Messe latine antiche nelle Venezie
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R. I. P. - ALFONS MARIA CARD. STICKLER

(Neunkirchen, Austria 23 agosto 1910 - Roma 12 dicembre 2007)

L'omelia del Santo Padre alle esequie

 

Per ricordare la venerata figura del card. Alfons M. Stickler, scomparso il 12 dicembre, riportiamo l'omelia pronunciata in S. Pietro da papa Benedetto XVI, in occasione delle esequie. Con Alfons Stickler scompare l'ultimo Canonista degno di questo nome, e un grande amico dell'antica liturgia romana. Egli fu il primo cardinale ad affermare, con la sua enorme competenza di studioso, che il messale di san Pio V non è stato abrogato dalla riforma di Paolo VI - dato oggi certo, e dichiarato dal Papa nel motu proprio Summorum Pontificum -, e si prestò benevolmente a celebrare messe secondo l'antico rito. Ricordiamo le parole che il card. Stickler ci disse in un incontro di alcuni anni orsono: ci consigliava - alludendo evidentemente all'azione nella Chiesa a favore della messa e della dottrina cattolica - di presentare i fatti, nella loro oggettività, senza polemica dire quanto è accaduto. Questa parola continua a essere attuale, perché ancora oggi, spesso, vi è rifiuto e persecuzione per i cristiani che chiedono la messa tridentina. Ai funerali Benedetto XVI ha richiamato l'ultima beatitudine del vangelo di Matteo, ed è abbastanza significativo:  "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia".

Una Voce Venetia

 

 

Omelia di papa Benedetto XVI
S. Pietro in Vaticano, 14 dicembre 2007

Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio,
cari fratelli e sorelle!

Raccolti in preghiera attorno alle sue spoglie mortali, diamo al caro Cardinale Alfons Maria Stickler l'ultimo saluto. Egli ha condiviso con noi tanti anni di lavoro nella vigna del Signore. Ora Dio lo ha chiamato a sé dopo una lunga giornata terrena, per accoglierlo tra le sue braccia paterne e misericordiose. Mentre ci stringiamo con affetto attorno ai familiari, alla Congregazione salesiana nella quale emise la prima professione il 15 agosto del 1928, e a tutti coloro che lo hanno conosciuto ed apprezzato, rivolgiamo fiduciosi lo sguardo verso il Cielo da dove ci viene l'unica luce che può illuminare il mistero della vita e della morte. Il tempo liturgico dell'Avvento, mentre ci prepara a rivivere il dono del Natale del Redentore, ci stimola anche a proiettarci con fiducia verso l'ultima e definitiva sua venuta. Per questo nostro fratello si è ormai compiuta la "beata speranza" che, come ripetiamo ogni giorno nella celebrazione eucaristica, attendiamo cercando di vivere nel nostro pellegrinaggio sulla terra "liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento".

L'Apostolo delle genti ci ha ricordato poc'anzi che se moriamo con Cristo, "vivremo anche con lui; se con lui perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, anch'egli ci rinnegherà" (2 Tm 2,11-12). L'intero progetto di vita del cristiano non può che essere modellato su Cristo: tutto con Lui, per Lui e in Lui a gloria di Dio Padre. Non è stata forse tale fondamentale verità ad orientare l'esistenza di questo nostro fratello? Egli aveva scelto come suo motto episcopale: "Omnia et in omnibus Christus" e spiegava, al tramonto ormai dei suoi anni, come queste parole siano state la guida di ogni sua scelta e decisione. "Alla base della mia attività - scriveva qualche anno fa - c'è sempre stato l'ideale della fede e della vita cristiana che si incentra in Cristo redentore e poi fondatore della Chiesa. Tutti i miei sforzi e i miei studi sono serviti ad approfondire soprattutto il sapere religioso con piena fedeltà al Papa". Ed aggiungeva: "Come salesiano seguo i tre ideali trasmessici da don Bosco: l'amore per l'Eucaristia, la devozione alla Madonna, la fedeltà al Santo Padre". Sapeva bene che amare Cristo è amare la sua Chiesa, che è sempre santa, come nota nel testamento spirituale, "nonostante la debolezza, qualche volta scandalosa di noi suoi rappresentanti e membri, nel passato e nel presente". Conosceva le contrarietà e le sfide con cui i cristiani devono misurarsi in questa nostra epoca, e concludeva che soltanto un vero amore per Cristo può renderli coraggiosi e perseveranti nel difendere le verità della fede cattolica.

A questo proposito, quante volte il Cardinale Alfons Maria Stickler avrà letto e meditato la pagina evangelica che anche oggi è stata proclamata nella nostra assemblea! L'evangelista Matteo, che ci accompagnerà lungo tutto quest'anno liturgico, alle otto Beatitudini poste in apertura del Discorso della Montagna, ne aggiunge un'altra che così suona: "Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia", e conclude: "Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli" (Mt 5,11-12). Noi tutti, cari fratelli e sorelle, che con il Battesimo siamo stati chiamati a seguire e servire Gesù, sappiamo di non potere e non dover attenderci plauso e riconoscimenti su questa terra. La vera ricompensa del discepolo fedele è "nei cieli": è Cristo stesso. Non dimentichiamo mai questa verità! Non cediamo mai alla tentazione di ricercare successi ed appoggi umani piuttosto che contare solo e sempre su Colui che è venuto nel mondo per salvarci e sulla croce ci ha redenti! Qualunque sia il servizio che Iddio ci chiama a svolgere nella sua vigna, sia sempre animato da umile adesione alla sua volontà!

Che questo sia stato, pur con le umane fragilità e debolezze, l'orientamento dell'intera vicenda umana del caro Cardinale Stickler emerge dal suo testamento spirituale, dove egli annotava: "Tutta questa mia vita è stata un disegno e una realizzazione superiore, alla quale io non ho potuto fare altro che - spesso neanche con piena valutazione di causa - consentire. Così tutta la mia vita era ed è opera della Divina Provvidenza". Un'esistenza spesa totalmente dapprima nell'insegnamento, e poi nel servizio alla Santa Sede. Nato a Neunkirchen, nell'Austria inferiore, il 23 agosto del 1910, Alfons Maria entrò giovane nel noviziato della Congregazione salesiana in Germania e, compiuti gli studi filosofici e teologici dapprima in Germania, poi in Austria, e successivamente a Torino e Roma, fu ordinato sacerdote 70 anni or sono, il 27 marzo del 1937 nell'Arcibasilica Lateranense. Completato il corso accademico nell'Institutum Utriusque Iuris dell'Apollinare, iniziò ad insegnare presso la Facoltà di Diritto Canonico nell'Università Salesiana, a Torino e a Roma dove essa fu appunto trasferita. In tale Università divenne, dal 1953 al 1958, Decano della Facoltà di Diritto Canonico e poi Rettore Magnifico (1958-1966) e Preside del neo fondato Institutum Altioris Latinitatis sino al 1968. Fu per lui una vera sorpresa la nomina da parte del Servo di Dio Papa Paolo VI, nel 1971, a Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, dove ebbe modo di svolgere un'intensa attività di studioso, di cui danno concreta testimonianza vari volumi e saggi di Storia del Diritto Canonico da lui curati. Fece parte di tre Commissioni del Concilio Vaticano II e fu Consultore di Congregazioni Romane, nonché membro della Commissione per il nuovo Codice e del Pontificio Comitato di Scienze storiche, oltre che di tante altre istituzioni culturali internazionali. L'8 settembre 1983 fu chiamato ad essere Pro-Bibliotecario di Santa Romana Chiesa e il 1° novembre successivo, come osserva nel suo testamento, ebbe "in età avanzata la grande grazia della pienezza del sacerdozio per le mani dello stesso Santo Padre" Giovanni Paolo II, che l'anno seguente gli affidò anche l'incarico di Pro Archivista di Santa Romana Chiesa e il 25 maggio del 1985 lo volle insignire della dignità cardinalizia. Terminato il suo servizio attivo alla Santa Sede, questo nostro amico continuò a svolgere la sua azione culturale e pastorale, al tempo stesso dedicandosi ancor più alla riflessione e alla preghiera. Ogni giorno, come faceva dal primo anno di professione religiosa, invocava lo Spirito Santo con l'inno Veni Sancte Spiritus, e per questo era persuaso che se aveva potuto essere utile in qualche cosa alla Congregazione e alla Chiesa "ciò lo si deve allo Spirito Santo". Mercoledì scorso, la morte lo ha introdotto nel regno della pace e della luce eterna.

Il nostro fraterno auspicio è che possa ora godere della meritata ricompensa e contemplare il fulgore della Verità eterna. Nella prima Lettura, il Profeta Daniele ha ricordato che "i saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia risplenderanno come le stelle per sempre" (Dn 12,3). Che così sia per questo nostro stimato Confratello nel sacerdozio e nell'episcopato! Lo accolga Maria Santissima, di cui egli scrisse: "La Madonna sarà anche nel momento della mia morte la vera mamma che dona il suo amore e la sua misericordia anche ai figli meno fedeli". Lo accompagnino san Giovanni Bosco e i Santi e i Beati salesiani. Noi, con affetto e riconoscenza, ci uniamo all'invocazione con cui il Cardinale Stickler chiude il testamento spirituale: "Credo, spero, amo; perdona la mia debolezza nella fede, nella speranza e nella carità e conducimi, o mio Dio, nel regno del Tuo amore. Amen". (da www.vatican.va © Copyright 2007 - Libreria Editrice Vaticana)

 

 

 

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Inserito il 22 dicembre 2007

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