Messe latine antiche nelle Venezie 
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Don Siro Cisilino restauratore
del culto tradizionale

Omelia alla messa solenne di requiem celebrata a Blessano di Basiliano (Udine) il 3 marzo 2003

di don Ivo Cisar

 

Il motivo per cui visse ed operò il defunto don Siro Cisilino, restauratore del culto tradizionale, e per cui ci riuniamo noi oggi qui nel suo ricordo, nel 16° anniversario della sua morte e nell'anno centenario della sua nascita, per pregare per la Sua anima ed offrire per lui a Dio il santissimo sacrificio, non è quello di un semplice estetismo - anche se la liturgia c.d. tridentina si distingue per un singolare splendore -, né quello di un archeologismo, anche se nella liturgia preconciliare sono raccolti tesori accumulati lungo i secoli, ma è soprattutto quello di rinnovare la nostra adesione all'interezza del dogma cattolico e della fede, dettato dalla "sana dottrina", ripetutamente raccomandata da san Paolo nelle sue lettere pastorali.

Entrati nel terzo millennio dell'era cristiana, come ama ripetere il Papa, non è da abbandonare e da disperdere, ma da conservare, rivalutare e sfruttare tutto il patrimonio dogmatico e spirituale dei secoli che ci hanno preceduto, spesso con grande sapienza teoretica e pratica. In particolare la liturgia si trova oggi in crisi, come constatano numerosi convegni, anche perché ne è stata emarginata la musica sacra, su cui secoli fecondi indagò appassionatamente ed instancabilmente don Cisilino, da vero musicologo, anche se autodidatta, ma forse proprio per questo, e soprattutto perché sacerdote, tanto più dedito alla causa.

Vengono a proposito le parole che il Santo Padre ha pronunciato nella catechesi del mercoledì scorso, il 26 febbraio:

"È dunque, necessario scoprire e vivere costantemente la bellezza della preghiera e della liturgia. Bisogna pregare Dio non solo con formule teologicamente esatte, ma anche in modo bello e dignitoso. A questo proposito, la comunità cristiana deve fare un esame di coscienza perché ritorni sempre più nella liturgia la bellezza della musica e del canto. Occorre purificare il culto da sbavature di stile, da forme trasandate di espressione, da musiche e testi sciatti, e poco consoni alla grandezza dell'atto che si celebra. È significativo, a tale proposito, il richiamo della Lettera agli Efesini ad evitare intemperanze e sguaiatezze per lasciare spazio alla purezza dell'inneggiare liturgico: 'Non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito, intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo' (Ef 5,18-20)".

Per tornare a don Cisilino, questi, dopo varie mansioni iniziali, vicario di Blessano per 17 anni (dal 1935 al 1952), si trasferì a Pantianicco nella casa paterna e dopo altri quattro anni approdò a Venezia, nel 1956, per dedicarsi meglio alla sua attività preferita di ricerca, trascrizione e parziale ricostruzione, in almeno 450 tomi, delle opere musicali religiose, specialmente polifoniche, del Rinascimento e del Protobarocco europeo, dimenticate nelle biblioteche, ed oggi divenute una miniera per ricercatori italiani e stranieri, trovandosi anche in contrasto con musicisti come Strawinski e Malipiero. Ma soprattutto amava la messa che chiamiamo tridentina.Gli ultimi due anni di vita trascorse nel suo paese natale, dove lasciò questa terra, per unirsi ai cori degli angeli, il 4 marzo 1987.

Fa parte del patrimonio tramandato anche l'escatologia ossia la dottrina sulle "ultime cose" e la relativa liturgia che stiamo celebrando oggi.

1) Innanzitutto, la morte non era messa tra parentesi, fingendo come se essa non esistesse, ma tutta la vita del cristiano era orientata verso l'eternità, come preparazione remota, tempo di semina e del meritare, e poi quella prossima, nell'Ordo commendationis animae, al grande "passaggio al Padre", come lo chiama Gesù nell'Ultima Cena (Gv 13,1). L'evento della morte non aveva luogo nell'anonimato, ma in mezzo alla comunità cristiana e familiare, entro il contesto di preghiere intense e dei sacramenti, di cui l'ultimo è il viatico, ossia la santa Comunione, che è il germe della risurrezione futura in Cristo: "Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno" (Gv 6,54). Mentre l'Unzione degli infermi è il sacramento dei malati, il sacramento dei moribondi è, appunto, l'Eucaristia.

2) La sepoltura cristiana - al cui senso è contraria la cremazione - avviene nel massimo rispetto per il corpo, che era stato partecipe della vita e del combattimento spirituale, e che verrà risuscitato. Il cimitero, koimetérion in greco, significa dormitorio, secondo le parole di Gesù: "la fanciulla non è morta, ma dorme" (Mt 9,24; Mc 6,39; Lc 8,52) e "Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma io vado a svegliarlo. ... Io sono la risurrezione e la vita" (Gv 11,11.25). Il cimitero si trovava spesso nei pressi della chiesa, nelle vicinanze del luogo del sacrificio della s. messa e della presenza reale di Gesù, nostra Risurrezione e Vita (cfr. Gv 11,25; 14,6).

3) Per la maggior parte dei cristiani defunti segue poi il purgatorio, un immenso dono della misericordia di Dio che dà a coloro che muoiono "in Cristo", nello stato di grazia, la possibilità di purificarsi, come, del resto, loro stessi desiderano, prima di comparire "senza macchia né ruga" (Ef 5,27), con un "cuore del tutto puro" (Mt 5,8), al cospetto di Dio, per godere della visione beatifica (1Cor 13,12; 2Cor 5,7). I funerali con al centro la s. messa hanno per fine, appunto, non solo quello di "piangere con chi piange" (Rm 12,15), ma anche quello di offrire a Dio il corpo come sacrificio (Rm 12,1), incensandolo quale vittima; ma soprattutto quello di intercedere per l'anima del defunto, che si trova  probabilmente nel purgatorio, mediante Cristo che rinnova per noi continuamente sull'altare il sacrificio della croce, mezzo principale di sollievo delle sofferenze purificatrici delle anime nel purgatorio.

4) Al momento della morte ha luogo il giudizio particolare, secondo le parole della lettera agli Ebrei: "È stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio" (Eb 9,27), perché "tutti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male" (2Cor 5,10). Perciò afferma Gesù che dopo, nell'ultimo giorno, quello del giudizio universale, "verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la voce del Figlio di Dio e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna" (Gv 5,29). Allora avrà luogo il grande "discernimento", la separazione che molti vorrebbero anticipare, ma che la misericordia di Dio pazientemente (Rm 2,4) rimanda, perché "tutti abbiano modo di pentirsi" (2Pt 3,9); solo Gesù, quale Re-Pastore, separerà le pecore dai capri, ponendole alla sua destra (Mt 25,32-33), come Lui sta alla destra del Padre; solo allora i mietitori, gli angeli, mandati da Gesù Cristo, "raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti" (Mt 13,41-42). Non per nulla durante la s. messa per i defunti, celebrata nel colore nero, oggi consentito anche per la nuova liturgia, si canta la magnifica sequenza Dies irae, piena di reminiscenze ed allusioni bibliche. Nel Credo noi professiamo, con gli apostoli: "verrà a giudicare i vivi ed i morti" (2Tm 4,1). Nella liturgia di una volta non esisteva la consuetudine di tessere elogi del defunto, e tanto meno erano ammessi gli applausi. San Paolo scrive: "attendete alla vostra salvezza con timore e tremore" (Fil 2,12) e san Pietro: "Se il giusto a stento si salverà, che ne sarà dell'empio e del peccatore?" ( 1Pt 4,18). Pertanto san Paolo scrive di se stesso: "anche se non sono consapevole di colpa alcuna, non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore! Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori: allora ciascuno avrà la sua lode da Dio." (1Cor 4,4-5)

5) Ma egli stesso, nella sua ultima lettera, esprime anche la speranza cristiana che si riferisce, appunto, a Dio, in Cristo, per i meriti del Redentore: "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione" (2Tm 4,7-8). Confido che queste parole si possano applicare fiduciosamente anche a don Siro Cisilino. La speranza cristiana è una virtù teologale, obbligatoria, che si fonda sull'opera redentiva di Gesù Cristo, secondo le parole di s. Paolo: "Non c'è dunque nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù" (Rm 8,1). "Voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: "Abbà, Padre!". Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria" (Rm 8,15-17).

Il paradiso, il cielo è lo stare con Cristo, secondo le espressioni di san Paolo: "Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno. … Desidero di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo" (Fil 1,23). "Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non  hanno speranza. Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui. … Così saremo sempre con il Signore. Confortatevi dunque a vicenda con queste parole" (1Ts 4,13-14.17-18).

 

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LINK UTILI

La chiesa di S. Simon Piccolo a Venezia

Fondazione Giorgio Cini onlus | Il Fondo Cisilino

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Inserito il 7 marzo 2003

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