Messe latine antiche nelle Venezie 
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La messa tridentina in Italia oggi

di Fabio Marino

 

"Noto quanto i giovani preti amino celebrare secondo il rito tridentino. Bisogna precisare che questo rito, quello del messale di san Pio V, non è "fuori legge". Bisogna incoraggiarlo di più? È il papa che deciderà". Questo ha dichiarato, tra l'altro, in una intervista al quotidiano "La Croix" del 25 giugno 2006, mons. Albert Malcolm Ranjith Patabendige Don, segretario della Congregazione per il Culto Divino (cfr. la traduzione italiana dell'intervista nel sito www.chiesa.espressonline.it di S. Magister).

 

Messe col permesso dei vescovi

Ai fini di una valutazione del problema della messa latina antica secondo il messale di san Pio V o tridentina, e dei suoi odierni sviluppi, è opportuno innanzi tutto considerare la situazione delle messe celebrate in Italia. Ci riferiamo, in particolare, alle messe con il permesso dei vescovi in base al c. d. Indulto del 1984 (lettera circ. Quattuor abhinc annos della Congregazione per il Culto, confermata nel 1988 dal Motu proprio Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II) e a quelle delle congregazioni erette in base all'Ecclesia Dei o assimilate.

In Friuli-Venezia Giulia, a Gorizia (1) messa nella chiesa dell'Immacolata in Via Garibaldi ogni sabato e vigilia di festa alle 17 (sospesa in luglio e agosto); a Pordenone (2) nella chiesa della Ss. Trinità, vulgo La Santissima in via San Giuliano ogni domenica e festa di precetto alle 18: da aprile 2006 la messa è finalmente passata a tutte le domeniche, come da sempre richiesto dai fedeli, la celebrano mons. Ferruccio Sutto e don Vittorino Zanette; a Udine (3) nella chiesa di S. Elisabetta, vulgo S. Spirito in via Crispi la seconda e quarta domenica del mese alle 11 (sospesa in luglio e agosto); a Trieste (4) nella chiesa parrocchiale e cappella civica della B. V. del Rosario in piazza Vecchia sabato e ogni primo venerdì del mese alle 19.

In Veneto, messa a Padova (5) nella chiesa di S. Canziano, vulgo S. Rita, in via S. Canziano, piazza delle Erbe, domenica alle 11 (sospesa in luglio e agosto); a Treviso (6) nella chiesa di S. Liberale a Porta Altinia, vulgo Oblati, in viale F.lli Bandiera 43 ogni primo sabato del mese alle 18:30; a Venezia (7) nella chiesa dei SS. Simeone e Giuda, vulgo S. Simon Piccolo alla fondamenta omonima, di fronte alla stazione ferroviaria S. Lucia, domenica alle 11, vespri alle 15; dal lunedì al sabato messa alle 18: a partire da gennaio 2006 la messa è celebrata tutti i giorni da padre Konrad zu Loewenstein della Fraternità San Pietro; a Verona (8) nella rettoria di S. Toscana in piazzetta XVI Ottobre, Porta Vescovo, domenica alle 11, dal lunedì al sabato alle 7:30; a Vittorio Veneto (9) nella chiesa della Madonna della Neve, vulgo Suore Giuseppine in via C. Cenedese, angolo Via del Fante, il sabato precedente l'ultima domenica del mese alle 18.

In Lombardia, a Mantova (10) messa nella chiesa della Madonna del Terremoto in piazza Canossa sabato alle 18:30; a Milano (11) nella chiesa di S. Rocco al Gentilino in piazza Tito Lucrezio Caro domenica alle 10 (sospesa del 23 luglio al 10 settembre): questa messa, concessa vent'anni fa dal card. Carlo Maria Martini, è in rito ambrosiano tradizionale, anch'esso non solo tradotto ma anche ammodernato dopo la riforma liturgica - non si tratta, a rigore, di applicazione dell'indulto del 1984 perché esso riguarda solo il rito romano.

In Piemonte, a Torino (12) messa nella chiesa della Misericordia in via Barbaroux 41 domenica alle 11 (sospesa in agosto).

In Liguria, a Genova (13) messa nella cappella delle Suore della Misericordia in via S. Giacomo di Carignano 26 domenica alle 10.

In Emilia-Romagna, a Parma (14) messa nella chiesa della Ss. Annunziata in via Massimo d'Azeglio, angolo Strada Imbriani, ogni seconda domenica del mese alle 17:15; a Rimini (15) nella chiesa dell'Istituto Maestre Pie dell'Addolorata in via F.lli Bandiera 34 domenica alle 9:30 e nella Cappella "del Giardino" in via Vasari, Covignano di Rimini, ogni 13 del mese alle 10 salvo che cada di domenica, da maggio a ottobre ogni 13 del mese alle 21:30.

In Toscana, a Firenze (16) messa nella chiesa di S. Francesco Poverino in piazza Ss. Annunziata 2 domenica alle 10:30; a Gricigliano (Firenze) (17) nella chiesa dell'Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote, Villa Martelli, in via di Gricigliano 52, Le Sieci, Fi domenica alle 10:45, feriali alle 11:30; a Piombino (18) nella chiesa della Misericordia in piazza Manzoni, Cittadella domenica alle 18; a Poggibonsi (Siena) (19) nella chiesa della Magione dell'Ordine Militia Templi, al Castello della Magione domenica alle 9:30.

Nel Lazio, a Roma (20) messa nella chiesa di Gesù e Maria al Corso in via del Corso 45 domenica alle 10 (questa funzione è officiata da sacerdoti dell'Istituto di Cristo Re); a Roma (21) nella chiesa di S. Giuseppe a Capo le Case alla via omonima domenica alle 10:15, la messa è celebrata da mons. Ignacio Barreiro; a Roma (22) nella chiesa di S. Gregorio dei Muratori in via Leccosa 75 - officiata dalla Fraternità Sacerdotale San Pietro - domenica alle 9, alle 10:30 (messa cantata), alle 18:30, feriali alle 7:15 e alle 18:30.

Negli Abruzzi, all'Aquila (23) messa nella chiesa di S. Maria della Misericordia in piazzetta della Misericordia di solito ogni prima domenica del mese alle 18 (sospesa in agosto).

In Campania, a Napoli (24) messa nella chiesa dell'Immacolata Concezione alle Crocelle in via Chiatamone ogni primo sabato del mese alle 18 (per questi dati cfr. www.unavoce-ve.it/messe-italia.htm).

 

Celebrazioni "una tantum"

Vi sono celebrazioni concesse per una sola volta, sia in luoghi in cui c'è già una messa periodica, sia dove questa non vi è ancora. Di particolare rilievo la messa celebrata nel Santuario della Madonna di Pompei il 29 ottobre 2005 (cfr. "Il Mattino", 27 ottobre 2005), e quella del 23 aprile 2006 alla basilica della Santa Casa di Loreto, organizzata da Una Voce-Macerata Sezione del Piceno (cfr. www.unavoce-ve.it/04-06-19.htm). Molto importanti le messe in onore del beato Ildefonso Schuster celebrate ogni anno in rito ambrosiano antico nel duomo di Milano: dopo l'arrivo, però, dell'arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi esse non sono più state nel duomo.

Una situazione particolare si registra a Bologna: negli anni ottanta l'allora arcivescovo card. Giacomo Biffi, a fronte dell'esigenza di numerosi cristiani della messa tridentina tutte le domeniche, la concedeva beffardamente il sabato mattina, non nella basilica dei Servi - dove la maggior parte degli interessati la chiedevano - ma a S. Domenico. Nel 1996 la messa veniva soppressa, nonostante la reiterata richiesta del mantenimento, e anzi dell'estensione a tutti i giorni festivi da parte dell'associazione Una Voce (cfr. Comunicato del Consiglio Direttivo dell'Associazione UNA VOCE-ITALIA, 30 novembre 1996, in www.unavoce-ve.it/uvi30-11-96.htm). L'anno scorso l'Arcivescovo (oggi card.) Carlo Caffarra ha autorizzato una messa di ringraziamento per l'elezione al soglio pontificio di Benedetto XVI, organizzata da Una Voce-Bologna Sezione Ida Samuel al Santuario della Madonna di San Luca: la funzione ha avuto luogo sabato 4 giugno 2005 ed è stata celebrata da don Vittorio M. Mazzucchelli dell'Istituto di Cristo Re con grande partecipazione di fedeli. In seguito, la Curia bolognese ha consentito che si potesse ripetere la messa anche i successivi primi sabati, quindi dal 2 luglio 2005 la messa è stata detta ogni primo sabato del mese in varie chiese, e dal 3 settembre nel Santuario della Madonna del Baraccano, alla piazza omonima alle 16:30. Certamente non si è ancora arrivati alla messa tridentina tutte le domeniche, alla quale puntano la maggior parte dei fedeli interessati. L'atteggiamento di chiusura della Curia non è ancora del tutto venuto meno, se si considera l'infelice dichiarazione del pro-vicario generale mons. Gabriele Cavina al "Resto del Carlino" del 4 settembre 2005, non smentita: "La chiesa bolognese dà la possibilità di celebrare il rito tridentino nei giorni feriali, in chiese che non siano parrocchiali". Non occorre insistere nell'osservare che l'esclusione dei giorni festivi non si trova in nessuna norma canonica, e il Papa e molti vescovi non vi hanno mai pensato nell'applicazione dell'indulto nelle loro diocesi.

 

Messe tridentine in parrocchia

A queste messe sono da aggiungere quelle celebrate da parroci nella loro chiesa, senza la richiesta dei fedeli al vescovo. Da menzionare il caso di don Louis Demornex a Sessa Aurunca (Caserta), che celebra nella chiesa di S. Lorenzo a Corigliano domenica alle 11 e alle 18 nei giorni feriali; nella chiesa di S. Antonino Martire ad Aulpi domenica alle 9, feriali alle 7.

Inoltre don Josef von Zieglauer, parroco di Spinga (Bolzano), nella sua parrocchia ha sempre celebrato la messa antica. Dal settembre 2005 ha cessato di essere parroco per raggiunti limiti di età, ma continua a risiedere a Spinga ove celebra la sua messa nella cappella del S. Sepolcro al Cimitero ogni domenica alle 6:30, e non più nella parrocchiale. Ciò è stato determinato dall'alterazione della chiesa di Spinga cui ha immediatamente provveduto il successore, don Hugo Senoner, con la rimozione della balaustra (che ci risulta essere stata alienata) e l'erezione di un tavolo per la celebrazione verso il popolo, che rende impraticabile l'altare. Si tratta di un intervento non necessario, evidentemente in odio alla messa antica, forse derivante da desideri di ritorsione per lunghi anni repressi.

 

Le altre messe

Ricordiamo, poi, che messe periodiche secondo l'antico rito sono celebrate in varie regioni d'Italia da sacerdoti della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da mons. Lefebvre, in un totale di 25 centri di messa (cfr. http://www.sanpiox.it/centri/centriin.html). Uno è ad Agrigento, in Sicilia ove non esiste alcuna messa con il permesso dei vescovi, perché tutte le richieste vi sono sempre state rifiutate. Altre messe della Fraternità in luoghi ove vi è stato un rifiuto del vescovo sono Bologna, Ferrara, Bergamo e ora anche Bressanone (vedi sotto sul rifiuto del vescovo di Bolzano-Bressanone).

Da menzionare anche le messe dell'Istituto Mater Boni Consilii (una quindicina di centri, cfr. http://www.sodalitium.it/Default.aspx?tabid=29): questi sacerdoti professano la c.d. tesi di Cassiciacum e considerano vacante la Sede Apostolica.

 

Rifiuti dei vescovi

In realtà, più che di concessioni, la storia della messa di san Pio V in Italia dopo il 1984 è costellata di una serie di immotivati rifiuti da parte dei vescovi, in contrasto con quanto stabilito da Giovanni Paolo II (una documentazione abbastanza esauriente di essi si può vedere nel bollettino di Una Voce-Italia "Una Voce Notiziario" n° 73-74, 1985, pp. 2ss.; n° 75-76, 1986, pp. 12 ss.; n° 110-111, 1994, pp. 3 ss.; n° 116-118, 1996, pp. 4 s.; n° 19-20 ns, 2005, pp. 5 ss.). Negli ultimi anni la situazione non sembra più di tanto migliorata. A Bergamo nel 1999 una petizione di oltre cento fedeli è respinta dal vicario generale mons. Lino Belotti: il quotidiano "L'Eco di Bergamo" del 27 febbraio 2001 pubblica la lettera di un lettore sull'argomento con la seguente risposta del responsabile dell'Ufficio liturgico mons. Maurizio Gervasoni: "La richiesta di indulto, avanzata dal prof. Aldo Simone, per la celebrazione della Messa secondo il Rito Romano Antico, detto di Pio V, è stata avanzata al Vescovo nel dicembre 1999 e ha ottenuto risposta negativa dal Vicario Generale nel giugno del 2000. La lettera al quotidiano L'Eco di Bergamo non autorizza l'Ordinario della Diocesi a pubblicare le ragioni del diniego". Come dire, i motivi non ce li dovete neanche chiedere.

Nel 2002 un gruppo di cristiani di Luras (Sassari) ha presentato una petizione per ottenere la messa tridentina come previsto dalla Lettera Quattuor abhinc annos, il vescovo di Tempio-Ampurias mons. Paolo Atzei OFMConv. rispondeva il 1° novembre 2002 affermando testualmente: "mai permetterò che altri in diocesi celebrino secondo quel messale", una esclusione assoluta di principio, indipendente dall'adempimento di qualsivoglia requisito, estesa a tutto il territorio e priva di giustificazione alcuna, come se la volontà del Papa non esistesse. Mons. Atzei è stato successivamente promosso alla sede arcivescovile di Sassari, ora si attendono le decisioni del nuovo vescovo.

Analoga posizione quella dell'arcivescovo di Pisa, nonché presidente della Conferenza Episcopale Toscana, mons. Alessandro Plotti, espressa il 26 ottobre 2002 a chi gli chiedeva la messa: "desidero subito comunicarVi la mia assoluta e irrevocabile indisponibilità a concedere tale indulto". Il presule si accodava in tal modo all'altrettanto apodittico rifiuto del suo predecessore mons. Benvenuto Matteucci nel 1985, il quale dichiarava che l'indulto "non ho intenzione di concederlo al presente né vedo in futuro di poter mutare la mia volontà".

L'associazione napoletana "Largo di Palazzo" aveva chiesto il vescovo di Pinerolo, mons. Piergiorgio Debernardi, il permesso di far celebrare una messa antica il 6 luglio 2003 alla Fortezza di Fenestrelle in occasione della commemorazione dei soldati napoletani ivi deportati per non avere voluto giurare fedeltà a Vittorio Emanuele II: il vescovo ha opposto un assoluto rifiuto (cfr. "La Padania", 2 luglio 2003).

Il 2 settembre 2003 il vescovo di Pistoia mons. Simone Scatizzi rispondeva a chi gli chiedeva i motivi del suo diniego a petizioni dell'antica messa in sostanza accusando chi desidera questa messa di "farne un motivo di cultura o di compiacenze più o meno 'letterarie'": non si sa se spiacersi di più del pregiudizio e del processo alle intenzioni, oppure della concezione negativa che il prelato sembra nutrire della "cultura".

Una petizione di 673 firme è stata presentata all'inizio del 2005 per la messa antica nei giorni festivi all'arcivescovo-vescovo di Vicenza, mons. Cesare Nosiglia, il quale rispondeva negativamente in data 1° marzo 2005, affermando: "non ritengo opportuno aderire alla richiesta. Motivi gravi sotto il profilo pastorale ed ecclesiale mi portano a questa conclusione". Quali saranno questi motivi gravi? se davvero ci fossero, perché non dirli?

Nella diocesi di Bolzano-Bressanone nel 2004 un gruppo di fedeli aveva chiesto la messa tridentina domenicale a Bolzano mediante il locale delegato dell'associazione Una Voce: con lettera 18 ottobre 2004 Prot. 880/04 il vicario generale mons. Josef Matzneller comunicava il rifiuto del permesso da parte del vescovo mons. Wilhelm Egger "perché finora non ci risulta l'esistenza di un certo numero di persone che chiedono questa concessione". Nel giugno 2005 i fedeli chiedevano udienza al vescovo per potersi presentare e rendere note le loro intenzioni. Mons. Egger rispondeva il 21 giugno confermando il precedente rifiuto e affermando "non essergli necessario un ulteriore incontro". Il vescovo rifiutava quindi di ricevere i fedeli, egli evidentemente sa già tutto e non ha bisogno di essere informato: forse il gruppo dei richiedenti non esiste perché non deve esistere? Il 31 maggio 2006, veniva aperta con una messa solenne la nuova cappella della Fraternità San Pio X, Distretto Austria a Bressanone, in via Vittorio Veneto angolo via Durst: la messa vi è celebrata al momento due domeniche al mese alle 18 (cfr. www.fsspx.at link "Messzentren"). Mons. Egger, Pastore che rifiuti di accogliere e ascoltare il Tuo gregge, se non ci fossero interessati alla messa tridentina, certo difficilmente questo sarebbe successo.

 

Limitazioni e mancate attuazioni

Anche in diocesi ove è stato dato il permesso avviene sovente che la messa sia limitata solo ad alcune volte al mese - come appare dai dati sopra riportati -, mentre i fedeli legati al rito antico desiderano frequentare la messa almeno tutti i giorni in cui vige l'obbligo del precetto festivo. Inoltre, talora vengono incaricati delle celebrazioni sacerdoti che non ne garantiscono il corretto svolgimento. A Treviso la messa veniva data, a coloro che l'avevano chiesta ogni domenica, il primo sabato del mese salvo "impedimento liturgico" dal vescovo mons. Paolo Magnani nel 1999. Più volte i richiedenti ne sollecitavano l'ampliamento. Ad una ennesima iniziativa in tal senso di Una Voce delle Venezie, nel 2003, il quotidiano "La Tribuna di Treviso" del 13 maggio 2003 riportava la seguente dichiarazione - mai smentita - di mons. Severo Dalle Fratte, cancelliere vescovile e incaricato della celebrazione, con cui, secondo il quotidiano, questi "si limita a citare i documenti": "C'è un indulto papale che permette la celebrazione una volta al mese". Ma se qualcuno legge i documenti, troverà che nell'indulto non vi è traccia di quanto si pretende, il Papa non ha limitato la messa a una al mese, ma al contrario i documenti parlano di "ampia e generosa applicazione delle direttive della Santa Sede" (Motu proprio Ecclesia Dei, n. 6c). Certe "citazioni" e certe "regole" talora non sono reperibili che nella testa di mons. Dalle Fratte, o di mons. Cavina di Bologna con la sua analoga affermazione più sopra riportata. Dietro questo atteggiamento si intravede un'avversione che non sapremmo definire altrimenti che intolleranza. Neppure il nuovo vescovo mons. Andrea Bruno Mazzocato ha potuto ancora porvi rimedio.

A Mantova, dopo la richiesta di oltre mille cristiani, il vescovo mons. Egidio Caporello ha consentito la messa settimanale a partire del 2004, ma essa è celebrata in una chiesa molto piccola, non riscaldabile d'inverno e caldissima d'estate e diverse volte la celebrazione è saltata per indisponibilità del celebrante. Reiterate richieste di risolvere questi problemi, tra l'altro, con l'assegnazione di un'altra chiesa e di un celebrante idoneo non hanno avuto alcun esito. È chiaro che è come non avere dato la messa, se non si fa in modo che possa svolgersi regolarmente, nel rispetto del rito e in modo fruibile dai fedeli. Da ultimo si è verificato un grave episodio che è stato reso di pubblica ragione: il celebrante don Maurizio Luzzara - come si legge in una lettera al direttore del quotidiano "Gazzetta di Mantova" del 21 giugno 2006, scritta da un fedele indignato - il 17 giugno "si è rifiutato di celebrare perché nella chiesetta erano presenti solo cinque persone". Invitato dal fedele a rispettare quanto programmato, "il prete, con tono altezzoso, rispondeva che potevo andare in un'altra chiesa". Un sacerdote che nega ai fedeli i sacramenti. Un atto inqualificabile che però è quasi la cifra dei tanti altri rifiuti che conosciamo, anche se spesso compiuti con maggiore, per dir così, "diplomazia".

 

Liberalizzazione?

Si potrebbe continuare con altri fatti, ma questi dati già valgono a dimostrare il malfunzionamento dell'indulto in Italia come mezzo per consentire a coloro che lo desiderano di partecipare alla liturgia secondo l'antico rito almeno nei giorni festivi. Basti vedere che le messe senza permesso sono di più di quelle concesse dai vescovi: una sconfitta voluta, forse pure cercata, perché se le richieste dei fedeli fossero state esaudite, le proporzioni sarebbero ben diverse.

Già da oltre un anno si sono diffuse voci secondo cui il nuovo Papa avrebbe proceduto a una "liberalizzazione" della messa di san Pio V. Con questo termine è da intendere che il Santo Padre dichiarerebbe che il messale di san Pio V non ha mai cessato di essere in vigore nella Chiesa e tutti i sacerdoti hanno facoltà di usarlo, quindi vale ancora l'indulto generale contenuto nella bolla Quo primum del 1570. È quello che fin dall'inizio della riforma liturgica ha chiesto Una Voce, ha chiesto mons. Lefebvre, hanno chiesto tutti coloro che desiderano il mantenimento del rito cattolico. Si sono indicate varie scadenze per questo atto, tutte procrastinate. L'opinione pubblica, nel frattempo, ha preso coscienza del problema in modo abbastanza preciso: bisogna fare qualcosa perché l'indulto del 1984 non ha funzionato. Dato che esso non funziona, si è fatto capire ufficiosamente che l'intervento del Santo Padre sarà piuttosto una correzione dell'indulto per renderlo soddisfacente. Nessuno sa, però, finora, in che modo si vuole conseguire l'effetto. L'operazione non è per nulla facile, perché si scontra con le contrarietà clericali alla messa tridentina, che abbiamo in parte documentato. L'indulto del 1984 mantiene comunque un suo valore, in quanto dà qualche cosa in più, cioè il diritto ai fedeli di chiedere la messa, mentre l'indulto di san Pio V, pur nella sua ampiezza, dà diritti solamente ai sacerdoti. Purtroppo al giorno d'oggi, quando è venuta meno l'obbligatorietà del messale tridentino e ci sono sempre meno sacerdoti che lo celebrano, l'indulto del 1570 ha visto diminuire sensibilmente i suoi effetti. Non sempre potrebbe da solo garantire la messa ai fedeli. In ogni caso il documento in preparazione ben potrebbe contenere tanto la liberalizzazione, quanto il miglioramento dell'indulto, anzi proprio l'affermare solennemente che il tridentino è un rito della Chiesa potrebbe contribuire a convincere i vescovi.

Sembra, comunque, che il provvedimento sia ormai nelle mani del S. Padre, ma ancora non esce: si dice che ciò dipenda da forti opposizioni. Il trascorrere del tempo senza che avvenga nulla determina un certo pessimismo, o almeno, a questo punto, molti non a torto attendono a prenderlo in considerazione quando lo avranno in mano. Da un po' se ne è ricominciato a parlare con una certa insistenza. Nicola Bux in un articolo su "Milenio" del 2 giugno 2006 (www.milenio.com/mexico) scrive che si spera esca a ottobre una esortazione apostolica in materia liturgia "insieme con l'indulto a favore della messa tridentina". Anche nella citata intervista a "La Croix" mons. Ranjith affronta le due questioni, quella della riforma della riforma liturgica (soprattutto la valorizzazione del latino e la posizione del sacerdote all'altare rivolto verso Dio) e quella della liberalizzazione (il messale di san Pio V non è "fuori legge"), dichiarando per entrambe che "siamo in attesa che il Papa ci dia le sue indicazioni" e "il Papa deciderà", pur senza indicare tempi.

Ci sembra essenziale che queste due questioni sono ben distinte e non debbano in nessun modo essere confuse, per esempio vedendo nel rito tridentino solo un mezzo per migliorare la messa di Paolo VI, e lo si prenda, come pur si era pensato, nella sua forma ammodernata del 1965 ormai improponibile oppure ammettendo inserimenti e commistioni rituali che lo conformerebbero alla liturgia nuova. Il rito romano antico va mantenuto e possibilmente preservato nella sua forma tradizionale per coloro che vi si sentono legati: un rito tradizionale in uso, per quanto possibile vivo, correttamente celebrato e non solo da consultarsi in biblioteca, questa è l'unica ricchezza a cui si potrà attingere nell'ardua impresa della "riforma della riforma".

Il problema di fondo resta pur sempre quello delle persone: ci sono coloro - cardinali, vescovi, curiali, parroci ecc. - che finché resteranno al loro posto si opporranno sempre alla messa antica, alla sua concessione, a ogni miglioramento nella normativa e nella prassi, che la favorisca. L'allora card. Ratzinger nella sua conferenza per i dieci anni del Motu proprio Ecclesia Dei, tenuta a Roma nel 1998, disse: "ci serve una nuova generazione di prelati", suscitando la entusiastica approvazione dell'uditorio. C'è da sperare che si proceda speditamente, pur con prudenza, in questo senso, e ai fedeli non resta che la preghiera del salmo 108 (109), 8: Et episcopatum eius accipiat alter. C'è qualche speranza, un prelato di nuova generazione sembra essere mons. Malcolm Ranjith.

 

da "Instaurare omnia in Christo", 2/2006
www.instaurare.org

 

 

 

 

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Inserito il 21 luglio 2006

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