Messe latine antiche nelle Venezie 
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L'anno liturgico

di dom Prosper Guéranger

 

I  DOMENICA

 

DOPO LA PENTECOSTE

STORIA

MISTICA

PRATICA

SS. TRINITÀ

I DOMENICA

CORPUS DOMINI

II DOMENICA

SACRO CUORE

III DOMENICA

IV DOMENICA

V DOMENICA

VI DOMENICA

VII DOMENICA

VIII DOMENICA

IX DOMENICA

X DOMENICA

XI DOMENICA

XII DOMENICA

XIII DOMENICA

XIV DOMENICA

XV DOMENICA

XVI DOMENICA

XVII DOMENICA

XVIII DOMENICA

XIX DOMENICA

XX DOMENICA

XXI DOMENICA

XXII DOMENICA

XXIII DOMENICA

XXIV ULT. DOMENICA

 

LINK UTILI

dOM gUéRANGER

L'ERESIA ANTILITURGICA

THE LITURGICAL YEAR

CEREMONIES OF THE MASS

CAUSE DE BÉATIFICATION

ABBAYE DE SOLESMES

 
  

Missale Romanum

 

 

DOMENICA  PRIMA
DOPO  LA  PENTECOSTE

È lecito rimpiangere che la festa della Santissima Trinità, malgrado tutta la sua ragione di essere, abbia praticamente soppresso la prima Domenica dopo la Pentecoste. La messa che le fu attribuita molto presto, è rimasta tuttavia nel Messale; se ne leggono le orazioni dopo quella della festa e si deve celebrarla in uno dei tre giorni che precedono la festa del Corpus Domini.

L'Epistola è un vero cantico di san Giovanni che ci ripete ad ogni versetto, sotto una forma diversa ma con infinita compiacenza, che Dio è amore, che ci ha amati per primo e che il suo amore rimane in noi. La lezione viene di conseguenza: se siamo stati così amati, se Dio continua ad amarci in quel modo, anche noi dobbiamo amare Dio, e amare i nostri fratelli che Dio ama come ama noi.

EPISTOLA (1Gv 4,8-21). - Carissimi: Dio è amore. Da questo si rese manifesta la carità di Dio verso di noi, dall'avere egli mandato il suo Unigenito al mondo, affinché per mezzo di lui avessimo la vita. Qui sta la carità: non perché noi abbiamo amato Dio, ma perché Egli per il primo ci ha amati, ed ha mandato il suo Figliolo, vittima di propiziazione per i nostri peccati. Carissimi, se Dio ci ha amati tanto, anche noi dobbiamo amarci l'un l'altro. Dio non l'ha veduto nessuno: se ci amiamo l'un l'altro, Dio abita in noi, e la carità di lui è in noi perfetta. Da questo conosciamo che siamo in lui e che Egli è in noi, dal fatto che Egli ci ha dato del suo Spirito. Or noi che abbiamo veduto attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figliolo ad essere Salvatore del mondo. Se uno confesserà che Gesù è Figliolo di Dio, Dio abita in lui ed egli in Dio. E noi abbiamo conosciuto la carità che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è carità e chi rimane nella carità sta in Dio, e Dio dimora in lui. La perfetta carità di Dio in noi esige che abbiamo fiducia pel giorno del giudizio, perché quale è Cristo, tali siamo anche noi in questo mondo. Il timore non sta bene colla carità; anzi la carità perfetta manda via ogni timore, perché il timore suppone il castigo; quindi chi teme non è perfetto nella carità. Amiamo dunque Dio, perché Egli pel primo ci ha amati. Se uno dirà: "Io amo Dio" e odia il fratello, egli è un bugiardo, perché chi non ama il fratello che vede, come può amare Dio, che non vede? Ecco il comandamento che abbiamo ricevuto da Dio: chi ama Dio, ami il proprio fratello.

VANGELO (Lc 6,36-42). - In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: Siate misericordiosi, come anche il vostro Padre è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati, non condannate e non sarete condannati. Perdonate e vi sarà perdonato. Date e vi sarà dato: vi sarà versato in seno una misura buona, pigiata, scossa e straboccante; perché sarà a voi rimisurato con la misura con la quale avrete misurato. Inoltre, disse loro un paragone: Può mai un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in una fossa ? Non v'è discepolo da più del maestro, e uno sarà perfetto se arriva ad essere come il suo maestro. Or perché guardi la pagliuzza nell'occhio del tuo fratello e non badi alla trave che hai nel tuo occhio? E come puoi dire al fratello tuo: Lascia, fratello, ch'io ti levi la pagliuzza dall'occhio, se non vedi la trave che hai nel tuo occhio? Ipocrita, cava prima la trave dall'occhio tuo, e allora guarderai di cavare la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.

La lezione di carità.

Gesù si rivolge ai suoi discepoli ed espone quale spirito deve animare colui che aspira a figurare fra i suoi fedeli. Questa disposizione fondamentale sarà l'amore del prossimo; i cristiani dovranno praticare la carità sotto la forma più perfetta, anche eroica. La misericordia dei discepoli di Gesù prenderà per modello la misericordia divina e non la misericordia umana, sempre limitata in qualche punto... Colui che tratta con benignità il prossimo, troverà indulgenza presso Dio. Colui che mostrerà la sua benevolenza con la generosità spontanea dei suoi doni, attirerà su di sé la liberalità divina.

Nelle manifestazioni di zelo: la stessa condotta. Invano si vorrebbe fare da guida al prossimo, se non si vede prima chiaramente per sé la strada da seguire. Bisogna camminare nella luce per guidare gli altri. E la seconda condizione perché lo zelo porti i suoi frutti è che sia sincero, scevro di qualsiasi ipocrisia. Chi si assume l'incarico di avvertire gli altri e di rimproverarli, deve essere il primo a correggersi dei propri difetti... un censore ipocrita rivela il fondo del suo cuore, un fondo cattivo, e non potrebbe fare del bene agli altri. Per esercitare con frutto lo zelo verso il prossimo, bisogna che vi siano nel cuore la bontà e la benevolenza. Come è l'albero, così saranno i frutti [1].

PREGHIAMO

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta propizio le nostre suppliche e giacché la debolezza umana può nulla senza di te, concedici l'aiuto della tua grazia per osservare i tuoi comandamenti e per piacerti nei desideri e nelle azioni.

 


[1] P. A. Valensin e J. Huby: San Luca, p. 120-125.

 

da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 368-370

 
       

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