trovino in te la tenerezza e il latte del seno materno. Ma tra essi, tu l'onore di Cristo, ascolta anche l'umile postulante che confessa la sua miseria e rigetta le sue colpe. Io mi so indegno, lo riconosco, indegno di essere esaudito da Cristo; ma protetti dai Martiri, si può ottenere il rimedio ai propri mali. Ascolta uno che ti supplica: nella tua bontà, sciogli le mie catene, liberami dalla carne e dal mondo!" [5].

 


[1] A. Ferrua, Epigrammata damasiana (Città del Vaticano, 1942), p. 167.

[2] Sacram. Leon., Mense Aug., XXI.

[3] Anal. Bolland. (1933), p. 50.

[4] A. Ferrua, Epigrammata damasiana, p. 168. L'apostrofe di san Lorenzo al suo carnefice: "Rivolta e mangia" sembra improntata agli atti dei santi di Dorostorum martirizzati nell'epoca in cui, precisamente, furono redatti gli Atti di san Lorenzo.

[5] Prudent. ubi supra.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 958-961

 

 

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