Messe latine antiche nelle Venezie
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SE SI DÀ IL PERMESSO NON HA SENSO LIMITARLO

Verona, importante documento del 1994 sulla messa latina antica

Don Breoni: "a me parrebbe rispettoso di tutti che un permesso dato non avesse restrizioni come quelle che mi pare siano state date" "se è possibile celebrare cinquanta domeniche, perché non lo sarebbe nelle grandi tappe liturgiche?"

 

Riportiamo un documento di estremo interesse, una lettera pubblicata nel maggio 1994 su "Verona Fedele", il settimanale della diocesi veronese, a firma di don Rino Breoni, all'epoca parroco di S. Nicolò, ora abate di S. Zeno in Verona. La lettera usciva dopo la pubblicazione del decreto 23 marzo 1994 (Prot. N. 49/94) del vescovo mons. Attilio Nicora che autorizzava la messa secondo il Missale Romanum del 1962 nella rettoria di S. Toscana le domeniche e le feste di precetto, "con esclusione delle solennità di Natale, Pasqua, Pentecoste".

La lettera è di otto anni fa, da allora - i fatti sono noti - la situazione non è mutata, il divieto permane anche sotto il nuovo vescovo mons. Flavio Carraro. Dal discorso di don Breoni si capisce anche che egli non sarebbe proprio favorevole alla celebrazione della messa antica: egli riconosce, però, che "l'Autorità somma della chiesa decide oggi che sia possibile l'uso di un messale vecchio di secoli…" (nella lettera peraltro è contenuta più di una inesattezza). Ma il ragionamento di don Breoni è di quelli di una logica che né gli anni né le posizioni contrapposte potranno mai appannare: se si decide di dare il permesso - e la decisione si basa su validi fondamenti - è contraddittorio porvi limitazioni che in quanto tali sono arbitrarie. È "dare un colpo al cerchio ed uno alla botte…", dice don Breoni.

Nella lettera c'è un'osservazione che oggi è della massima attualità, e a nostro giudizio tocca il cuore del problema. "Se a Natale, Pasqua, Pentecoste qualcuno di loro (i fedeli di S. Toscana, N.d.R.) si unisse alle celebrazioni di S. Nicolò, ad esempio, si troverebbe a disagio e disagio lo creerebbe anche agli altri", rilevava don Breoni otto anni fa. Oggi, la Pentecoste del 2002, se un fedele che quel giorno non ha la messa in latino entrasse in S. Nicolò, troverebbe don Marco Campedelli che dice messa con i burattini, altro che disagio…

Una cosa è che il vescovo non intervenga a far cessare lo scandalo dell'abuso perpetrato da don Campedelli e compagni a S. Nicolò con la complicità del parroco don Roberto Vinco, come scrive Andrea Tornielli sul Giornale del 6 giugno 2002. Cosa diversa, ben più grave, che si imponga ai fedeli di S. Toscana di assistere a questi abusi a Natale, Pasqua e Pentecoste, perché a pensarci bene è proprio di questo che si tratta. E non è dubbio che i cristiani hanno il diritto a celebrazioni non abusive…

A meno che qualcuno non voglia dire che anche i burattini e i pagliacci sull'altare sono stati "firmati" da Paolo VI con i Padri conciliari.

 

 

Restrizioni al latino in chiesa...

 

Rev.mo Signor Direttore, ho appreso dai giornali che anche nella nostra chiesa locale è stato dato il permesso alla celebrazione all’Eucaristia in lingua latina, secondo il rito tridentino.

 

Non entro nel merito del significato della richiesta. L’Autorità che ha concesso tale permesso si è valsa di un Superiore Indulto.

 

Fin qui niente da dire. La persona responsabile del gruppo veronese che ha richiesto tale celebrazione, ha dichiarato alla stampa di avere avuto una sorta di "folgorazione" assistendo ad una Messa in latino in quel di Bologna. Conosciamo le rivendicazioni di persone amanti del latino ed il valore pastorale della lingua parlata. Ciò che mi lascia invece perplesso è la limitazione posta a tali celebrazioni domenicali. In S. Toscana si celebrerà, secondo il rito tridentino, ogni domenica ma non a Natale, Epifania, Pasqua, Pentecoste… Qui il conto non mi torna più. Questa restrizione solleva interrogativi diversi. La liturgia cattolica raggiunge proprio in queste festività il suo vertice anche espressivo e poetico. Quale senso ha privare questi fratelli della bellezza del Puer natus est nobis? Del Resurrexi et adhuc tecum sum? Del Victimale paschalis (sic; rectius: "Victimae paschali", N.d.R.) laudes? Dello Spiritus Domini replevit…?

 

Perché costringerli a tornare nelle nostre chiese, proprio la notte pasquale, quando la fatica della liturgia riformata sta cercando strade che, per quanto belle, non hanno ancora raggiunto i livelli dell’Exultet jam angelica turba? (c’è da sperare che non debbano sorbirsi Symbolum!). La loro diserzione dalle nostre liturgie domenicali celebrate in lingua parlata, con canti sui quali giustamente si continua a discutere, con ritmi non sempre pertinenti, dice ben più di un amore estetico alla lingua latina. Una riforma liturgica che porta la firma "Io, Paolo, Vescovo della Chiesa cattolica, con i Padri conciliari" viene ignorata e contestata. Se l’Autorità somma della chiesa, decide oggi che sia possibile l’uso di un messale vecchio di secoli… si prenda atto. Se l’Eucaristia è esperienza di chiesa perché attua il sacrificio redentore di Cristo nei Santi Segni sacramentali, perché costringere chi la celebra in latino a rientrare in una comunità di credenti, i quali pensano di doversi attenere alle indicazioni del Magistero conciliare solenne, proprio quando, dicevo, la bellezza dei sacri testi raggiunge vertici altissimi di concettualità poetica e di fede? Si prenda atto di una situazione di divisione almeno nelle espressività rituali.

 

A me pare che costringere questi fratelli a tornare con gli altri, da cui ogni domenica si prendono le distanze, sia dare un colpo al cerchio ed uno alla botte, pur di non dover ammettere la verità dei fatti.

 

Se a Natale, Pasqua e Pentecoste qualcuno di loro si unisse alle celebrazioni in S. Nicolò, ad esempio, si troverebbe a disagio e disagio lo creerebbe anche agli altri, guardati in modo strano per via di una lingua liturgica.

 

Se è possibile celebrare cinquanta domeniche, perché non lo sarebbe nelle grandi tappe liturgiche?

 

A me parrebbe rispettoso di tutti che un permesso dato non avesse restrizioni come quelle che mi pare siano state date.

 

Ma è solo la mia opinione!

 

Cordialmente!

 

Rino Breoni prete

 

da "Verona fedele" del 1° maggio 1994

 

 

 

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Inserito il 10 giugno 2002

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