Messe latine antiche nelle Venezie
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Enciclopedia Cattolica

voce  Cappa

 

CAPPA. - In origine era un ampio mantello senza maniche, spesso fornito di un cappuccio, e copriva tutta la persona; fu usato dall'antichità sino a tutto il medioevo come abito contro le intemperie e per viaggio, sia dai laici che dagli ecclesiastici.

Per i laici infatti divenne quasi contrassegno delle persone gravi, quando i giovani usarono vesti succinte, particolarmente in tempo di guerra.

Quando sorsero gli Ordini mendicanti la usarono aperta sul davanti con ampio cappuccio che scendeva tutt'intorno alle spalle sino a formare una specie di mantellina. Laici ed ecclesiastici la portarono guarnita di pelli intorno alla testa ed alle spalle. Mentre i monaci come abito corale usarono la cocolla, gli altri religiosi usarono o la cotta o la c., o semplicemente la veste del loro Ordine.

I papi, prima che in Avignone s'introducesse l'uso della mozzetta con cappuccio sopra il rocchetto, usarono nel medioevo una c. di saia rossa guarnita di ermellini, cha da ultimo sino a Pio VI si portò soltanto nelle funzioni dei Matutini del triduo della Settimana Santa e del Venerdì Santo; mentre nelle circostanze solenni indossavano il grande manto, più ampio e prezioso del semplice pluviale.

I cardinali portano la c. di cerimonia in tutto eguale a quella dei vescovi: essa consiste in un lungo mantello a strascico con cappuccio ampio che scende attorno alle spalle a forma di mantellina chiusa sul davanti; nel tempo invernale alla mantellina è sovrapposta un'altra mantellina di pelliccia bianca che guarnisce anche il cappuccio.

Il mantello è tutto chiuso con una sola apertura longitudinale sul davanti del petto attraverso cui passare le mani; perciò per usare più liberamente le braccia, la c. si arrovescia sugli avambracci. Per distinguere i cardinali dagli altri prelati fu concesso loro di usare c. di colore rosso-porpora; ciò avvenne sotto Paolo II (o, secondo altri, sino dal tempo di Bonifacio VIII); però nell'Avvento, Quaresima, vigilie, il colore della c. è pavonazzo. Il tessuto è sempre di seta ondata (amoerro); di lana pure pavonazza nel Venerdì Santo e nei giorni di stretta penitenza. I cardinali eletti dagli ordini monastici o mendicanti portano c. di lana del colore del loro ordine; quelli provenienti dai chierici regolari cappe purpuree e pavonazze come i loro colleghi, ma sempre di lana.

I vescovi nelle loro diocesi portano la c. pavonazza di forma eguale, come s'è detto a quella dei cardinali, di lana o di seta, mentre la parte superiore quando non è coperta dalla pelliccia è sempre di seta cremisi; in Curia portano o la c. a modo dei prelati o la mantelletta. I religiosi portano la c., come la sottana, la mantelletta, del colore del loro Ordine; sino a non molto tempo fa non usavano rocchetto se non per concessione particolare, ma ora tale concessione è largamente diffusa.

I prelati vestono anch'essi la c. sopra la veste pavonazza ed il rocchetto; ma essa non è mai portata distesa, bensì attorcigliata in modo da passare sotto il braccio sinistro dov'è tenuta aderente alla persona da una fettuccia pendente dalle spalle sotto la mantellina. Così la portano i prelati della corte e della curia: vice-camerlengo, uditore e tesoriere della Camera Apostolica (prelati di fiocchetto), i protonotari di numero e soprannumerari, i chierici di Camera, i prelati domestici, i canonici delle basiliche patriarcali, i votanti e referendari di segnatura e gli stessi vescovi presenti in curia. Per concessione papale portano pure nella loro diocesi tale c. i canonici di alcune chiese metropolitane o cattedrali, particolarmente quelli che sono assomigliati ai protonotari, e i canonici di alcune delle basiliche romane minori. Non ne hanno invece diritto i camerieri e i cappellani segreti per i quali la veste solenne di cerimonia è la croccia.

 

Bibl.: G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-eccles., VIII, Venezia, 1842, p. 80 ss. XCVI, ivi 1859, p. 265; J. Braun, I paramenti sacri, trad. it., Torino, 1914, p. 160; E. Roulin, Linges, insignes et vêtements liturgiques, Parigi, 1930, p. 143; L. Eisenhofer, Handbuch der katholischen Liturgie, I, Friburgo in Br., 1932, p. 435; L. Mattei Cerasoli, s.v. in Enc. Ital. VIII, 1930, p. 880.

Pio Paschini

 

da Enciclopedia Cattolica, III, Città del Vaticano, 1949, coll. 695-696

 

 

 

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