Messe latine antiche nelle Venezie
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Dominica VIII post Pentecostes: Rm 8,12-17; Lc 16,1-9:

"Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne". "Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo"

Predica alla messa in suffragio degli Amici di Instaurare defunti, Pordenone chiesa della Santissima, 3 agosto 2003

di don Ivo Cisar

 

1. a) "Un uomo ricco aveva un amministratore"
Siamo amministratori dei beni di Dio. Tutto è da Dio, tutto è di Dio; san Paolo scrive: "Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via" (1Tm 6,7). "Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non l'avessi ricevuto?" (1Cor 4,7). I beni materiali, tutto il creato, la natura, i mezzi di sostentamento, il pane quotidiano, tutto proviene da Dio; noi possiamo e dobbiamo procurarci il cibo e il vestito con il nostro lavoro (cfr. 2Ts 3,6-15), ma non li creiamo: l'uomo solo trasforma, ma non crea propriamente nulla. Tanto meno dipendono da noi le qualità spirituali e fisiche, come l'intelligenza, la bellezza, la salute; ne siamo soltanto amministratori.

 

b) "L' amministratore gli fu denunziato come dissipatore dei suoi beni"
La gente dissipa i beni di Dio: il tempo, la salute, il denaro stesso, i doni della natura, l'intelligenza…: ne abusa, ne usa non secondo Dio, ma contro di Lui, contro la Sua volontà; non per salvarsi, ma per dannarsi. In particolare abusa del giorno del Signore, non per il culto divino, ma per svaghi, divertimenti, gite, sport, il culto del corpo… Mi duole il cuore al vedere come il venerdì sera è dedicato a degli spettacoli, anche indecenti, specialmente alla televisione, e la notte tra il sabato e la domenica alle discoteche: sarebbe questa la preparazione spirituale alla domenica? E poi, dopo aver abusato dei doni di Dio, del tempo prezioso, si muore scioccamente sulle strade…

 

c) Tutti dobbiamo morire
Sì proprio, si muore, spesso improvvisamente. Prima o poi tutti dobbiamo morire. Difatti Gesù nella parabola prosegue dicendo: "Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare". Viene il giorno della morte, quando ci sarà tolta ogni possibilità di usare e abusare dei doni di Dio e dovremo rendere conto nel giudizio particolare che segue alla morte: "È dtsbilito che gli uomini muoiano una sola volta", altro che la reincarnazione, una assurda credenza pagana, in cui incappano anche certi cristiani! - "dopo di che viene il giudizio" (Eb 9,27). Immediatamente alla morte segue il giudizio e viene assegnato il posto nell'eternità, o il paradiso, attraverso il purgatorio o l'inferno. Pio XII nel 1949 ingiunse a tutti i pastori d'anime a predicare in determinate occasioni sull'inferno (Malta, 237).

 

2. a) Possiamo procurarci degli amici
Ma noi possiamo e dobbiamo procurarci degli amici con i beni di questa terra, impiegando bene il nostro tempo, le nostre facoltà e capacità, i beni materiali. Dobbiamo, cioè, procurarci dei meriti, "perché ci accolgano nelle eterne dimore". Noi posiamo e dobbiamo usare i beni di Dio ricevuti e messi a nostra disposizione da Dio, servirci di essi a nostro vantaggio e profitto. Siamo "eredi di Dio, coeredi di Cristo se veramente partecipiamo alle sue sofferenze, per partecipare anche alla sua gloria" (Rm 8,17).

 

b) Le beatitudini
Le beatitudini ce ne rassicurano: "beati… perché di essi è il regno dei cieli, … perché erediteranno…, perché vedranno Dio…, perché saranno chiamati figli di Dio…, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,3…12).

 

c) Saremo giudicati sulle nostre opere buone
La dottrina sul merito è prettamente cattolica, ben fondata nel vangelo. Gesù parla spesso di esso, in termini facilmente comprensibili: Egli ci dice di accumulare i tesori in cielo (Mt 6,19.21), di compiere le opere buone non per essere visti e lodati dagli uomini, ma per ricevere la ricompensa dal Padre celeste (Mt 6,1.4.6.18), afferma che non rimarrà senza ricompensa anche un bicchiere di acqua fresca data per amore di Dio, di Cristo (Mt 10,42; Mc 9,41), dice che saremo giudicati sulle nostre opere buone fatte ai fratelli (Mt 25,31-46), che Egli verrà a rendere a ciascuno secondo le sue azioni (Mt 16,27), dice che bisogna fare del bene a chi non può ricambiarci, perché allora riceveremo la ricompensa da Dio  alla risurrezione dei giusti (Lc 14,12-14), mentre chi si gode i beni di questa terra, come il ricco epulone, ha già ricevuto i suoi beni durante la vita (Lc 16,25), dice però che riceverà già in  questa terra cento volte tanto chi ha lasciato i parenti e i beni per causa di Cristo e del vangelo, riceverà assieme alle persecuzioni, ma anche la vita eterna (Mc 10,30), dice che il padrone della vigna ricompenserà gli operai con una paga, sostanzialmente uguale per tutti, perché infinita e sempre dono di Dio (Mt 20,13-15), perché quando Dio ci ricompensa, lo fa sempre per bontà Sua e coi Suoi beni (ib.): Dio, infatti, corona i Suoi doni (cfr. Conc. Trid. VI, 16). Ma vuole che noi vi partecipiamo, ce li meritiamo con i nostri sforzi, con il nostro lavoro, impegno. Questa è la dottrina prettamente cattolica, cui si oppone quella protestante, che nega la necessità e l'esistenza del merito; pertanto il Concilio Tridentino ha formulato l'insegnamento sul merito in un importante capitolo.

 

d) Dio non dimentica
Il Concilio di Trento richiama le parole di san Paolo: "Prodigatevi nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore" (1Cor 15,58). "Dio infatti non è ingiusto da dimenticare il vostro lavoro e la carità che avete dimostrato verso il suo nome" (Eb 6,10). "Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa" (Eb 10,35). Perciò a quelli che "perseverano fino alla fine" (Mt 10,22; 24,13), e sperano in Dio deve essere proposta la vita eterna, sia come grazia promessa misericordiosamente ai figli di Dio per i meriti di Gesù Cristo, sia come ricompensa che, secondo la promessa di Dio, deve essere fedelmente accordata alle loro opere buone e ai loro meriti. Questa è infatti quella corona di giustizia che l'apostolo diceva a lui riservata dopo il suo combattimento e la sua corsa, per essergli consegnata dal giusto giudice, e non a lui solo, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua venuta (2Tm 4,7 s.). Nell'Apocalisse si legge: "Beati i morti che muoiono nel Signore. … Riposeranno dalla loro fatiche, perché le loro opere li seguono" (Ap 14,13).

 

e) Senza di Lui non potrebbero piacere a Dio
Lo stesso Gesù Cristo, come il capo nelle membra (cfr.  Ef 4,15) e la vite dei tralci (cfr. Gv 5,15), trasfonde continuamente la sua virtù in quelli che sono giustificati, virtù che sempre precede, accompagna e segue le loro opere buone, e senza la quale non potrebbero per nessuna ragione piacere a Dio e essere meritorie.

 

3. a) Le condizioni per meritare
Le condizioni, pertanto, per meritare, sono le seguenti: 1/ La promessa di Dio che non manca, come abbiamo sentito dai vari testi scritturistici; 2/ lo stato di grazia, che risulta dalla necessità di rimanere uniti alla vite, a Gesù Cristo, senza il quale non possiamo nulla (cfr. Gv 15,5); 3/ lo stato "di via", ossia essere in questa vita; 4/ l'opera deve essere buona, 5/ quindi libera, 6/ fatta per amore di Dio, per carità, deve essere soprannaturale, perché altrimenti non vi è proporzione tra l'opera buona e la ricompensa: difatti, il merito non è altro che la crescita nella grazia che sfocia o sbocca nella gloria eterna.

 

b) Quando non si merita
Diciamolo ora al contrario, ossia, quando non si merita: non si merita dopo la morte, nel purgatorio si soffre soltanto; non si merita se non si è in stato di grazia, perché in tale caso non c'è proporzione con la gloria celeste; non si merita se non con opere libere, non costretti: le opere devono essere volute: per es. un'elemosina data, anche in chiesa, per riguardo agli altri, non è meritoria; non si merita se non con opere buone: per es. non si merita, ma si pecca, se si compie un'azione per corrompere qualcuno; non si merita se non si agisce per amore, per motivi soprannaturali, con intenzione di piacere a Dio, per ricevere da Lui la ricompensa, quindi non si merita se si fa qualcosa per apparire, per essere lodati dagli uomini come i farisei (Mt 23,5).

 

c) Le opere morte
Inoltre, sono opere mortifere i peccati. Sono opere morte (cfr. Eb 9,14; Ap 20,12) quelle compiute non in stato di grazia. Sono opere mortificate quelle buone, ma se si cade in stato di peccato, secondo le parole che si leggono nel profeta Ezechiele: "Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette l'iniquità, ... tutte le opere giuste da lui compiute saranno dimenticate, a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso" (Ez 18,24).

 

d) "Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura"
Concludiamo con due frasi di san Paolo che si riferiscono non soltanto alle opere, ma anche alle sofferenze: difatti, si merita anche, e forse di più, con le croci portate per amore di Dio: "Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che deve essere rivelata in noi (Rm 8,18). "Il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria" (2Cor 4,17; cfr. Conc. Trid., Sess. VI, cap. 16).

 

Poiché i convegni e la rivista "Instaurare" sono un'opera altamente meritoria, anche a motivo delle intenzioni soprannaturali del loro organizzatore e direttore, certamente raccolgono i frutti dei loro meriti coloro che vi collaborarono e per i quali oggi preghiamo.

 

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Instaurare online XXXII 2 maggio-agosto 2003

Pagina don Ivo Cisar

 

 

 

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Inserito il 19 agosto 2003

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