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I patroni di Venezia, di Antonio Niero

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I santi Patroni di Venezia

San Rocco

di Antonio Niero

 

Non si sa dove il Monticolo abbia tolto la notizia di un culto veneziano di san Rocco nel 1415, a cui ora aderisce anche lo Zangirolami, che ritiene esistenti nel 1415 due piccole società intitolate al santo: una a S. Giuliano e l'altra ai Frari. Meglio si colloca il gruppo dei devoti a S. Rocco in S. Giuliano nel 1477 durante la peste di quest'anno, trasformatasi poi in confraternita il 27 marzo 1478 e riconosciuta dal Consiglio dei Dieci il 10 giugno dello stesso anno.

Il 31 agosto 1480, essa si fondeva col gruppo dei Frari originando una unica scuola. Si può supporre che il suo culto sia penetrato nella laguna dalla via di Lombardia, dati i rapporti commerciali, sebbene non sia possibile precisare in quale relazione stia il santo vogherese con il S. Rochus confessor, festeggiato a Treviso il 1 1 luglio sin dal sec. XIII.

La translatio delle reliquie nel 1485 determinò un fervore devozionale notevole, soprattutto in occasionedi pestilenze, tale da eclissare S. Sebastiano, con cui dapprima è in coppia nella pietà e nell'iconografia e poi lo sostituisce del tutto.

Contemporanea alla chiesa e scuola in suo onore ai Frari sorgeva un oratorio sacro a S. Margherita e S. Rocco in contrada di S. Samuele al posto di casa di malaffare come dice il Corner, con significato, si direbbe esaugurale, quale consacrazione contro un tipo di peste, ma per volontà della Scuola di S. Rocco.

Il santo risulta già inserito nel Missale Romanum nelle edizioni veneziane del 1481, 1483, 1493, 1497; nel Memoriale Franco, che si può datare anche negli ultimi decenni del quattrocento, è festa di precetto con la rubrica: adì 16 S. Rocco: se varda. Senz'altro nella vicina Mestre attorno al 1499 Cima da Conegliano lavorava il polittico con il santo, che appare anche nella pala di S. Marco alla Salute, di Tiziano, databile o nel 1504 o tra il 1510 e il 1512. Se attribuiamo a Giorgione la Madonna del Prado, tra i santi Antonio da Padova e Rocco, dovremmo porla prima del 1510 o forse per la peste del 1504. Anche se va assegnata a Tiziano, siamo sempre prima del 1510: utile documento di culto per S. Rocco nei primordi del cinquecento veneziano.

Dopo la peste del 1576 il doge si recava in S. Rocco, ai Frari, come ex-voto, rivestito di manto d'oro, ad udire la Messa. Ma il culto del santo era tutt'altro che pacifico. Il 14 luglio 1590, il Badoer, oratore della Repubblica presso la Santa Sede, scriveva al doge Pasquale Cicogna, di

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particolare sensibilità ai problemi religiosi, che il papa Sisto V era incerto se canonizzare ufficialmente il santo o toglierlo dal catalogo.

Nel calendario diocesano dell'anno prima (1589), figurava ancora dal 16 agosto, come in quello Priuli di dieci anni dopo (1599), per quanto manchi l'ufficio nel Libellus del 1602, essendo de Communi sin dal 1589.

Tutte codeste esitazioni determinarono certi quesiti del patriarca Tiepolo nel 1628 alla Congregazione dei Riti, che rispose per l'abolizione della festa del santo, poiché non canonizzato de more. Senonché il Senato, con rigido e severo intervento del 19 dicembre dello stesso anno, confortato da un consulto del teologo ufficiale Fulgenzio Micanzio decretava che nulla si innovasse rispetto al calendario diocesano. L'anno dopo, peraltro, la sacra Congregazione, ne permetteva la festa nelle chiese dove era onorato. Ma particolari avvenimenti dovevano far ricredere proprio il patriarca riguardo a S. Rocco. Lo scoppio della peste nel 1630 spaventò tutti. Per conseguire la protezione celeste, il Tiepolo, indisse particolari preghiere alla chiesa di S. Rocco. Al santo si riconobbe il patrocinio, poiché nel dipinto del Prudenti allusivo alla salvezza di Venezia esposto nel giorno della prima pietra della Basilica della Salute, S. Rocco era raffigurato assieme a S. Sebastiano, al b. Giustiniani, a S. Marco.

Da allora non ci furono più tentennamenti per il suo culto. Nel 1745 il suo ufficio è inserito nel Proprium del dominio Veneto; nel 1747 è concesso in particolare a Venezia; nel Menologio corneriano del 1749 il santo viene catalogato tra i santi veneziani; dal 1764 figura patrono della città, nell'elenco del patriarca Bragadin: poi nel Kalendarium perpetuum del 1791 vi si aggiunge il 1317 come anno della morte.

L'iconografia locale del santo richiede un saggio appropriato, data la intensa presenza nelle chiese, spiegabile per la funzione difensiva contro la peste. La tipologia fondamentale è quella consueta: bastone e mozzetta di pellegrino, che da lui prese il nome di sanrocchetto; piaghe evidenti in posizione frontale, per favorire la devozione per contatto, con il cane che lecca.

Mi limito alla basilica della Salute, eretta per la peste del 1630: qui oltre al sopracitato dipinto del Prudenti, sussiste nella statua dietro l'altar maggiore, assieme a S. Sebastiano. Soprattutto è notevole nella chiesa e scuola omonima presso i Frari. In facciata della chiesa: il santo in gloria, altorilievo di A. Marchiori (1696-1778); sul coronamento: statua di G. M. Morleiter (1699-1782). Nell'interno, i fatti della vita, di J. Tintoretto (1518-1594), presentato al papa; nella solitudine; cura gli appestati

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in carcere; è confortato da un angelo; risana gli ammalati; è trasportato in cielo; dipinti di A. Schiavone (1522-1563) sul prospetto della sua cassa.

Nella sacrestia: sua gloria di F. Fontebasso (1709-1769).

Nella scuola. Altare della sala terrena: statua di G. Campagna (1549-1622); lungo le pareti dello scalone: S. Rocco e gli infermi di G. Pellegrini (metà sec. XVII); con i Ss. Marco e Sebastiano protegge Venezia di P. Negri (1673). Sala superiore: pala d'altare, con sua gloria, di J. Tintoretto: episodi della vita nei dossali lignei, di G. Marchiori (1743). Ed ancora del Tintoretto: il santo in dipinto di faccia all'altare; il santo in gloria nel soffitto dell'albergo; ancora in gloria nel soffitto della cancelleria di G. Angeli (1709-1798).

Le scuole in suo onore avrebbero potuto essere più numerose: oltre quella grande (1478) ricordiamo: S. Zulian (1496); ai Ss. Rocco e Margherita (1555); a S. Canciano (1592); a S. Eufemia (1720 ca.).

Non è neppure frequente nell'onomastica né aristocratica, né popolare, forse per motivo superstizioso difensivo, data l'associazione concettuale e nominale della peste con il suo nome.

 

da A. NIERO, I santi Patroni, in Culto dei Santi a Venezia, "Biblioteca Agiografica Veneziana 2", Venezia, Studium Cattolico Veneziano, 1965, pp. 89-91

 

 

 

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Inserito il 3 agosto 2011

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