Messe latine antiche nelle Venezie
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Dal Dizionario del Moroni

Voce "Pace della messa"

 

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PACE DELLA MESSA. Funzione ecclesiastica, che si fa o col segno di baciarsi nell'abbracciamento, o col porgere a baciare l'istrumento osculatorio, ossia una tavoletta sacra d'argento, d'oro o altro metallo, e talvolta decorata di preziosi ornati, come quella che descrissi nel vol. XLV, p. 37, ordinariamente coll'immagine del Salvatore, detta la pietà, talvolta dipinta; cioè nella messa dopo l'Agnus Dei (V.), e dicesi propriamente dar la Pace (V.). Dell'origine dell'istrumento chiamato osculatorio, derivato dalla pace, che nella messa davasi tra le persone d'un medesimo sesso col bacio, trattai nel vol. XI, p. 226. A "Evangelio della messa" ed a "Messale" parlai del bacio di essi, a chi si dà a baciare, e che fra i significati avvi quello di pigliar la pace da Cristo. A "Milano" parlai della pace ricchissima donata da Pio IV a quel duomo. A "Bacio di pace" dissi di quello che nell'antica disciplina si porgevano scambievolmente i fedeli, che assistevano a' sacri misteri, prima che il sacerdote facesse la comunione, sino al 1198 circa, onde fu sostituita la tavoletta, non che degli altri baci di pace nella messa e in altre funzioni. Anche prima al santo bacio aggiungevasi il Pax tecum, e dicevasi dopo il Pater noster; però i greci sogliono dare la pace prima della consacrazione, secondo il decreto del concilio di Laodicea. Con la parola pace si costumò di salutare fino all'Ascensione di Cristo. Alla parola pace gli apostoli nelle salutazioni aggiunsero la parola gratia. Il pax tecum fu ancora segno di comunione cattolica; si soleva dire al lettore quando dovea leggere in chiesa l'epistole di s. Paolo. Di alcune antiche formole di dar la pace nella messa si può vedere il Garampi, Memorie, p. 192. Il primo a riformare l'abuso ch'erasi introdotto nel dare il bacio di pace nella messa, prima del tempo osservato dall'uso della Chiesa, cioè prima della comunione, fu s. Innocenzo I Papa del 402, come si ha dall'epist. ad Decentium, cap. 1. Vedasi il capo, Pacem de consecr. dist. 2; Le Brun, t. 1, p. 103; Pouget, t. 2, p. 881; Bingamo, Antiq. eccl., t. 6, p. 299; e Lambertini, Del sacrif. della messa, t. 2, par. 4, sez. 1, p. 400. Dopo Innocenzo III e all'epoca citata, come osserva quel Pontefice, De myst. missae, lib. 6, cap. 5, i francescani introdussero la tavoletta della pace o l'abbraccio, per ovviare agli abusi che potevano ulteriormente introdursi dalla malizia umana, poiché gli uomini baciavano furtivamente le donne, benché il bacio santo frequentemente fu praticato dai primitivi fedeli nelle chiese e nell'incontrarsi. A' tempi di Tertulliano davasi la pace colla patena, e nel lib. De orat. dice che si negava ai cortigiani, come persone ambiziose, e perciò lontane dalla vera pace e quiete, stando in continue turbazioni; ma s. Pio V proibì di dar la pace colla patena. Tertulliano chiamò il bacio suggello dell'orazione, che però si tralasciava ne' giorni di digiuno, dandosi non solo nella messa, ma pure al fine delle preghiere della chiesa, sia che si facessero ne' sacri templi, che nelle case private. Osserva il Macri, che s. Filippo prescrisse nelle costituzioni di sua congregazione, che nella sera finita l'orazione men-

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tale, in segno di concordia e pace, si portasse ad ognuno a baciare colla tavoletta dipinta il simbolo della pace.

La pace nella messa solenne la riceve il diacono dopo l'Agnus Dei, e il Dona nobis pacem, dal celebrante in abbracciamento, cioè questi ponendo le sue braccia sopra i di lui omeri o almeno le sue mani, e dicendo: Pax tecum. Se vigesse in qualche luogo l'uso, che quello il quale dà la pace pone la sua destra sopra l'omero sinistro di quello che la riceve, la sinistra poi sotto le ascelle, si potrà continuare. Il diacono sottopone le sue braccia a quelle del celebrante, china ad esso il capo prima e dopo l'amplesso, e avvicina la guancia sinistra alla sinistra pure del celebrante, in modo che ambedue si tocchino leggermente, dicendo il diacono nel riceverla: et cum spiritu tuo. Indi il diacono adora il sagramento, si volta al suddiacono e gli dà la pace, il quale ricevutala e fatta la genuflessione all'altare, accompagnato da un accolito si porta al coro e dà la pace al primo di qualunque ordine, incominciando dai più degni, poi agl'inferiori; ritornato il suddiacono all'altare, fatta la genuflessione, la dà all'accolito che lo accompagnò, il quale la dà eziandio agli altri accoliti che sono intorno all'altare. Si deve notare, che quello che dà la pace non s'inchina ad alcuno, se non che dopo di averla data; quello poi che la riceve s' inchina prima e dopo di averla ricevuta: parimenti quello che dà la pace, dice: Pax tecum, e quello che la riceve risponde: et cum spiritu tuo, e si abbracciano scambievolmente, avvicinandosi le loro guancie sinistre, perché sono dalla parte del cuore, come si è detto del celebrante col diacono. In qualunque occasione, il primo dopo di avere ricevuta la pace dal suddiacono, la dà a quello che segue, questo ad un altro e così di seguito sino all'ultimo, senza inviti, i quali si fanno soltanto nell'incensazione (V.). Ai laici si dà la pace coll'istrumento o tavoletta baciata da quello che ricevette immediatamente la pace dal celebrante, come prescrive il Caerem. episc. lib. I, cap. 24. L'ordine poi di dare la pace è quello stesso che si osserva nell'incensazione. Dal suddiacono si dà a quei laici che furono incensati dal diacono, e dall'accolito agli altri, come scrive il Diclich, Diz. sacro litur., della messa solenne § 18. Essendovi il prete assistente, esso deve pigliar la pace dal celebrante e darla al suddiacono per portarla al coro, e poi al diacono. Ciò che si pratica quando celebra il vescovo, o quando assiste, si può vedere nel Macri, Not. de' vocab. eccl., verbo Pax, il quale riferisce che la congregazione de' riti a' 5 luglio 1614 decretò, che il suddiacono mai deve dare la pace ai secolari, ancorché fossero principi o signori del luogo. Nel darsi la pace coll'istrumento o coll'amplesso, sempre chi la comunica deve dire Pax tecum; e chi la riceve deve rispondere, et cum spirito tuo. La pace regolarmente nelle messe private si tralascia, quando non vi fossero prelati o magnati o persone ragguardevoli, come avverte il Gavanto par. 2, tit. 10, rub. 2, il quale dice che il velo con cui si asterge l'istrumento o tavoletta della pace dev'essere del colore del paramento.

Quanto ha luogo nella cappella pontificia presente o assente il Pontefice, lo dissi a "Cappelle Pontificie", in un al bacio che riceveva il Papa nella spalla destra dal primicero de' cantori al principio della messa, per denotare l'angelo che annunziò ai pastori la nascita di Gesù, ed in significato ch'egli portò la pace in terra; quindi i due diaconi assistenti facevano altrettanto, baciando prima l'altare; questo ancora faceva nel fine della messa il prete assistente avanti di darsi la benedizione. A "Cappella della Circoncisione" riportai il cerimoniale come procede la dispensa della pace, e come il prete assistente la comunica al

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laico principe assistente al soglio, ed il maestro di cerimonie al senatore, conservatori di Roma e maestro del sacro ospizio, altri laici. Descrivendo poi il pontificale di Pasqua, dissi come l'uditore di rota porta la pace al principe assistente al soglio ed agli altri nominati nobili laici. Allorché il Papa celebra messa bassa nella cappella pontificia per la processione del Corpus Domini, all'Agnus Dei il prefetto delle cerimonie prende dalla credenza l'istrumento della pace, e nel darla a baciare al Papa questi dice: Pax tecum, ed il cerimoniere risponde: et cum spiritu tuo. Indi il cerimoniere porta a baciar la pace ai cardinali dicendo: Pax tecum. Prima vi era l'irregolare costumanza che il cerimoniere faceva baciare l'istrumento al 1.° cardinal vescovo, al 1.° cardinal prete, ed al 1.° cardinal diacono, e questi si rivoltavano genuflessi e si passavano la pace. Questa costumanza si è tolta, onde se il cerimoniere trova i cardinali genuflessi dà a baciare à ciascuno l'istrumento; se poi li trova in piedi, come alcune volte è accaduto contro la regola di questa messa, allora lo fa baciare al primo solo d'ogni ordine, i quali la passano ai loro colleghi. Quando il Papa ascolta la messa bassa, il libro dell'Evangelio e la pace gli vengono presentati a baciare da un cardinale, e in mancanza di esso dal prelato maggiordomo: se l'ascolta nella cappella domestica, fa baciare al Papa la pace un cappellano segreto o un chierico segreto, e in loro mancanza chi serve la messa, come faceva io con Gregorio XVI, come inoltre ebbi la religiosa consolazione di servire costantemente e solo a lui stesso la divotissima messa per ventun anni, e sempre con crescente edificazione. A "Cappelle Pontificie" ancora notai, che nel giovedì e venerdì santo non si dà la pace in detestazione del finto bacio dato da Giuda al divino Maestro; che non si dà nel sabato santo, perché Cristo non l'avea ancora annunziata a' suoi discepoli; e che si tralascia eziandio nelle messe de' morti, perché essi non sono più soggetti alle turbazioni di questo secolo. Per la medesima ragione nelle messe de' morti non erano esclusi al tempo della consacrazione gli energumeni e i pubblici penitenti, perchè non si dava la pace, né si porgeva la comunione, la quale sempre era unita con la pace; laonde presso s. Cipriano e altri autori, alcune volte la frase, dare pacem, significa porgere la comunione, la quale da s. Ignazio martire fu chiamata Pax Christi. Il Durando scrive, che anticamente non si dava la pace ai monaci, per essere già morti al mondo.

 

da Moroni, Dizionario di Erudizione Storico-ecclesiastica, L, Venezia, Emiliana, 1851, p. 95-97, voce "Pace della messa".

 

 

 

 

 

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Inserito il 24 dicembre 2009

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