Messe latine antiche nelle Venezie
Venezia | Belluno | Bolzano | Gorizia | Mantova | Padova | Pordenone | Treviso | Trieste | Udine | Verona | VicenzaVittorio Veneto

 

 

DOPO L'ANNUNCIO DEL RITORNO AL RITO TRIDENTINO

Perché mi piace la messa in latino

Chi ha mai detto che una partitura liturgica debba essere capita? Abbiamo eluso ogni mistero

___________________________

GUIDO CERONETTI

 

Caro Direttore, un contravveleno, su queste pagine, il 21 marzo scorso, l'articolo-intervista di Paolo Mauri, "Se torna il latino", con l'intervento del filologo normalista Gian Biagio Conte!

Mi dà il prurito di dire anch'io qualcosa: il latino mi concerne, mi ha reso la caduta in questo triste mondo meno sfracellatrice, mi è rifugio e madre tuttora, che m'illebrosiscono gli anni.

Un contravveleno perché ti porta via, per un poco, anche solo il tempo di buttare giù questa nota per il vostro giornale, dal lager del wu-wu-wu e delle cronache sanguinose, dai kalashnikov puntati su innocenti, dai suk dove si va a comprare il proprio esser fatto a pezzi. La storia umana che parla latino non è meno sanguinosa, ma è un'emorragia fermata per sempre, ed ecco nitente la massima di Tommaseo: "Solo il passato è bello, perché non duole più".

Quanto alla messa in latino, sono più papista del Papa. La Messa è la tridentina e non ce ne può essere un'altra. Orate fratres, ite missa est. Dire in modo diritto Et cum spirito tuo in italiano sensato imporrebbe una riflessione su spiritus, che cosa sia: si sono limitati a svaginarlo dal suono e i fedeli svogliati ripetono: Ecoltuospirito. Va' a interrogarli: avete capito? Vi risulta chiaro? Che cosa ci fa il Signore con lo spirito dell'officiante?

Chi ha mai detto che una partitura liturgica, che un rito tradizionale debba essere capito? Ti figuri in italiano il richiamo del muezzin dal minareto? Abbiamo smantellato, eluso, gettato nell'acido tutto ciò che è mistero. La Messa, tolto il guscio del mistero che le è proprio, fatto dal latino, è un vacuo fantasma, ed è questo che la riforma funesta di Paolo VI ha fatto danzare nelle nostre chiese. Il rito è fatto per agire su chi vi partecipa. e sono certi gesti e certe parole, con una loro specifica potenza di suono. L'eucarestia in chiesa non può parlare la stessa lingua del Luna Park e del barbiere, chi ne varca la soglia deve afferrare la netta separazione che c'è tra duemila anni e la banalità di un istante!

Quel che non va bene è la scelta lasciata ai parrocchiani: non spetta a loro. Non si dà a nessuno la scelta tra un vino al metanolo e un barolo Einaudi di prima del 1930. Se la bottiglia è destinata a qualcuno che si ama, gli dai il meglio, non l'avveleni con un surrogato dato in opzione! La Messa greca è davvero ortodossa, in regola con la tradizione cristiana d'Oriente, ed è misterica, perfino misteriolatrica, nei suoi gesti meticolosi, nella sua infallibilità liturgica. La nostra, in volgare, è nichilistica. Il Papa antirelativista non può sentirla che predata dal Relativo.. Veda lui, in casa propria.

l.'Adelphi ha appena pubblicato una raccolta di sorprendenti corsivi di Giorgio Manganelli (Mammifero italiano): uno del 1977, sul Corriere, contiene una tremenda invettiva contro lo studio del latino. Manganelli perde addirittura il controllo dello stile: "La fucilazione del latino è un puro e semplice atto di igiene mentale. Disinquinamento, disinfestazione, derattizzazione...". Trent'anni dopo, il "disinquinamento" è cosa fatta, nella scuola italiana al latino rattus-rattus pestoforo che cos'è subentrato?

L'Esseemmeesse, la trasmissione della stupidità pura, un po' d'inglese che non ne mangerebbero i cani, il coito sublatis lumbis, con la supplente che traduce clades con Claudio (udito da me sul luogo dove Annibale disfece le legioni di Varrone).

Manganelli è geniale anche lì, ma lo è anche Celine in Bagatelles, eppur quel Pamphlet è obbrobrioso.

Del pessimo (convengo) latino della scuola del 1940 a me none rimasto nulla eccetto - fondamentale - il contagio indelebile del suono latino, e ad alcuni di quegli autori ho dedicato l'appassionante lavoro di alcuni miei lontananti anni che mi hanno tenuto impegnato in traduzioni integrali in versi, più da artista, certo, che da filologo.

Un giorno dissi a Cioran un'iscrizione funebre che dice, semplicemente, De nil in nil, e i suoi occhi s'illuminarono.

 

da "La Repubblica", 29 marzo 2007

 

 

 

 

Inizio Pagina


Chi siamo | Agenda | Messe | Calendario | Documenti | Liturgia | Dottrina | Sollemnia | Libri | Rassegna stampa | Archivio | Link | Email | Home


Inserito il 4 aprile 2007

© 2001-2007 Coordinamento di Una Voce delle Venezie. All Rights Reserved.