Messe latine antiche nelle Venezie
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Un appello italo-francese per poter pregare in latino

Antonio Socci e sessanta intellettuali d'Oltralpe pubblicano su il Foglio e su Le Figaro la richiesta di reintrodurre la messa secondo il rito di Pio V

di  Antonio Socci

 

C'è aria di svolta nella Chiesa. A propiziare un grande ritorno alla libertà e alla pienezza della tradizione cattolica è una inedita azione del popolo cristiano e del mondo intellettuale a sostegno di Benedetto XVI che sta mettendo con le spalle al muro il ceto ecclesiastico "progressista" e intollerante.

Ieri sono usciti contemporaneamente due appelli, con gli stessi contenuti, sul giornale italiano Il Foglio e sul quotidiano francese Le Figaro. Due appelli di intellettuali laici e cattolici in difesa del Papa sul quale si stanno per scaricare le ire di certi vescovi, soprattutto quelli francesi.

Un nodo della contesa sembra - ai non addetti ai lavori - periferico, invece è centrale: la liturgia. Nella vita della Chiesa vale il principio "lex orandi, lex credendi" (significa che la teologia della Chiesa, l'ortodossia della fede, si trova nella liturgia). Non a caso è specialmente lì che più si sono accaniti gli "innovatori" per demolire la Chiesa dall'interno. Come hanno potuto farlo?

Grazie alla riforma liturgica del 1970 che ebbe due conseguenze devastanti. La prima, imposta dalla burocrazia clericale contro gli stessi dettami del Concilio Vaticano II, fu la proibizione della Messa tridentina, quella che da secoli era la messa ufficiale della Chiesa (anche al Concilio veniva celebrata quella messa lì). La seconda involontaria: si dette il via nella liturgia a una serie di abusi, dì invenzioni e perfino follie eterodosse che hanno avuto effetti terribili allontanando dalla Chiesa tanti che si sono messi a cercare il sacro e il bello altrove.

 

Liturgie proibite

Ratzinger, da cardinale, più di ogni altro si è reso conto del colossale errore e del panorama di rovine. Scrisse a proposito della proibizione della liturgia tridentina: "Nel corso della sua storia la Chiesa non ha mai abolito o proibito forme ortodosse di liturgia, perché ciò sarebbe estraneo allo spirito stesso della Chiesa... Rimasi sbigottito (nel 1970, ndr) per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia Iella liturgia. Si diede l'impressione che questo fosse del tutto normale", ma, spiegava Ratzinger "la promulgazione del divieto del messale che si era sviluppato nel corso dei secoli, fin dal tempo dei sacramentali dell'antica Chiesa, ha comportato una rottura nella storia della liturgia, le cui conseguenze potevano essere solo tragiche".

E a proposito delle conseguenze osservò: "Sono convinto che la crisi ecclesiale in cui oggi ci troviamo dipende in gran parte dal crollo della liturgia, che talvolta viene addirittura concepita 'etsi Deus non daretur': come se in essa non importasse più se Dio c'è e se ci parla e ci ascolta Ma se nella liturgia non appare più la comunione della fede, l'unità universale della Chiesa e della sua storia, il mistero di Cristo vivente, dov'è che la Chiesa appare ancora nella sua sostanza spirituale?".

Oltretutto con quella proibizione si misero di fatto al bando tanti fedeli che pregavano con l'antica liturgia. Questa fu la surreale conseguenza: la Chiesa post-conciliare tollerò ogni forma di abuso liturgico e si aprì a ogni tipo di commistione ecumenica, con qualsiasi religione, ma non tollerò quegli stessi cattolici che intendevano continuare a pregare con il rito ufficiale e millenario della Chiesa. Induisti, musulmani, atei, animisti e buddisti erano ben accetti, ma i cattolici fedeli alla tradizione no, messi al bando.

Giovanni Paolo II cercò nel 1984 di restituire la libertà di celebrare col rito tridentino, ma dovette sottoporre i fedeli che lo chiedevano al permesso dei vescovi che però - per intolleranza o per paura - in gran parte hanno continuato a rifiutarsi. Molti fanno come monsignor Nosiglia, vescovo di Vicenza, che cestina ogni richiesta firmata da centinaia di fedeli. A Siena - per dire - monsignor Buoncristiani che non proferisce parola sulla moschea di Colle vai d'Elsa, ha rifiutato la Cattedrale al cardinale Paskai per celebrare col rito tridentino in memoria dei martiri della rivolta d'Ungheria (Cattedrale di Siena ormai trasformata in museo con biglietto di ingresso a pagamento, contro le indicazioni della Santa Sede).

Per ridare piena cittadinanza a tanti fedeli, il Papa ora sta per firmare un "Motu proprio" che liberalizza la celebrazione della Messa in latino secondo il messale di S. Pio V. È una decisione in linea con la tradizione perché la Chiesa ha sempre riconosciuto al suo interno una libera sinfonia di diversi riti antichi pienamente ortodossi (da quello "ambrosiano" della diocesi di Milano, a quelli delle Chiese orientali unite a Roma). Solo con la riforma del 1970 si era imposto il diktat progressista che contravveniva sia al Concilio che alla consuetudine della Chiesa.

Adesso che il Papa si prepara a riportare libertà c'è però la sollevazione dei vescovi francesi (avanguardia degli altri). In Francia le chiese sono vuote, alla messa domenicale va ormai un misero 5 per cento della popolazione, ma i vescovi d'oltralpe invece di preoccuparsi di questo si mobilitano per impedire a migliaia di ardenti cattolici di celebrare la Messa tridentina e per impedire al Papa di dare loro libertà. Eppure nel loro Paese è in corso una rinascita cattolica proprio attorno ai tradizionalisti: nonostante la difficoltà di trovare messe tridentine, già 80 mila persone le frequentano ogni domenica. Una vocazione sacerdotale su quattro viene dal mondo tradizionalista. È stato calcolato che in Francia dal popolo che frequenta la messa di S. Pio V esce una vocazione ogni 2 mila fedeli, mentre da chi frequenta la nuova liturgia una vocazione ogni 20 mila fedeli.

All'atteggiamento intollerante e auto-demolitorio dei vescovi francesi ha risposto ieri un documento uscito sul Figaro e firmato da 60 intellettuali (inizia con due accademici di Francia come il filosofo Rene Girard e Michel Déon). Costoro vogliono "testimoniare pubblicamente la nostra fedeltà e il nostro affetto al Santo Padre, Benedetto XVI". Citano la costituzione conciliare "Sacrosantum Concilium" che riconosce il diritto e la dignità della liturgia latina esaltano "la diversità di riti dentro la Chiesa" e accolgono "con gioia la liberalizzazione del rito che fu quello ufficiale della Chiesa, quello dei nostri padri e avi e che ha nutrito la vita spirituale di tanti santi". Inoltre, proprio nello spirito del concilio approvano la riconciliazione fra tutti i cristiani, anche tradizionalisti e concludono: "siamo feriti dall'idea che un cattolico possa essere inquieto perché si celebra la messa che fu quella che celebrarono padre Pio e san Massimiliano Kolbe. Quella che ha nutrito la pietà di Santa Teresina di Lisieux e del beneamato papa Giovanni XXIII".

 

Sottoscrittori

Un siluro sui vescovi disobbedienti e intolleranti. Come quello che abbiamo lanciato dall'Italia e che, insieme a me, hanno sottoscritto (di nuovo) Rene Girard, Franco Zeffirelli, Guido Ceronetti e Vittorio Strada. Memori di due precedenti appelli del 1966 e del 1971, dove, in difesa della Messa di s. Pio V, come grande patrimonio spirituale e culturale, scesero in campo personaggi come Borges, De Chirico, Elena Croce, W. H. Auden, Bresson, Dreyer, Del Noce, Julien Green, Maritain, Montale, Cristina Campo, Mauriac, Quasimodo, Evelyn Waugh, Maria Zambrano, Elémire Zolla, Gabriel Marcel, Salvador De Madariaga, Contini, Devoto, Macchia, Pallottino, Paratore, Bassani, Luzi, Piovene, Andrés Segovia, Harold Acton, Agatha Christie, Graham Greene e il famoso direttore del Times", William Rees-Mogg.

Il popolo e il mondo della cultura stanno col Papa e con la libertà. I vescovi ribelli lo capiranno?

www.antonitoniosocci.it

 

da "Libero", 17 dicembre 2006

 

 

 

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Inserito il 24 dicembre 2006

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