UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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Nell'ambito dell'ampio spazio dedicato dalla stampa locale, e non solo locale, alla messa secondo l'antico rito celebrata il 7 febbraio 2004 a Mantova, sono usciti sulla Gazzetta di Mantova l'intervento di monsignor Pompeo Piva, definito "uno dei più autorevoli teologi moralisti italiani" (Il rito tridentino? Archeologia pura), e poi quello di Carlo Prandi, storico delle religioni, tentativo un po' patetico di difesa d'ufficio del primo (Rispondere in italiano alla magia del latino). Entrambi contengono pesanti attacchi contro la messa secondo l'antico rito, e contro gli organizzatori della funzione mantovana. Abbiamo chiesto al prof. don Ivo Cisar un parere in merito.

Una Voce Venetia

 

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Considerazioni minime su interventi a proposito della "messa tridentina"

Archeologia o archeologismo?

Soggetto celebrante della santa messa non è una comunità indistinta (quasi un collettivo che si riunisce in assemblea), ma è Cristo mediante il ministro-sacerdote

di don Ivo Cisar

 

1) Archeologismo è la posizione dei nuovi riformatori postconciliari della liturgia (vedi Pio XII, Mediator Dei; Card. Ratzinger, Rapporto sulla fede) che sono andati molto oltre le disposizioni, peraltro assai generiche, del Concilio Vaticano II, il quale, tra l'altro, non ha abolito il latino (vedi SC 54, 101) ed ha ben delimitato la facoltà di concelebrare (SC 57; can. 902 CIC); l'altare voltato verso il popolo non è affatto necessario né obbligatorio (EV 2, 396, 610; da ultimo il Responso della Congregazione del Culto Divino del 25 settembre 2000) ed è stato fondatamente criticato, tra l'altro, dal Card. Ratzinger in Introduzione allo spirito della liturgia (non è giustificato storicamente, chiude la Chiesa in se stessa, pone al centro dell'attenzione il sacerdote celebrante ecc.; cfr. Klaus Gamber, La celebrazione versus populum e Verso il Signore).

2) Errore fondamentale di Mons. Piva e di Prandi, che appaiono assai scarsi nelle nozioni teologiche (che bisognerebbe spiegar loro più a lungo, mentre accusare di ignoranza i vituperati "tradizionalisti" veronesi è per lo meno temerario), è la concezione sbagliata della Chiesa e della sua relazione con Cristo Capo: soggetto celebrante della santa messa non è una comunità indistinta (quasi un collettivo che si riunisce in assemblea), ma è Cristo mediante il ministro-sacerdote (il popolo di Dio è strutturato gerarchicamente, vedi la costituzione dogmatica Lumen gentium, ed il sacerdozio ministeriale precede la Chiesa, come insiste specialmente Giovanni Paolo II in Pastores dabo vobis).

3) Non si confonda l'attiva partecipazione alla santa messa, che è tutta spirituale, con un attivismo materiale (Giovanni Paolo II, ai vescovi statunitensi il  9 ottobre 1998).

4) Assai discutibile, a volte per tagli arbitrari, non sempre comprensibile e proficua per i fedeli è la scelta dei brani della sacra Scrittura nel nuovo Lezionario (per esempio nella messa tridentina i brani sono scelti meglio, sono più ampi, con la ripetizione si imprimono meglio nella memoria, ecc.) Si vedano le fondate considerazioni di mons. Klaus Gamber, Osservazioni critiche sul nuovo ordinamento delle lezioni nella messa .

5) La predicazione (l'omelia di esclusiva competenza, sempre per ragioni teologiche sconosciute ai giornalisti, del presbitero o del diacono: vedi can. 767 § 1 del CIC) è spesso difettosa, non per colpa della messa tridentina, ma perché la predicazione è sottovalutata dai sacerdoti e dai vescovi (che dovrebbero sorvegliarla), la preparazione seminaristica teologica dei sacerdoti non è sempre adeguata, s'indulge ad un vago biblicismo psicologizzante, si trascurano alcune verità di fede.

6) Non è  vero che le lingue volgari siano assenti dalla liturgia (soprattutto quella detta "della parola"), ma è vero anche che non basta capire le parole solo materialmente. In sintesi, la "nuova messa" si avvicina allo spirito protestante sotto vari aspetti.

 

 

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Inserito l'11 marzo 2004

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