Messe latine antiche nelle Venezie
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Dalle annotazioni sul sacrificio della messa del Card. Lambertini

Della comunione del popolo

 

CCCXXXVI. Se fra quelli che assistono alla messa, v'è chi voglia comunicarsi dopo che il sacerdote celebrante, ha ricevuta la comunione sotto l'una e l'altra specie, si recita dal ministro il Confiteor, e finita quest'orazione, il sacerdote si rivolta a quelli che si vogliono comunicare, recitando l'orazione Misereatur vestri, e l'altra Indulgentiam, e dopo che si è risposto Amen, si rivolta all'altare, genuflette, prende la pisside, e tenendo nella destra il corpo di Cristo, rivoltato verso quelli che si vogliono comunicare, dice una volta l'orazione: ecce agnus Dei, ecce qui tollit peccata mundi; dice tre volte la seguente "Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum, sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea"; distribuendo a ciascheduno il corpo di Cristo, fa ogni volta un segno di croce coll'ostia sopra la pisside, dicendo pure ogni volta: "corpus Domini nostri Jesu Christi custodiat animam tuam in vitam aeternam. Amen": ed a ciascheduno che si è comunicato, si presenta dal ministro il vino, acciò, se vuole, lo beva per trangugiare nello stomaco i frammenti della particola, se mai qualcheduno ne fosse restato nella bocca o nella gola; ed è ancora disciplina ben propria e ricevuta, che quelli i quali si vogliono comunicare, abbiano avanti a sé

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una tovaglia pulita, nel pericolo che nel comunicare potesse o tutta la particola, o parte della medesima cadere o dalle mani del sacerdote, o dalla bocca di chi si comunica.

CCCXXXVII. Confessa il Gavanto, non ritrovarsi ne' monumenti antichi prova che si dicesse prima della comunione del popolo il Confiteor, confessando però essere ciò molto conveniente; ed il P. Le Brun nel tom. 1 alla pag. 644 dice, essere stato autorizzato questo rito di dire il Confiteor, e di recitare ancora l'orazione Misereatur vestri, dalla pratica introdotta nel decimo terzo secolo dalle religioni mendicanti. Si tralasciano il Confiteor e le orazioni Misereatur atc. Indulgentiam etc. nell'ordinazione de' sacerdoti che si fa dal vescovo, quando egli li comunica, come si legge nel Pontificale romano: "presbyteri ante communionem non dicunt confessionem, nec datur eis absolutio, quia concelebrant pontifici. Propterea si non sunt alii ordinati, confessio et absolutio praedictae (idest misereatur, et indulgentiam) omittuntur": ed il vescovo comunicando il sacerdote ordinato, dice queste parole: "corpus Domini nostri Jesu Christi custodiat te in vitam aeternam": rispondendo il sacerdote Amen. alcuni attribuiscono a religiosa tradizione le parole che si proferiscono dal sacerdote nel comunicare: Corpus Domini nostri:: ma cosa certa si è che il rito è molto antico; leggendosi nella vita di s. Gregorio scritta da Giovanni diacono, che mentre egli comunicava una donna, e diceva le dette parole, essa si pose a ridere, e di poi interrogata perché avesse riso, rispose non sapere, come si fosse potuto dire, che quella particola fosse il corpo di Cristo, quando essa l'aveva offerta, e prima dell'oblazione manipolata con le sue mani.

CCCXXXVIII. Cadrebbe qui forse in acconcio esporre i vari modi, coi quali anticamente si distribuiva l'eucaristia. Noi però qui solamente osserveremo che ne' tempi da noi più rimoti l'eucaristia si metteva nelle mani di quelli che si volevano comunicare, i quali poi se la mettevano in bocca: per lo che Tertulliano nel libro De idolatria esclamando contro i cristiani che per mestiere fabbricavano gl'idoli alle ganti dice: "eas manus admovere corpori Domini, quae demoniis corpora conferunt. O manus praecidendae"! Altre autorità vi sono di s. Cipriano raccolte dal Pamelio al lib. 1 Liturgie. Né lasceremo d'aggiungere come questo praticavasi cogli uomini, ma non colle donne, che ricevevano l'eucaristia in un lino mondo, chiamato Dominicale, comunicandosi poi da se stesse. Allude s. Agostino a questo rito nel serm. 252 De tempore: "mulieres

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quomodo nitidum exhibent linteolum, ubi corpus Christi accipiant, sic corpus castum, et cor mundum exhibeant"; e nel concilio antissiodorense al cap. 36 si legge: "non licet mulieri nuda manu eucharistiam accipere"; e nel cap. 42, "ut unaquaque mulier, quando communicat, dominicalem suum habeat: quod si qua non habuerit, usque ad alium diem dominicum non communicet". Osserva il cardinal Baronio all'anno 57 n. 146 che una volta i ministri preparavano alcune tavolette ben pulite con una sponga, la quale accomodavano e ponevano avanti quelli che dovevano comunicarsi, ed il cardinal Bona nel lib. 2 Rer. liturgic. al cap. 17 n. 3, dice che a queste tavolette "hodie linteamina successerunt, ut si quid forte decidat, his excipiatur". E quanto finalmente al vino che si offre a quelli che si sono comunicati per purificare la bocca, chi volesse credere al Vert, questi nel tom. 4 alla pag. 269 e molte seguenti, pretende di comprovare, qualmente questa usanza sia un reliquato della comunione che davasi al popolo anche sotto la specie del vino. Ma il P. Le Brun nel tom. 1 alla pag. 651 dopo aver portati vari documenti, coi quali si prova che questo vino si dà per lavare la bocca, acciò non resti fra i denti qualche particella dell'ostia, avverte saviamente lo star lontano dalle capricciose massime del Vert. Ed oltre il dedotto dal P. Le Brun, è d'uopo il riflettere, che conforme attesta Palladio, fra le accuse date contro s. Giovanni Grisostomo v'era ancor questa, che "admonebat omnes, ut post communionem, aquam, aut pastillum degustarent, ne cum saliva aut pituita, aliquid e symbolo sacramenti praeter voluntatem expuerent, quod primus ipse faciebat"; e che la condotta di s. Giovanni Grisostomo è restata di poi giustificata dalle regole de' monaci, a da altri fatti autentici susseguiti, in cui o fu prescritto quanto s. Giovanni Grisostomo aveva avvisato che si faciesse, o fu praticato. Veggasi il Martene nel cit. lib. 1 al cap. 4 art. 10 num. 15. Cose tutte le quali pongono in chiaro essersi introdotto l'uso di bere il vino dopo la comunione, o per nettare la bocca, e far passare nello stomaco i frammenti dell'eucaristia, che fossero restati o attaccati al palato o in gola, o per impedire che collo sputo si sputasse qualche frammento restato, e così non mai per mantenere un'apparenza della comunione sotto la specie del vino, come ha scritto il capriccioso Vert, il quale potrebbe scusarsi non già se avesse detto come ha detto, essere la purificazione che si prende dai laici dopo l'eucaristia, un reliquato della comunione sotto la specie del vino, ma se avesse detto, che levata ai laici

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la comunione del calice, fu proibito il dar loro la purificazione nel calice, acciò non credessero di ricevere l'eucaristia sotto la specie del vino, ricevendo il vino della purificazione in un calice: "in exhibenda laicis sacra communione paratum sit vas, quod formam calicis non praeseferat ex quo sumatur ablutio post communionem eucharistiae": sono parole del concilio provinciale bituricense tenuto l'anno 1524 al canon. 12; "clericus qui confessionem recitavit, accepto vase purificationis, quod tamen non sit calix ad consecrationem paratus, sed cyathus, et mappa purgata, alia manu teneat aliud vas, in quo vinum sit pro purificatione communicantium"; sono parole del concilio d'Aix tenuto l'anno 1585; al qual proposito può aggiungersi, che avendo alcuni sacerdoti introdotto perl motivo di maggiore riverenza nel caso, nel quale celebravano nello stesso giorno due messe, essendo per esempio parrochi di due parrochie, di purificare il calice col vino nella prima messa, e di dare ad un laico che aveva ricevuto nella stessa messa il pane eucaristico, in luogo del vino che si suol dare in un bicchiere o vaso che non abbia forma di calice, il vino che aveva posto nel calice per purificarlo, prestandogli lo stesso calice, fu ciò giudicato mal fatto, e da non potersi ammettere o tollerare, come può vedersi nel lib. 1 al dub. 10 delle Risposte morali del cardinale de Lugo.

 

da Prospero Card. Lambertini Benedetto XIV, Annotazioni sopra il santo sacrifizio della Messa secondo l'Ordine del calendario Romano, Torino, Speirani e Tortone, 1856, p. 221-224.

 

 

 

 

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Inserito il 14 giugno 2011

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