Messe latine antiche nelle Venezie
Venezia | Belluno | Bergamo | Bolzano | Brescia | Gorizia | Mantova | Padova | Pordenone | Treviso | Trieste | Udine | Verona | VicenzaVittorio Veneto

 

 

19

Il fuoco sacro e l'architettura

di Giuseppe Parisi

 

Leggiamo al Cap. X del Levitico:

Nadab e Abiu, figli di Aronne, presero ciascuno i propri turiboli, posero in essi il fuoco e sparsovi l'incenso, offrirono al cospetto del Signore un fuoco di natura diversa (= alienum) da quello che il Signore aveva prescritto loro. A dal Signore uscì un fuoco che li divorò e furono annientati al cospetto di Dio. Rivolto ad Aronne disse allora Mosè: Questo è quanto intese dire il Signore quando sentenziò: "Sarò santificato in coloro che a me si avvicinano; a fronte dell'intero popolo sarò glorificato!" E Aronne, udito questo, tacque (vers. 1/3).

Il significato allegorico di questo brano ci è anche suggerito dal fatto che non un incenso adulterato o diverso dal prescritto provoca la ritorsione di Dio sui trasgressori, ma il fuoco che pur non si può immaginare "di natura diversa". Ebbene, se l'incenso è la preghiera che ascende incorruttibile dal cuore dell'uomo, il fuoco è il Tempio ove questa preghiera si accende o il modus che tale orazione unifica - ad opera dei Sacerdoti - conferendole unità corale e forma rituale conforme al volere di Dio. Ciò risulta dal Cap. VIII dell'Apocalisse: un Angelo infatti, dopo aver offerto l'incenso delle orazioni dei santi, prende dall'altare di Dio il fuoco sacro, ne riempie un turibolo, e lo manda sulla terra (vers. 3/5).

Ciò premesso, riteniamo superfluo indugiare sulla considerazione di quell'ignis alienus - sottostante alla preghiera del popolo di Dio - che ormai è subentrato dappertutto nei nostri "turiboli" o luoghi di preghiera, sostituendosi all'antica norma. Non sta a noi giudicare se - ora come allora - la responsabilità maggiore ricada sulla gerarchia ecclesiastica o piuttosto sugli Architetti, notoriamente "profani", ben lontani cioè, dal penetrare nel tempio della mistica interiorità per cogliervi quel fuoco sacro disceso dal Cielo, che il nostro glorioso Medioevo ha religiosamente custodito lasciandoci esempi mirabili e imperi-

 

20

turi. Il nostro breve studio si limita infatti a ricercare, nel concetto degli antichi saggi, alcune vestigia di quel fuoco che non riapparirà sulla terra se non quando un analogo, vindice fuoco non avrà annientato al cospetto di Dio, il fomite di tanta perversione, dandogliene gloria.

*  *  *

Sappiamo essere connaturato all'uomo il bisogno di offrire al Creatore doni accettabili - i sacrifici cruenti o incruenti - ed innalzare in suo onore templi non indegni. Leggiamo però, in Isaia (66, 1): Dice questo il Signore: "Il Cielo è la mia sede, la terra lo sgabello dei miei piedi. Qual'è questa casa che voi volete edificare a me? quale questo luogo ove io debba posarmi?" (Cfr. Atti 7, 47 e segg.). Tale perplessità - che reputiamo non circoscritta al popolo ebraico - ammette due soluzioni, uniche e sole: o rinunziare a ogni impresa, o attenersi con scrupolo immenso al beneplacito divino, se mai una indicazione discese dal Cielo.

Il Vecchio Testamento è denso di prescrizioni minuziose sia per la costruzione dell'Arca dell'Alleanza (il cui modello fu mostrato sul Sinai a Mosè - Cfr. Esodo 25, 8 e sgg.) sia per il Tempio di Salomone e per ogni altra cosa che riguardasse il culto liturgico. Ed ecco il consenso esplicito di Dio a Salomone stesso: "In questa casa che tu edifichi a me io sigillerò in tuo favore le promesse fatte da me a David tuo padre, se tu camminerai nei miei insegnamenti... Io abiterò tra i figli di Israele e non abbandonerò il mio popolo" (3 Reg. 6, 12/13).

Ma come speigarci un Dio che prescrive tante minuzie e pone nel loro adempimento la condizione della sua assistenza? Alla mente non ottenebrata dal positivismo è facile intravederne la ragione nella analogia interiore, essenziale, che cogliamo dalle parole di Gesù: "Distruggete questo Tempio ed io lo edificherò in tre giorni" (Gv. 2, 19). Il Tempio è quindi, immagine del Corpo di Gesù in cui abita la pienezza della Divinità. Apriamo la Didaché degli Apostoli: "Come questo pane spezzato era disperso sui monti e raccolto, divenne uno, cpsì si raccolga la tua Chiesa dalle estremità della Terra nel tuo Regno" (9, 4). Se dunque del pane eucaristico Gesù poté dire "Questo è il mio corpo", analogamente egli può dire del Tempio. L'uno e l'altro sono infatti, compaginamento e successiva vivificante irradiazione (= circolazione centripeta e centrifuga) poiché tanto le particelle del pane quanto la molteplicità dei materiali edili provengono da infinite dispersioni che si riuniscono in grazia del lavoro e della sofferenza espiatrice dell'uomo che vuole rendere gloria a Dio, con intelletto d'Amore, dal primo artefice - l'Architetto contemplativo - all'ultimo trasportatore.

Questa similitudine si ripete nell'uomo redento, fatto Tempio di Dio e sacrario dello Spirito Santo: "Santo è il Tempio di Dio, che siete voi" (I Cor. 3, 17). Quanto fascino nel mistero insondabile del-

 

21

l'Uomo, creato ad immagine della Unità trinitaria di Dio: Spirito, Anima, Corpo (I Thess. 5,23)!

Di poco inferiore agli Angeli, egli ha potestà su tutto il Creato di cui è sintesi e vertice (Hebr. 2, 7). Al suo corpo - miracolo di armonia, di proporzione, bellezza e decoro - guardarono i Sapienti e gli Architetti stessi vi scoprirono una geometricità divina. Ermogene di Priene (3° Sec. a. Cr.) non staccò da esso la sua contemplazione ponendo in rapporto alle membra umane le parti architettoniche delle sue costruzioni, onde Vitruvio scrive: "Nessun edificio sacro (= aedes) può acquistare organicità di composizione senza simmetria e proporzione, se non avrà avuto, cioè, perfetta rispondenza con le membra di un corpo ben configurato" [1].

"Dio geometrizza" dissero gli antichi filosofi. Lo vediamo anche nei Proverbi di Salomone (9, 1) ove la Sapienza stessa costruisce la sua Casa - un Tempio esagonale - innalzando sette colonne, di cui una centrale: quelle sette colonne sono infatti i Doni dello Spirito Santo che il Profeta Isaia enumera a coppie ponendo al centro - come origine e adempimento di tutti - lo spirito del Timore di Dio, principio della Sapienza (Isaia 9, 2), il "polo" orientativo.

Vediamo ancora Varrone indicarci -  nel VI libro del De lingua Latina - la natura del Tempio di Dio, identificabile con la Contemplazione (Templum dictum a contemplare): la sua cosmica estensione è nel segno della Croce triassiale, con quattro porte sui punti cardinali [2]. Anche Tagete etrusco insegnò che il Cielo è un Tempio ove gli Dei siedono a Settentrione guardando a mezzogiorno, avendo a sinistra l'Oriente (parte benefica) e a destra l'Occidente, parte infausta ove la luce si spegne [3]. Una posizione quindi, specularmente rovesciata nei confronti dei nostri punti cardinali: ciò perché il Tempio discende dal cielo come la Gerusalemme dell'Apocalisse, onde ciò che per il Cielo è a destra, per noi rimane a sinistra (la saggezza nostra non è forse stoltezza agli occhi di Dio?). Unico punto di convergenza concet-

 

22

tuale in questa Croce triassiale è lo Zenith, la stella polare, l'aspirazione al Cielo.

È nel segno di questo divino Tempio della Contemplazione che S. Paolo scrive: "Attraverso la fede Cristo abita nei vostri cuori... affinché possiate comprendere con tutti i santi, cosa sia latitudo, longitudo, sublimitas, profundum (Eph. 3, 17). O non è forse in tale segno che Cristo figurò in parabola il suo Tempio quando disse: "Un uomo ordinò la sua vigna (= assi orizzontali), la circondò di siepe (= circonferenza), scavò un pozzo e innalzò una torre (= Nadir, Zenith) e la diede in coltivazione" (Marco, 12, 1)?

*  *  *

Ma torniamo al tema fondamentale dell'Architettura Sacra.

Se gli Architetti erano degli iniziati, dei saggi contemplativi, il Tempio - da loro progettato ed eseguito con accuratezza infinita - doveva celare nelle sue strutture, nei volumi, nei rapporti delle parti, nelle figurazioni, simboli e misteri del Creato, del Corpo umano, degli Astri, delle Sacre Scritture. Citiamo soltanto l'esempio meno noto, quello della vestusta Chiesa di S. Stefano Rotondo in Roma (IV Sec.) la quale incarna - come dimostrano gli accuratissimi studi di un Gesuita - le misure e le caratteristiche della Gerusalemme celeste discesa in terra, così come è descritta dal Cap. XXI dell'Apocalisse [4]. Essi cercavano prima di tutto, il Regno dei Cieli e la sua giustizia - vale a dire il Pensiero unitario, interiore, divino, da incarnare - e se ne ricavavano in soprapiù, un complesso armonico, funzionale, di una originalità inconfondibile e decoro ineffabile: il fuoco sacro della Tradizione ardeva allora vivissimo in quelle strutture - e nelle forme rituali - accendendo ininterrottamente, nelle generazioni dei fedeli, l'incenso purissimo della preghiera mistica.

Se a questo punto, qualcuno ci facesse osservare che tanta Sapienza sarebbe profusa invano in mezzo al popolo incolto, risponderemmo con due argomentazioni:

1) Che il Tempio è di Dio non dell'uomo, e deve obbedire quindi ai dettami dello Spirito non a quelli dell'uomo carnale;

2) Che essendo figura della Natura umana dei Cristo, esso deve ripetere il Mistero del Verbo fatto carne, il Mistero delle Sacre Scritture e della Parabola, costituenti il monte eccelso e faticoso dell'Ascesi; che il Tempio così fatto, essendo per se stesso preghiera, parla anche agli indotti attraverso il cuore se non attraverso la

 

23

mente, poiché esso è Parabola, della quale ciascuno prende quel che può per la sua crescita interiore, per le maggiori acquisizioni del domani.

Forse fu in considerazione di tale obiezione che i figli di Aronne, vedendo attorno a sé un popolo duro di cervice e incirconciso di cuore, adottarono, infatuati, il fuoco profano, l'ignis alienus dell'uso pratico, comune, sostituendo il divino con l'umano [5].

Un fuoco ben più valido, uscito da Dio, divorò allora essi stessi e il loro fuoco profano, così come la verga di Mosè divorò - al cospetto di Aronne - le verghe dei maghi malefici, divenute draghi (Esodo 7, 12). Dinanzi a tanto prodigio - che non mancherà di ripetersi nel tempo - Aronne rientrerà in se stesso ammutolendo.

 

__________________________

[1] Riportiamo il testo latino del De Architectura poiché esso può dire molto di più della nostra traduzione: Non potest aedes ulla sine symmetria atque proportione rationem habere compositionis, nisi ad hominis bene figurati membrorum habuerit exactam rationem (III, 1).

[2] L'etimologia varroniana ci dice che inoltrarsi nel Tempio è lo stesso che inoltrarsi nella contemplatio, termine che - di conseguenza - significa abbracciare nel suo insieme (con-) il Templum cosmico, divino. Aggiunge Varrone: Contemplare et conspicare idem esse apparet. Il conspicare era proprio degli Aruspici (etim. = coloro che guardano a fondo nelle cause prime) i quali facevano non soltanto conspicionem, ma anche cortumionem poiché la loro disamina impegnava tanto gli occhi della mente, quanto quelli dello spirito (cortumio, a cordis visu). Tutto ciò valga a non farci sottovalutare la sapienza degli antichi, opportunamente velata per i profani.

[3] Cfr. ROMOLO DE CATERINI: I Gromatici veteres (pag. 51) - Roma, 1966; vedi anche Festo che, alla voce "Sinistrae Aves", riporta analogo concetto da un'opera perduta di Varrone.

[4] Cfr. SÀNDOR RITZ S.J.: L'insuperabile creazione del passato, presente e futuro: Il Tempio perenne di S. Stefano Rotondo in Roma - La Nuova Gerusalemme dell'Apocalisse (Edizione Riservata; s. d.).

[5] Il medesimo Cap. X del Levitico ci conforta in questa interpretazione: Disse ancora il Signore ad Aronne: "Non berrete - tu e i tuoi figli - vino o altro che possa inebriare... perché il mio Comandamento è sempiterno nella vostra posterità. Ciò perché possiate avere Scienza per distinguere tra santo e profano, tra inquinato e puro" (vers. 8/10).

 

da "Seminari e Teologia", 25-26, 1982, p.19-23

 

 

 

Inizio Pagina


Chi siamo | Agenda | Messe | Calendario | Documenti | Liturgia | Dottrina | Sollemnia | Libri | Rassegna stampa | Archivio | Link | Email | Home


Inserito il 16 maggio 2010

© 2001-2010 Coordinamento di Una Voce delle Venezie. All Rights Reserved.