UNA VOCE VENETIA  

Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

Missale Romanum

 

MARTEDÌ DELLA SETTIMANA DI PASSIONE

 

A Roma una volta la Stazione era nella chiesa del santo Martire Ciriaco, come è tuttora segnato nel Messale Romano; ma siccome questo antico tempio fu distrutto, ed il corpo del santo diacono fu trasferito da Alessandro VII (1655-1667) nella chiesa di S. Maria in Via lata, presentemente la Stazione ha luogo in quest'ultima.

lettura (Dn 14,27-42). - In quei giorni: Si radunarono i Babilonesi contro il re e gli dissero: Dacci nelle mani Daniele che ha distrutto Bel e ha ucciso il dragone, altrimenti uccideremo te e la tua famiglia. Quando il re vide che lo assalivano con la violenza, costretto dalla necessità, abbandonò loro Daniele. Ed essi lo gettarono nella fossa dei leoni, ove stette sei giorni. Nella fossa c'eran sette leoni ai quali davano ogni giorno due corpi e due pecore, che allora non furon date, affinché divorassero Daniele. V'era allora in Giudea il profeta Abacuc, il quale, cotto il companatico e fatte delle stiacciate in una teglia, andava al campo a portarle ai mietitori. L'Angelo del Signore disse ad Abacuc: Porta il desinare che hai, in Babilonia a Daniele, che è nella fossa dei leoni. Abacuc disse: Signore, io non ho visto Babilonia, e non conosco la fossa. Allora l'Angelo del Signore lo prese alla cima del capo, pei capelli della testa, e con la celerità dello spirito lo portò e lo posò a Babilonia sopra la fossa. Abacuc alzò la voce e disse: Daniele, servo di Dio, prendi il desinare che Dio t'ha mandato. Daniele esclamò: O Signore, ti sei ricordato di me, e non hai abbandonato chi ti ama. Poi Daniele s'alzò e mangiò, e l'Angelo del Signore subito riportò Abacuc al suo luogo. Il settimo giorno il re andò per piangere Daniele. Arrivato alla fosse vi guardò dentro, e vide Daniele a sedere in mezzo ai leoni. Allora il re gridò ad alta voce ed esclamò: Tu sei grande, o Signore Dio di Daniele! E lo trasse fuori dalla fossa dei leoni. Poi fece gettar nella fossa tutti quelli che l'avevan voluto perdere, e questi in un momento furon divorati alla sua presenza. Allora il re disse: Gli abitanti di tutta la terra temano il Dio di Daniele, perché egli è colui che salva e fa segni e prodigi Sulla terra, e ha liberato Daniele dalla fossa dei leoni.

Daniele modello dei Catecumeni.

Questa lettura era destinata in modo speciale ai Catecumeni, che si preparavano ad iscriversi nella milizia cristiana; e perciò conveniva mettere sotto ai loro occhi gli esempi che dovevano studiare e mettere in pratica durante la loro vita. Daniele dato in pasto ai leoni per aver disprezzato e distrutto l'idolo di Bel, era il tipo del Martire. Aveva confessato il vero Dio in Babilonia, ucciso il dragone figura di Satana, al quale il popolo idolatra, dopo la distruzione di Bel, aveva rivolto i suoi onori superstiziosi; solo la morte del Profeta poteva calmare i pagani. Pieno di confidenza in Dio, Daniele si lasciò calare nella fossa dei leoni, dando così alle età cristiane l'esempio di quel coraggioso sacrificio che per ben tre secoli doveva portare la consacrazione del sangue per il consolidamento della Chiesa. La figura di questo profeta, attorniato da leoni, s'incontra ad ogni passo nelle Catacombe romane; e la maggior parte delle pitture che lo rappresentano risale ai tempi delle persecuzioni. In tal modo i Catecumeni potevano contemplare con gli occhi ciò che con le loro orecchie sentivano leggere; tutto parlava loro di prove e di sacrifici. La storia di Daniele mostrava sì, la potenza di Dio che interviene a strappare una preda innocente gettata in pasto ai leoni; ma i candidati al Battesimo sapevano in anticipo che la liberazione cui dovevano mirare non sarebbe loro stata accordata, se non dopo aver reso testimonianza col sangue. Di quando in quando si ripetevano prodigi perfino nelle arene; talvolta si videro leopardi lambire i piedi dei Martiri e frenare la loro voracità alla presenza dei servi di Dio; ma questi miracoli altro non facevano che sospendere l'immolazione delle vittime e suscitare degli imitatori.

Lotta contro il mondo.

Non il coraggio di Daniele, né la sua vittoria sui leoni, proponeva la Chiesa all'attenzione dei Catecumeni; ciò che importava per loro era l'avere impresso d'ora innanzi nella memoria il detto del Salvatore: "Non temete coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l'anima: temete piuttosto colui che può mandare in perdizione e l'anima e il corpo nell'inferno" (Mt 10,28). Noi siamo i discendenti di quelle prime generazioni della Chiesa; ma non abbiamo guadagnato allo stesso prezzo il privilegio d'essere cristiani. Non in faccia ai proconsoli abbiamo da confessare Gesù Cristo, ma in faccia a quell'altro tiranno ch'è il mondo. Che l'esempio dei Martiri dunque, ci fortifichi in questi giorni per la lotta che dovremo ancora sostenere contro le sue massime, le sue pompe, le sue opere. In questo tempo di raccoglimento e di penitenza v'è una specie di tregua fra lui e noi; ma non tarderà il momento che ci toccherà d'affrontarlo e mostrarci cristiani.

VANGELO (Gv 7,1-13). - In quel tempo: Gesù andava per la Galilea, non volendo andare nella Giudea, perché i Giudei cercavano di farlo morire. Ed era imminente la festa dei Giudei, detta dei Tabernacoli. Gli dissero pertanto i suoi fratelli: Partiti di qua e vattene in Giudea, affinché anche quei discepoli tuoi vedano le opere da te fatte; che certo nessuno il quale cerchi di essere acclamato in pubblico fa di nascosto le opere sue: e se fai tali cose, fatti conoscere al mondo. Ora nemmeno i suoi fratelli credevano in lui. Ma Gesù disse loro: Non è ancora arrivato il mio tempo; ma il vostro è sempre pronto. Il mondo non può odiarvi, ma odia me, perché faccio vedere che le sue opere sono malvagie. Andate voi a questa festa, io non ci vengo, perché non è ancora compiuto il mio tempo. Ciò detto si trattenne in Galilea. Ma partiti i suoi fratelli, andò alla festa anche lui, non pubblicamente, ma quasi di nascosto. I Giudei intanto lo cercavano nel giorno della festa e dicevano: Lui dov'è? E un grande sussurro si faceva di lui tra la gente. Chi diceva: È buono; chi: No, anzi, travia il popolo. Ma nessuno parlava pubblicamente di lui per timore dei Giudei.

L'umiltà dell'Uomo-Dio.

I fatti narrati in questo brano del santo Vangelo si riferiscono ad un'epoca un po' anteriore della vita di Gesù; ma la Chiesa ce li presenta oggi, per la relazione ch'essi hanno con quelli che abbiamo letti giorni fa. In esso notiamo che non solo all'avvicinarsi della Pasqua, ma fin dal tempo della festa dei Tabernacoli, in settembre, il rancore dei Giudei contro Gesù cospirava già la sua morte. Il Figlio di Dio era, così, costretto a viaggiare segretamente, e per recarsi sicuro a Gerusalemme, doveva prendere delle precauzioni.

Adoriamo i diversi abbassamenti dell'Uomo Dio, che volle santificare tutte le congiunture, anche quella del giusto perseguitato e costretto a nascondersi agli sguardi dei nemici. Non gli sarebbe stato difficile abbagliare gli occhi dei suoi avversari con degl'inutili miracoli, come quelli che pretendeva Erode, e così forzare il loro culto e la loro ammirazione. Ma Dio non volle procedere così; non costringe, fa tutto palesemente davanti agli uomini; e se questi intendono riconoscere l'opera di Dio, si devono raccogliere, umiliare e far tacere le loro passioni. Soltanto allora si manifesta all'anima la luce di Dio: quest'anima ha visto abbastanza, ora crede e vuoi credere; la sua felicità, come il suo merito sta nella fede, ed ha la possibilità di attendere la manifestazione dell'eternità.

La carne ed il sangue non la pensano così, perché questi amano il chiasso e lo splendore. Ma il Figlio di Dio, venendo sulla terra, non doveva abbassarsi per far mostra del suo potere infinito agli uomini: doveva sì, operare dei prodigi, per provare la sua missione; ma, come Figlio dell'Uomo, non tutto doveva essere un prodigio in lui. Gran parte della sua esistenza era riservata agli umili servigi della creatura; altrimenti, come poteva insegnare a noi col suo esempio ciò che avevamo tanto bisogno d'apprendere? I suoi fratelli (è noto come i Giudei davano il nome di fratelli a tutti i parenti in linea collaterale) avrebbero voluto aver parte nella stima popolare che desideravano per Gesù; e così gli diedero occasioni di pronunciare una parola che dobbiamo meditare in questo santo tempo, per ricordarcene più tardi: "Il mondo non può odiarvi, ma odia me". Guardiamoci dunque dal piacere al mondo, perché la sua amicizia ci separerebbe da Gesù Cristo.

PREGHIAMO

Concedi, o Signore, un perseverante servizio sotto la tua volontà; affinché ai nostri giorni il popolo a tè fedele cresca in merito e in numero.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - I. Avvento - Natale - Quaresima - Passione, trad. it. P. Graziani, Alba, 1959, p. 647-650

 

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