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Messe latine antiche nelle
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Ildefonso Card. Schuster, Liber Sacramentorum > III.
La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua > Domenica
di Passione o "in mediana"
Missale Romanum
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DOMENICA DI PASSIONE
O "IN MEDIANA"
Stazione a San Pietro.
L'odierna stazione Vaticana è come l'ultimo ricordo
della Pannuchis vigiliare che a tempo di Papa Gelasio celebravasi
questa notte
presso la tomba del Principe degli Apostoli, prima di procedere alle
sacre Ordinazioni dei presbiteri e dei diaconi romani.
Oggi incomincia altresì la quindicina d'immediata
preparazione alla solennità pasquale, che nel terzo secolo importava
il digiuno di una dozzina di giorni
prima dell'alba di Pasqua. Nella sacra liturgia, e specialmente nel
Breviario, ci è dato di distinguere ancora il
ciclo speciale che viene a formare
questo sacro tempo di Passione. Mentre durante la quaresima - d'origine,
come dicemmo, alquanto posteriore - la Chiesa è preoccupata
dell'istruzione dei catecumeni e della preparazione dei penitenti alla
solenne riconciliazione che seguiva il
giovedì santo, nella quindicina di Passione
tutto questo passa come in seconda linea. Un sol concetto primeggia e
domina in queste due settimane, nel Messale e nel Breviario: è il
Giusto che sente come si va tramando contro
di lui la più spietata persecuzione;
Egli è innocente, ma l'odio degli avversari lo ha isolato da qualsiasi
difensore; si rivolge quindi continuamente al Padre celeste, lo prende a
testimone della propria innocenza, e lo scongiura che non l'abbandoni
nel giorno della prova.
Il ciclo liturgico della Passione incomincia colla messa
in Vaticano, sul colle cioè dove Nerone altra volta aveva eretta la
croce del primo Vicario di Cristo, e dove Simmaco aveva costruito in
onore del vessillo trionfale di Redenzione un oratorio denominato
Sancta Hierusalem, come quello Sessoriano. È da quell'oratorio
presso San Pietro che sono penetrati nella liturgia i versi:
Salva nos, Christe Salvator, per virtutem Crucis,
Qui salvasti Petrum in mare, miserere nobis.
La messa di questa domenica è tutta dominata dal ricordo
del sacrificio del Golgota, ed è tra le più ricche di sentimento e le
più belle dell'Antifonario Romano. Durante questa quindicina in cui la
liturgia rappresenta in modo cosi drammatico l'odio del Sanhedrin che va
accumulandosi sempre più contro il
Cristo, gli antichi Ordini Romani prescrivono che si taccia dopo la
salmodia così antifonica che responsoriale la dossologia finale. Si
omette pure al principio
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della messa il
salmo Iudica, ma quest'uso non è
molto antico, né ha uno speciale significato, giacché le preghiere che
ora il sacerdote recita ai piedi
dell'altare prima di cominciare l'introito vennero introducendosi la
prima volta nei paesi franchi verso il
secolo VIII. Siccome oggi il
salmo 42 viene cantato all'introito, perciò
si ometteva prima della confessione innanzi di ascendere l'ara del
sacrificio.
_____________
Nell'introito tratto dal salmo 42 è Cristo che contro la
sentenza di morte che stanno tramando contro di lui i suoi
nemici, gente prevaricatrice e piena di frode, s'appella al giudizio del
Padre, perché faccia ragione di loro il giorno della sua resurrezione. È
questo appunto il giorno in cui si rivela quella luce e quella verità di
cui oggi discorre il Salmista.
Nella colletta preghiamo Dio perché volga il suo sguardo
alla Chiesa, che è la sua famiglia; onde la Provvidenza mantenga in
forza i corpi, frattanto che la grazia custodisce i cuori. Splendida
sintesi questa, che tiene esatto conto tanto dell'elemento animale, che
di quello spirituale onde si compone l'uomo. La santità è qualche cosa
che risiede nell'anima, ma perché questa possa adornarsi di quest'aureo
paludamento, è necessario che anche il corpo e i sensi operino
gagliardamente giusta i dettami del santo Vangelo.
Nella lezione della lettera agli Ebrei (IX, 11-15),
l'Apostolo fa rilevare l'eccellenza del Nuovo Testamento a confronto
dell'Antico, derivandone la prova dal carattere definitivo e perfetto
del Sacrificio del Calvario. Infatti, mentre nell'Antica Legge bisognava
ripetere incessantemente le identiche offerte per le trasgressioni del
popolo, e il Sommo Pontefice stesso soleva ogni anno penetrare nel Santo
dei Santi affine d'offrirvi il sangue di vittime irragionevoli, Gesù
Cristo asperso del proprio sangue e a capo dell'interminabile corteo
dell'umanità redenta, una volta per sempre espia il peccato di tutta la
progenie d'Adamo, e penetra definitivamente nel santuario celeste.
Il responsorio è tratto dai salmi 142 e 17. È il Signore
che all'appressarsi del giorno della prova, paventa e supplica il Padre
che lo sottragga al trionfo dell'empio. Egli non cade d'animo, anzi è
sicuro già che Dio nel giorno di Pasqua lo sottrarrà dalle mani di quei
crudeli e della loro alleata, la morte, per esaltarlo e porlo a capo dei
suoi stessi uccisori.
Il salmo direttaneo o tratto (salmo 128) s'ispira al
medesimo ordine d'idee, ma descrive con maggior determinazione di
particolari
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la passione del Salvatore: "Quante volte, sin dalla mia
prima giovinezza, mi osteggiarono Erode e la Sinagoga, ma non riuscirono
a superarmi! Degli aratori hanno tracciato i loro solchi sul mio dorso,
specialmente durante la mia orrenda flagellazione alla colonna piantata
nell'atrio del pretorio di Pilato. Hanno affondato di molto il loro
solco sul mio dorso, ma il Signore è giusto; Egli pei suoi fin
inscrutabili ma sempre magnifici permette che a tempo l'iniquo opprima
l'innocente, ma nel giorno del suo trionfo, nell'alba pasquale,
schiaccerà le teste dei peccatori".
Oramai la rottura fra Sanhedrin e Gesù è inevitabile,
anzi è stata ufficialmente decisa e proclamata in tutte le trecento e
più Sinagoghe della santa città. Gesù è posto al bando dell'eredità di
Israele, e chiunque comunica con lui incorre parimenti nella pena di
scomunica. Gli Ebrei lo ritengono per un invasato del Satana, mentre il
Salvatore li sfida a convincerlo d'un sol peccato. Dalla propria difesa
passando poi all'offensiva, dimostra che gli avversari non sono da Dio,
ché altrimenti presterebbero fede alle di lui parole.
Terribile sentenza, la quale fornisce anche ai Cristiani
un facile criterio per giudicare se essi hanno o no lo spirito del
Signore! La lingua e la mente riflettono l'esuberanza del cuore. Se
questo è ripieno dello spirito e dell'amor di Dio, si dilettano a
pensare e a parlare di Dio; altrimenti no.
Il verso dell'offertorio è tolto dal salmo 118, che
esprime il, desiderio e la compiacenza del giusto nel battere la via dei
comandamenti di Dio, anche di fronte alle minacce degli avversari. Gesù
inoltre - che è per eccellenza il Giusto di cui canta il Salterio -
torna con insistenza a dimandare al Padre
ut vivam, ora sopratutto
che gli Ebrei sono decisi di togliergli questa vita. L'oggetto tuttavia
della preghiera del Salvatore non è già d'esser sottratto alla morte
temporale, Egli che invece era venuto a morire per noi, vuole la vita
della resurrezione, quale per mezzo della grazia e quindi della gloria
Egli doveva appunto comunicare al suo mistico corpo.
Nella preghiera d'introduzione all'anafora eucaristica
supplichiamo il Signore che i meriti dell'eucaristico Sacrificio
infrangano i lacci della nostra malizia, e c'impetrino i tesori della
divina misericordia.
Trattasi infatti di veri lacci, giusta le parole del
Salvatore: Omnis qui facit peccatum, servus est peccati. Mentre
il peccatore violando la legge s'argomenta d'essersi restituito in
libertà, egli s'inceppa dentro i più obbrobriosi vincoli che saprebbe
mai immaginare, costituendosi schiavo delle passioni e quindi anche di
Satana.
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Il verso per la Comunione, contrariamente alle regole,
non è tolto né da un testo salmodico, né dalla lezione evangelica del
giorno corrente. Esso invece è stato derivato con qualche ritocco da
Luca (XXII), perché dichiara assai bene come l'Eucaristico Sacrificio
abbia carattere commemorativo della passione del Signore la cui memoria
liturgica s'inaugura per l'appunto quest'oggi. È per l'identico motivo
che sant'Ambrogio poté dire che la Chiesa celebra quotidianamente i
funerali di Gesù, in quanto che l'intera vita cristiana colle sue pene,
le sue austerità, i suoi sacrifici, non è altro che l'integrazione e lo
svolgimento d'un unico dramma di salute inaugurato già sul Golgota; il
compimento d'un solo sacrificio, quello di Gesù Cristo, il quale
accentra in sé, santifica e consacra tutti i nostri sacrifici.
Una enim oblatione consummavit
in sempiternum sanctificatos
[1].
Nella colletta di ringraziamento, o Eucaristia -
da distinguersi ad ogni modo dall'antica, originale Eucaristia o
rendimento di grazie, qual era la stessa anafora consecratoria -
preghiamo Dio che continui a proteggere colla sua grazia quanti ora ha
confortati col farmaco del Sacramento. Non basta infatti di accostarsi
alla santa Comunione, ma dopo bisogna sviluppare per mezzo d'una docile
corrispondenza quei germi di vita divina, che Gesù in Sacramento viene
ad inoculare nell'anima nostra.
Una delle piaghe più dannose del nostro tempo è la
mancanza di fortezza soprannaturale, la quale fa sì che gli stessi
predicatori evangelici esitino talvolta a denunciare alla generazione
frivola contemporanea quanto nella dottrina cristiana vi è in
opposizione colle aspirazioni dei mondani. Si cercano inoltre dai fedeli
delle mitigazioni, dei compromessi, che spesso finiscono per divenire
delle assurde mistificazioni del Vangelo di Cristo. Non si vuol pensare
ai Novissimi, si deve tacere dei diritti imprescrittibili di Dio e della
Chiesa, per non urtare le suscettibilità degli uomini. In questo caso,
non sarebbe più il Cristianesimo che converte il mondo, ma il mondo che
si raffazzona un Cristianesimo a modo suo. Eppure Gesù e i Martiri per
nostro ammaestramento non esitarono ad annunziare il Vangelo nella sua
integrità, pur sapendo che sarebbe staro per loro un motivo di morte.
__________________________
[1]
Heb. x, 14.
da: A. I. SCHUSTER, Liber Sacramentorum. Note storiche e
liturgiche sul Messale Romano - III. Il Testamento Nuovo nel Sangue del
Redentore (La Sacra Liturgia dalla Settuagesima a Pasqua), Torino-Roma,
Marietti, 1933, pp. 150-153.
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