Messe latine antiche nelle Venezie 
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Pessimismo/ottimismo

Questa, in una nostra traduzione, l'intervista con mons. Williamson uscita sul periodico francese Minute dell'8 marzo a proposito della riconciliazione tra la Santa Sede e la Fraternità San Pio X. Si dice che il Santo Padre tratterà questa questione - strettamente legata con quella della c.d. liberalizzazione della messa di san Pio V - il prossimo 23 marzo nel suo incontro con il collegio dei cardinali, ovvero il 7 aprile alla riunione con i capi dei dicasteri della Curia romana. Da settimane una ridda di voci si rincorrono, ma in realtà non si sa nulla di preciso su se e che cosa sarà fatto, per cui si può solo attendere le decisioni del Pontefice. Quando alla posizione della Fraternità è utile confrontare l'intervista di mons. Williamson, le cui affermazioni sono ben chiare, con quella rilasciata da mons. Fellay al Tempo del 12 marzo: Fellay in chiusura dichiara "sull'argomento Williamson è più pessimista mentre io sono più ottimista".

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Un vescovo alza la voce di fronte a Roma

Mons. Williamson: "La Roma
del concilio non è cambiata"

 

Mons. Richard Williamson è il superiore del seminario di La Reja (Argentina) che dipende dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FFSPX), fondata da mons. Marcel Lefebvre. Fa parte dei quattro vescovi consacrati da mons. Lefebvre nel 1988, atto che ha determinato la rottura tra Roma e i cattolici tradizionalisti. Mentre sono in corso negoziati tra la Santa Sede e la Fraternità, che potrebbero portare alla eliminaziome delle sanzioni dichiarate da Giovanni Paolo II, e ad alcune settimane da un incontro determinante - secondo le nostre informazioni - tra papa Benedetto XVI e mons. Bernard Fellay, superiore generale del FFSPX, mons. Williamson, considerato uno degli esponenti della "linea dura" con la Santa Sede, risponde alle nostre domande. Opinioni che, è necessario precisarlo, non impegnano né mons. Fellay, né, certamente, la redazione di "Minute".

 

"Minute": Monsignore, in questi ultimi mesi la Fraternità Sacerdotale San Pio X sembra avere esitato a riconciliarsi con Roma. La situazione appare confusa. Che cosa è ciò che vi ispira?

Mons. Richard Williamson: I cattolici si trovano in una grande confusione perché si perde il dogma della fede.

Scusi se la interrompo, che cosa significa quest'espressione un po' strana "dogma della fede"?

L'espressione è della vergine Maria: nel luglio 1917, Nostra Signora rivelò ai bambini di Fatima (a Lucia) ciò che è chiamato il Terzo Segreto. Al di là della controversia sulla sedicente "pubblicazione" da parte del Vaticano di questo testo nel 2000, è innegabile che suor Lucia ne rivelò le prime parole: "In Portogallo non si perderà il dogma della fede". Queste due parole vanno dritto al cuore della crisi che ci affligge dopo il Vaticano II. Cristallizzano trent'anni di tensione tra Roma e la FSSPX. Il mondo moderno dissolve la nozione stessa di verità oggettiva. I cattolici non perdono forse la fede, ma perdono ogni senso del carattere dogmatico della fede, vale a dire che dai papi conciliari fino al più umile dei fedeli tutti credono che la fede cattolica è vera, ma non credono più che questa fede condanna gli errori e le false religioni che le sono contrarie. Solo un piccolo resto di fedeli non ha seguito il disastroso concilio nella sua rinunzia al carattere dogmatico della fede cattolica. E questo piccolo resto è costantemente incalzato dalla Chiesa ufficiale - e dal mondo - che non vuole assolutamente essere condannata da coloro che rifiutano di perdere il dogma della fede.

Dunque che il mondo perda il senso della verità dottrinale quando la Chiesa cattolica non fa il suo lavoro, non vi è nulla di più normale. Che la Chiesa perda questo senso, è un dramma: quello del concilio Vaticano II, che, anziché illuminare il mondo, ha voluto essere illuminato da lui! Ora, la forza e l'unità della FSSPX, così come li si sono conosciuti, venivano da questa chiarezza dottrinale che mons. Lefebvre ha trasmesso ai sacerdoti della sua Fraternità. Ma per poco che questi sacerdoti (e vescovi) si lasciassero influenzare dal mondo, che è onnipresente, e dalla Chiesa del concilio, perderebbero la loro chiarezza dottrinale, e allora la confusione sarebbe completa.

 

Non c'è salvezza nella libertà religiosa!

Che cosa pensa dei recenti incontri tra mons. Fellay, il superiore della Fraternità, e le autorità romane?

Ho seguito attentamente gli eventi attraverso i mezzi di comunicazione, come tutti. Inoltre, alcuni giorni dopo l'incontro del 15 novembre a Roma tra Mgr Fellay ed il cardinale Castrillón Hoyos, prefetto della Congregazione per il clero e presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, ho ricevuto da mons. Fellay una relazione su questa riunione che è durata oltre cinque ore. Devo confessare che la lettura di questa relazione è stata per me piuttosto deludente. Mi è sembrato che il cardinale Castrillón non comprenda la Fraternità meglio che nel 2000/2001, in occasione degli ultimi negoziati tra Roma e la Fraternità, conclusisi con un fallimento.

Che cosa ha pensato del discorso di Benedetto XVI del 22 dicembre 2005, che pone una distinzione tra i testi del concilio Vaticano II e il suo spirito?

Questo discorso sembra presentare il programma del suo pontificato. La sua idea forza è che il concilio Vaticano II sarebbe la soluzione dei problemi tra la Chiesa ed il mondo moderno, e che la chiave di questa soluzione sarebbe il principio della libertà religiosa. Benedetto XVI difende questo principio con tre argomenti.

Primo, cita il testo evangelico: "rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio", come se Cesare non avesse nulla da rendere a Dio! Ma essendo la "socialità" intrinseca alla natura umana, ogni uomo deve a Dio un culto non solo individuale, ma anche sociale. Dunque Cesare come capo della società deve rendere un culto pubblico a Dio.

Secondo, i martiri cristiani, dice Benedetto XVI, sono morti per ragioni di coscienza, dunque per la libertà religiosa. È falso. Sono morti per la vera fede di nostro Signore Gesù Cristo.

Terzo, Benedetto XVI dice ancora dei martiri sotto l'impero romano che essi hanno rifiutato il culto dell'imperatore, e dunque che hanno rifiutato la religione dello Stato. È falso. Quello che rifiutavano era il culto falso, non il principio di una religione di Stato.

Ora il principio della libertà religiosa è nel cuore della perdita del dogma della fede. È nel cuore di questo mondo moderno anticattolico. È responsabile della dissoluzione, cui assistiamo, di ogni pensiero, di ogni dottrina, di ogni verità.

Il discorso del 22 dicembre mostra dunque che la Roma del concilio non è cambiata. Il dogma della fede è sempre in pericolo. Dunque mi sembra che Benedetto XVI, nonostante la sua apparente buona volontà, difficilmente possa promuovere il vero bene della Chiesa, perché non lo comprende.

Che cosa possono sperare, dunque, da questo pontificato i cattolici fedeli alla tradizione?

A meno che Dio non faccia un grande miracolo che restituisca agli uomini della Chiesa del concilio il senso del dogma della fede, non sembra si possa sperare granché, umanamente parlando, da questo pontificato. Ma "divinamente parlando", i cattolici devono conservare una grande speranza, perché questa situazione inedita della Chiesa fa loro guadagnare meriti immensi!

 

"Che cosa resta da discutere?"

Pensa che il dialogo con Roma sia possibile?

Mi sembra che, dalle consacrazioni del 1988, il dialogo tra questa Roma conciliare e la FSSPX sia ben difficile, o impossibile. "Cum negante principia nequit disputari": "è impossibile discutere con chi nega i principi", dice il proverbio scolastico. Ma, come sottolineava mons. Lefebvre, rompendo il dialogo con Roma nel 1988 per procedere alle consacrazioni dei vescovi, questa Roma - in quell'occasione il cardinale Ratzinger! - con i principi del concilio cerca di scristianizzare il mondo, mentre la Fraternità cerca di cristianizzarlo. L'opposizione è per diametro! Che Cosa rimane da discutere?

Inoltre, il dialogo in sé non è privo di rischi, perché suscita false speranze, controversie e delusioni, se non ha successo. La sua stessa apertura deve essere oggetto di matura riflessione. Io so che dalla rottura delle conversazioni tra la Roma conciliare e la Fraternità nel 2001, il cardinale Castrillón voleva assolutamente riannodare i contatti. La visita del superiore generale e del primo assistente della Fraternità per onorare il nuovo Papa nel mese di agosto gliene ha offerto l'occasione...

Ogni dialogo è dunque definitivamente escluso?

Se la discussione deve avere luogo, il grande principio deve essere il primato della dottrina della fede. La tensione tra la Roma conciliare e la FSSPX non è di poco conto: ne va della fede cattolica senza la quale nessun essere umano può salvare la propria anima. Allora gli interessi di questa fede ben la precedenza sia sugli interessi di questa Roma e sia su quelli della FSSPX.

Alcuni fedeli sembrano stanchi della battaglia della Tradizione. Che ne dice?

Coraggio! Meditate, meditate, meditate i fini ultimi! Che vantaggio avrà un uomo a guadagnare tutta Roma se lascia che la sua fede sia in pericolo? Che cosa importa a un uomo di perdere i suoi amici, la sua pace, il suo prestigio, persino al suo focolare e - apparentemente - anche la sua Chiesa, se conserva il dogma della fede e, conservando questa fede, può ancora salvare la sua anima? Tutto stanca, tutto passa, eccetto l'eternità!

Dio non ci dimentica. Ogni capello della nostra testa è contato. È una verità di fede. È il padrone del tempo. Ci salverà nell'ora che egli ha stabilito. Intanto, ci vede nelle nostre difficoltà e la sua grazia noi non mancherà mai. Coraggio, dunque, e attendiamo serenamente l'ora di Dio.

La Fraternità ha superato i 35 anni. Che bilancio ne farebbe?

Come è stata fondata da mons. Lefebvre, la Fraternità è stata alla testa della battaglia della fede e lo è ancora, ma non lo sarebbe più se compromettesse il dogma della fede.

Mons. Lefebvre non ha mai abbandonato la messa di san Pio V (la messa in latino, Ndr), perché essa esprime questa dottrina. Ha formato i sacerdoti della Fraternità con questa dottrina e con questa messa, e con questa messa questi sacerdoti hanno mantenuto la fede del piccolo gregge di Nostro Signore.

I fedeli hanno per la Fraternità una grande stima e affetto, ma i migliori tra loro smetterebbero di seguirla se essa si compromettesse con questi romani che hanno perso il dogma della fede.

La Fraternità ha delle rughe?

L'ambiente del FSSPX è molto cambiato dagli anni settanta e ottanta: la Chiesa conciliare si è immersa nei suoi errori e nella sua decadenza, e abbiamo visto apparire diversi movimenti che si richiamano della tradizione cattolica, ma che non condividono completamente le posizioni della Fraternità. In altre parole la confusione delle anime è sempre più grande. Come si è adattata la Fraternità a queste evoluzioni?

C'è un meraviglioso testo di padre Garrigou-Lagrange: "Misericordia e fermezza dottrinale possono esistere soltanto collegandosi; separate l'una dell'altra muoiono e non lasciano che due cadaveri: il liberalismo umanitarista con la sua falsa serenità e il fanatismo con il suo falso zelo. È stato detto: 'la Chiesa è intransigente di principio perché crede, è tollerante in pratica perché ama'. I nemici della chiesa sono tolleranti di principio perché non credono, intransigenti in pratica perché non amano"(Dieu, son existence et sa nature, Paris 1923, p. 725).

Fino al 1991, la Fraternità ha avuto sotto gli occhi la congiunzione ammirevole di fede e di carità nella persona del suo fondatore, mons. Lefebvre. Da quando ci ha lasciati, possiamo essere tentati sia di mancare alla carità chiudendoci nella esattezza della nostra fede, sia di mancare alla fede avendo troppa compassione per gli errori del mondo che ci circonda, ivi compresi quelli della Chiesa conciliare. Noi dobbiamo credere e amare. Da questo possiamo chiederci: abbiamo sempre lo zelo missionario del nostro fondatore? Il suo ardore e la sua fermezza nel difendere la fede?

Su quali punti dovranno indirizzarsi gli sforzi della Fraternità?

Dobbiamo, mi sembra, armare maggiormente i nostri futuri sacerdoti contro gli errori del mondo liberale. La buona dottrina classica non basta più. I seminaristi hanno bisogno di una formazione controrivoluzionaria fondata in particolare sulle grandi encicliche antiliberali dei papi preconciliari, alle quali mons. Lefebvre teneva tanto.

Inoltre i sacerdoti della Fraternità devono formare laici che comprendano a fondo le origini della crisi della Chiesa e del mondo, di cui il Vaticano II non è che una suprema manifestazione. In mancanza di tale formazione, i laici seguirebbero presto o tardi la comoda corrente dell'apostasia universale.

Una fede così illuminata è naturalmente apostolica e missionaria, cioè caritatevole. I sacerdoti come i  laici devono avere per la moltitudine delle anime smarrite che ci circondano la preoccupazione che ha per loro la nostra madre Chiesa cattolica.

 

Partenze che avrebbero potuto essere evitate

La FSSPX ha perso numerosi sacerdoti in questi ultimi anni. È stato molto doloroso per gli interessati e per i fedeli. Quali sono le cause? Ci sono rimedi?

Innanzitutto non pensiamo che sia soltanto la Fraternità che perde sacerdoti. L'apostasia universale, lo smembramento delle famiglie e della società hanno indebolito gli uomini e ne portano via costantemente da tutte le parti. Di conseguenza, i seminari devono somigliare più a una famiglia e meno a una caserma. Noi superiori dobbiamo preoccuparci di mantenere un contatto paterno con i nostri sacerdoti, e chiederci se non avremmo potuto evitare alcune di queste partenze.

La FSPPX eleggerà il suo nuovo superiore generale nel mese di luglio. Quali saranno per voi le sfide di quest'elezione?

Abbiamo visto che nel cuore di questa crisi vi è la perdita del senso della verità, del primato della dottrina e della purezza della fede cattolica. Ecco dunque ciò che il nuovo superiore generale dovrà mantenere in modo prioritario. In tal modo, gli sarà più facile far comprendere e praticare la vera carità di cui parla san Paolo, e di cui le anime hanno perdutamente bisogno.

Ma, Monsignore, che cosa significa questo significa concretamente?

Ebbene, il futuro superiore generale dovrà guidare la piccola barca della Fraternità fra onde sempre più alte! Vediamo bene che il cambiamento del mondo si accelera, i vecchi riferimenti scompaiono l'uno dopo l'altro.

La Chiesa conciliare si sfalda e vedremo il clero ufficiale ancora rarefarsi. Allo stesso tempo, le altre religioni acquisiscono ogni giorno più diritti nelle nostre vecchie cristianità. Il peso delle ideologie anticristiane si fa sempre più pesante, come pure quello dello Stato democratico. Le strutture familiari si indeboliscono, anche tra i cattolici. Tutto ciò pesa direttamente sulla vita dei fedeli e della nostra congregazione.

Secondo una visione umana, nulla sembra capace di rallentare questa decadenza. Il superiore generale avrà dunque l'incarico di mantenere la fede ed lo zelo dei nostri sacerdoti in quest'ambiente che si allontana sempre più dalla realtà, naturale e sovrannaturale.

La Fraternità è dunque a un bivio?

Sì. O prende la strada eroica delle cime e, rifiutando prestigio e onori, accetta di essere vituperata e perseguitata dal mondo. Allora sarà amata e seguita dal "piccolo gregge" di nostro Signore Gesù Cristo.

O prende la strada della comodità e della facilità, compromettendosi con il mondo e la Chiesa del mondo, vale a dire la Chiesa conciliare. Sarà allora a poco a poco abbandonata dalle pecore, che non riconosceranno più in essa la voce del divino Padrone.

Quali saranno le qualità più importanti del futuro superiore generale per affrontare queste sfide?

Prima di tutto essere forte nella fede, e poi umano, soprattutto verso i suoi sacerdoti. Gli occorrerà giudizio, prudenza e capacità di adattamento per distinguere e salvaguardare l'essenziale. Era questa una delle grandi qualità di mons. Lefebvre.

Invece il superiore non ha bisogno di essere un santo. Per un superiore, la santità è un lusso, per così dire. San Tommaso d'Aquino lo ha detto una volta per tutte: "Insegni, se è sapiente. Preghi, se è santo. Governi, se è prudente".

Un ultimo messaggio?

Vegliamo, e preghiamo nostra Signora.

 

da "Minute", 8 marzo 2006. Trad. it. nostra.
minute.hebdo.free.fr

 

 

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Inserito il 17 marzo 2006

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