Messe latine antiche nelle Venezie
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INTERVISTA Il cardinale protodiacono Castrillón Hoyos e il dialogo nella Chiesa

"Braccia aperte del Papa
a monsignor Lefebvre"

 

Roma Il 23 febbraio papa Benedetto XVI  lo ho nominato "protodiacono del Sacro Collegio dei cardinali". A questa antica figura compete, fra gli altri compiti, l'annunzio dell'Habemus Papam al popolo romano, dopo l'elezione del pontefice. Il cardinale Darío Castrillón Hoyos, colombiano, è stato presidente della Conferenza Episcopale Latino Americana (Celam) e prefetto della Congregazione per il Clero dal 1996 al 2006. Il papa Giovanni Paolo II nel 2000 gli ha affidato l'incarico di presidente della Pontificia Commissione "Ecclesia Dei" e il mandato di dialogare con il movimento di monsignor Lefebvre, con lo scopo di sanare l'annosa frattura che aveva contrapposto il presule francese ai papi postconciliari Paolo VI e Giovanni Paolo II. Frattura che potrebbe trovare una composizione durante il pontificato di Ratzinger, ritenuto sensibile e attento nei confronti delle problematiche teologiche e liturgiche sollevate dai lefebvriani. Tra i problemi aperti, infatti, la "libertà" per la Messa in latino di san Pio V. La sua celebrazione, benché astrattamente permessa da un "indulto" di Giovanni Paolo II, è stata spesso ostacolata, ridimensionata o proibita da molti vescovi. In questi ultimi mesi si sono rincorse voci, su un "Motu proprio" che dovrebbe superare le difficoltà. In linea con il pensiero dell'allora prefetto dell'ex Sant'Uffizio Joseph Ratzinger, che aveva celebrato più volte la Messa di san Pio V in pubblico e che aveva stigmatizzato l'atteggiamento "intollerante" di tanti prelati.

Eminenza, da alcuni mesi circolano indiscrezioni che riguardano la pubblicazione di un Motu Proprio che liberalizzerebbe la celebrazione della Messa in latino di San Pio V…

"È da tutti conosciuto l'atteggiamento personale del Santo Padre nei confronti della liturgia, la sua conoscenza profonda della stessa, la sua venerazione per la tradizione e, allo stesso tempo, la sua chiara posizione per mettere in pratica tutto quello che lo Spirito Santo ha regalato alla Chiesa nel Concilio Vaticano II. Questi sono i parametri nei quali vengono esaminate le difficoltà storiche al riguardo".

I cardinali Alfons Maria Stickler e Jorge Arturo Medina Estevez, ex prefetto della Congregazione per il culto divino, hanno dichiarato che la Messa di San Pio V non è mai stata abolita. Cosa ne pensa?

"I cardinali Stickler e Medina hanno ragione, e le loro opinioni sono accompagnate dai pareri di specialisti in liturgia, di altri cardinali e vescovi. Noi stessi abbiamo studiato il problema, e riteniamo che la Messa antica non è mai stata proibita. D'altro canto, è molto importante, per avere le idee chiare, prendere la luce che viene dal Successore di Pietro. Secondo il pensiero del Santo Padre, espresso chiaramente, vi sono due forme di rito romano: la forma ordinaria, che è la Messa di Paolo VI, e la forma straordinaria, che è la Messa di San Pio V".

Molti giovani partecipano volentieri alla Messa in latino, negli istituti e nelle diocesi dove è permessa. Perché?

"Il Novus Ordo Missae (la Messa celebrata nelle lingue volgari in seguito alla riforma liturgica di Paolo VI, ndr) era una novità negli anni Settanta, la Messa di San Pio V è ritornata una novità negli anni Duemila. Ai giovani piacciono le cose nuove: ma questa non sarebbe un'analisi profonda. Invece, ho potuto comprovare personalmente, i giovani si sentono toccati dal senso del sacro e del mistero che, a loro avviso, è più percepibile nella Messa antica. Al di fuori di questo ambito, non bisogna dimenticare, in linea generale, l'esistenza di non pochi abusi nelle celebrazioni liturgiche. Essi sono contrari alla santità che deve essere propria al grande mistero eucaristico che è la forma incruenta del Sacrificio del Calvario. Questi elementi attirano l'attenzione di sacerdoti e laici, ma non vorrei mettere in contrapposizione l'augusta santità del mistero eucaristico celebrato nelle due forme rituali di cui parliamo".

La figura storica dell'arcivescovo Marcel Lefebvre, fondatore della Fraternità sacerdotale San Pio X, scomunicato dal papa Giovanni Paolo II per avere ordinato 4 vescovi senza il mandato pontificio nel 1988, verrà "riabilitata" dalla Chiesa?

"Ripercorrendo la storia completa della vita di monsignor Lefebvre abbiamo la certezza della grande stima e dell'apprezzamento della Chiesa nei suoi riguardi. E' stato ritenuto degno di essere arcivescovo, delegato apostolico, superiore generale della sua Congregazione religiosa; parlando con persone che lo hanno conosciuto durante l'esercizio del suo ministero, si scopre la fecondità della sua vita. Ma con la stessa chiarezza, secondo la tradizione più genuina della Chiesa, non si può ammettere che un vescovo consacri un altro vescovo senza il mandato pontificio, o che si contesti la presenza dello Spirito Santo nei Concili, e in particolare, per la loro importanza, nei Concili ecumenici. Monsignor Lefebvre ha firmato i documenti del Concilio Vaticano II, anche se è stato critico nei suoi confronti, sia per quanto riguarda i testi, sia per quanto riguarda la loro interpretazione".

La Fraternità San Pio X, il movimento di monsignor Lefebvre, è uno scisma?

"La Fraternità San Pio X non è di per sé uno scisma consolidato, ma la sua storia ha presentato azioni scismatiche, con le ordinazioni di vescovi non legittimamente eletti e non perfettamente uniti al Successore di Pietro e Vicario di Cristo. Inoltre vi è sempre il pericolo di uno scisma, sia per l'esercizio anche parziale dell'autorità nata dalla giurisdizione, sia negli atteggiamenti troppo critici di esponenti della Fraternità a personalità della Chiesa, nei quali vedo una ferita alla carità. Ho grande paura delle parole di San Girolamo, secondo il quale lo scisma conduce all'eresia, e l'eresia allo scisma. So che nella Fraternità vi sono persone piene di buona volontà. Il superiore generale, sua eccellenza monsignor Bernard Fellay, negli ultimi anni ha perseverato nel dialogo. Spero che le braccia aperte del papa Benedetto XVI siano comprese come un kairos, un momento opportuno, e pacificando le coscienze di fedeli e di laici, si arrivi alla piena unità effettiva e affettiva della Fraternità con la Chiesa e il Vicario di Cristo".

Simone Ortolani

 

da "Il Meridiano", 18 marzo 2007
www.ilmeridiano

 

 

 

 

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Inserito il 20 marzo 2007

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